FEBONIO (Feboni, Febbonio), Muzio
Figlio di Giovan Battista e di una Clelia forse della famiglia avezzanese dei Grande, di lui si conserva nell'archivio della cattedrale di Avezzano la fede di battesimo, in data 13 luglio 1597.
Ancora fanciullo fu inviato per la sua istruzione a Roma presso il parente cardinale Cesare Baronio (che però morì nel 1607). Qui studiò teologia e si addottorò in giurisprudenza. Per breve tempo svolse l'incarico di protonotario apostolico in soprannumero; ma si deve all'intervento di Marcantonio Colonna, gran conestabile del Regno di Napoli, al cui casato la famiglia del F. era legata da antichi vincoli di servitù, se nel 1631 ottenne il titolo di abate di S. Cesidio a Trasacco, sul lago del Fucino. Nella comoda sede il F. poté dedicarsi agli studi storici e archeologici sulla Marsica, verso i quali convergevano i suoi interessi. Iniziano in questo periodo scambi epistolari con storici abruzzesi contemporanei come G. Nicolini, N. Toppi, F. Brunetti, L. Camarra, di cui nulla resta; mentre si conservano alcune lettere all'umanista tedesco Lucas Holste (Holstenio), filologo e bibliotecario della Vaticana (Vat. Barb. 6499, cc. 12-22) e all'abate Ferdinando Ughelli, autore dell'Italia sacra in 9 volumi, opera fondamentale di storia ecclesiastica (cod. Vat. Barb. 3244 c. 20 e 3246 cc. 198, 421, 438, 484).
Il carteggio, purtroppo esiguo, testimonia la familiarità con i due eruditi e la collaborazione alle loro ricerche: all'Holstenio, che attendeva all'edizione di testi geografici antichi, il F. forniva ragguagli topografici e toponomastici; mentre all'Ughelli, che perciò lo ricorda nel primo tomo dell'Italia sacra, comunicava notizie di storia sacra marsicana.
Da carte dell'archivio di S. Cesidio e di quelli di Assisi e Pistoia il F. trasse il materiale per La vita delli gloriosi martiri s. Cesidio prete e s. Rufino (Roma 1643). Nel 1648 fu nominato dal vescovo dei Marsi G. P. Caccia, appena eletto, vicario generale e inviato a Sulmona, dove rimase probabilmente fino alla morte del Caccia (settembre 1649) e all'elezione del successore (febbraio 1650). Nel 1651, in seguito al trasferimento del vescovo dell'Aquila, il capitolo diocesano lo elesse vicario. Per il concordato del 1532 tra Carlo V e Clemente VII i vescovi aquilani erano di nomina regia e quindi erano stati quasi sempre spagnoli: eleggendo un religioso illustre di un'altra diocesi, il capitolo aveva sperato di ottenere l'assenso a un vescovo italiano. Ma, anche per l'opposizione della nobiltà, nel luglio 1654 fu nominato vescovo da Filippo IV lo spagnolo Francisco Tello de León, con il quale il F. ebbe subito degli attriti che lo spinsero a ritirarsi nella natia Avezzano. Da qui tentó invano di avere altri incarichi, fu a Roma presso lo Holstenio nel 1655 e infine a Pescina (L'Aquila), inviato dal vescovo a coadiuvare il vicario P. F. Celestone di Veroli, uomo di modestissima cultura. Qui si spense improvvisamente il 3 genn. 1663.
L'opera del F. è prevalentemente storica e agiografica: oltre alla Vita dei santi Cesidio e Rufino, compilò altre biografie edite postume nella Vita di s. Berardo... e di altri santi della diocesi de' Marsi (Roma 1673) e i tre libri delle Historiae Marsorum (Neapoli 1678). Durante l'inquieto soggiorno aquilano scrisse il dramma sacro San Bartolomeo... martirizato (L'Aquila 1651, edizione oggi irreperibile), dedicato a Lorenzo Colonna primogenito di Marcantonio, e due idilli sacri pubblicati con il titolo L'amor divino due volte bendato (ibid. 1653).
