Muzio
Leggendario eroe romano, entrò nel campo degli Etruschi che assediavano Roma per ucciderne il re Porsenna; ma fallita l'impresa e condotto dinanzi al re si arse la destra su un braciere per punirla di avere errato, così testimoniando al nemico la fortezza e la determinazione dei Romani. Lasciato libero dagli Etruschi ammirati (che tolsero l'assedio), ebbe il cognomen di " Scaevola ", cioè " mancino ". L'episodio, riferito dagli storici a esempio e glorificazione del valore romano (cfr. per es. Livio I XII; Floro I IV; [Aur. Vitt.] Liber de viris illustr. 12, ecc.), è ricordato con questo valore nel Convivio e nella Monarchia, dove ne è sottolineata l'importanza come momento particolarmente significativo nella storia di Roma.
In Cv IV V 13 il gesto con cui M. volle la sua mano propria incendere è considerato mosso da divina ispirazione, e quindi attesta la speciale assistenza prestata da Dio ai Romani. In Mn II V 14, dov'è anche un rinvio esplicito a Livio, l'atto di M. è proposto come ammonimento che tutto bisogna osare per la patria; ma nel contesto più largo del discorso dantesco esso appare piuttosto come una conferma della legittimità dell'Impero, come ogni impresa in cui i Romani simostrarono più solleciti del bene comune (e quindi del finis iuris) che del vantaggio proprio.
In una prospettiva diversa si colloca il ricordo di Pd IV 84: qui il volere che fece Muzio a la sua man severo appare, insieme con la fortezza di s. Lorenzo nel martirio, quale modello di eroica e ferma volontà cui dovrebbero ispirarsi i cristiani nel tener fede, contro ogni altra volontà contraria, ai voti pronunziati.