La storia editoriale delle opere del F. è piuttosto intricata, a causa della modestia dell'autore che fu per lo più restio a pubblicare i suoi scritti, ma soprattutto perché alla morte le sue carte furono disperse e diveminero oggetto di appropriazioni e rifacimenti. La dedicatoria al cardinale G. R. Mazzarino della Vita dei santi Cesidio e Rufino ragguaglia su una stampa non autorizzata, in progetto a Napoli, di un "più lungo discorso" composto dal F. sulla questione rufiniana, per scoraggiare la quale l'autore si risolse alla pubblicazione dell'opuscolo, più breve e divulgativo. L'indagine si fonda infatti sulla discussione dei documenti d'archivio e delle fonti storiografiche, di cui il F. mostra una notevole padronanza; ma viene accolto anche materiale leggendario connesso al culto popolare dei due santi. Il "discorso" è stato rinvenuto da G. Morelli nel cod. 2375 della Biblioteca Casanatense di Roma (cc. 77-114v), insieme con un gruppo di biografie di santi marsicani in cui figurano numerose annotazioni di pugno del Febonio. Si tratta in parte delle vite apparse postume nella Vita di s. Berardo. L'editore Tinassi utilizzò per questa edizione manoscritti di uno stadio testuale anteriore alle correzioni autografe del codice e per le vite dei santi Costanzo, Vittoriano e Simplicio una lezione completamente diversa per impianto e stile da ritenersi spuria.
Sorte meno fortunata è toccata all'opera principale del F., le Historiae Marsorum, per cui egli è maggiormente conosciuto tra gli storici. Il carteggio con lo Holstenio e l'Ughelli attesta che la composizione era iniziata intorno al 1630 e fu ripresa dopo un lungo intervallo nel 1652. Nel marzo 1662 il F. rivedeva la copia definitiva da inviare al tipografo. Alla sua morte questa non figura però tra le sue carte. Solo molti anni dopo gli appunti furono affidati dal fratello Asdrubale al vescovo dei Marsi Diego Petra che li riordinò per la stampa del 1678, non senza fraintendimenti e sviste e accogliendo anche materiale scartato dall'autore.
Le Historiae si dividono in tre parti: antica storia della Marsica; descrizione del lago del - testimonianze Fucino e delle regioni adiacenti. antiche e moderne sulle città e gli uomini illustri della regione, con un catalogo dei vescovi marsicani. Nell'opera confluisce una notevole quantità di materiale archeologico ed archivistico, frutto delle ricerche e delle ricognizioni effettuate dal Febronio. Ciò conferisce alle Historiae l'aspetto piuttosto farraginoso di un centone erudito, cui contribuisce lo stile cancelleresco, sia pure intervallato da passi più letterari, in un latino canonico lontano da ogni eleganza umanistica. Dell'opera si valsero largamente gli studiosi successivi, in particolare P.A. Corsignani nella Reggia marsicana (Napoli 1738), che può essere considerata una continuazione delle Historiae. Queste, alla loro apparizione, furono recensite nel Giornale de' letterati (Roma 1678) e figurano nel Thesaurusantiquitatum et historiarum Italiae... di J. G. Graeve e P. Burman (IX, 4, Lugduni Batavorum 1723-25). Esiste anche una parziale ristampa: Antichi fatti di Sulmona. Da Historiae Marsorum libri tres di M. Fabbonio, testo latino e traduzione a cura di I. Di Iorio, nota bibliografica di G. Garuti (Sulmona 1974).
Fonti e Bibl.: P. A. Corsignani, De viris illustribus Marsorum, Romae 1712, pp. 275 ss.; F. A. Soria, Memorie storico-critiche degli storici napoletani, I, Napoli 1781, pp. 251 ss.; la descrizione del S. Bartolomeo è in G. Pansa, Bibliografia stor. degli Abruzzi, L'Aquila 1964, p. 197; G. Morelli, Notizie stor. su M. F., Roma 1965; V. Esposito, M. F. prelato, storico e poeta abruzzese del '600, in Idilli sacri, rist., Pescara 1973 (App.); G. Morelli, M. F. e la sua "Historia Marsorum", in Epigraphica, 52 (1990), pp. 97- 114; R. Aurini, Diz. bibl. d. gente d'Abruzzo, V, Teramo 1973, pp. 63-69.