CLEMENTI, Muzio
Compositore di musica e pianista, nato a Roma il 24 gennaio 1752, morto ad Evesham, in Inghilterra, il 10 marzo 1832. Figlio dell'orafo e cesellatore Nicolò, dimostrò fin dalla prima fanciullezza segnalate attitudini alla musica. Apprese la disciplina di questa arte da suo zio Antonio Buroni, indi dall'organista Cordicelli, e infine da Gaetano Carpani per il contrappunto e dal cantore pontificio Don Giuseppe Santarelli per la pratica del canto. Decenne, concorreva vittoriosamente al posto di organista in una chiesa di Roma. Poco dopo si segnalava come autore di una Messa a quattro voci, e all'età di quattordici anni era già tanto abile clavicembalista che un ricchissimo inglese, sir Peter Beckford, condusse seco il giovinetto nel suo dominio di Fonthill Abbey nel Dorsetshire. Nei sette anni che trascorse nel castello dei Beckford il C. si perfezionò, senza la guida di maestri, nel cembalo, nel pianoforte e nella composizione, fino a diventare un perfetto virtuoso e un robusto musicista. In tale qualità si presentò al mondo musicale londinese nel 1773, ottenendo particolare stima con le tre sonate dell'op. 2, composte all'età di diciotto anni.
Dal principio della sua stabile dimora a Londra, la vita del maestro si può dividere in tre periodi. Nel primo, che va dal 1773 al 1802, la sua attività artistica fu molteplice: concertista acclamato, non solo in Inghilterra, ma altresì in Francia, in Germania, in Austria, svolse anche una feconda opera di compositore, d'insegnante, di costruttore, associandosi alla fabbrica di pianoforti Longmann e Broderipp. Nel secondo periodo (1802-1810) viaggiò in Europa, soffermandosi specialmente in Germania, in Russia, a Roma, a Milano, a Vienna. Durante questi viaggi, compiuti in parte con allievi (Field, Berger, Klengel, Kalkbrenner), e in parte da solo, fece conoscere i pianoforti inglesi di sua fabbricazione, collocò le proprie composizioni presso gli editori Breitkopf e Haertel di Lipsia, si ammogliò con Carolina Lehmann, berlinese (ne rimase per altro vedovo dopo un anno), attese alla composizione di sei grandi sinfonie e iniziò quella del Gradus ad Parnassum. Nel terzo periodo (1810-1832) ritroviamo C. a Londra, autore celebrato di sinfonie e di ouvertures, fondatore e condirettore della Royal Philarmonic Society; e, infine, riammogliato con Emma Gisborne, e padre di quattro figli, C. trascorse gli ultimi due anni di sua vita nel possedimento di Evesham nel Worcestershire.
ll C. fu chiamato dai contemporanei "padre del pianoforte", e veramente il suo nome è legato ai progressi apportati dal compositore e dall'esecutore allo stile pianistico. Tra il numero d'opera 1 e il numero 50 sono comprese 106 sonate per pianoforte, delle quali una quarantina circa con strumenti accompagnanti (in duetto o in trio), secondo l'uso invalso specialmente in Francia e Inghilterra verso la fine del secolo XVIII. Restano inoltre di C.: dodici sonatine, op. 36, 37 e 38; sette sonate a 4 mani; una sonata in si bemolle a due pianoforti, op. 12; una Toccata in si bemolle, op. 11; cinque Capricci, di cui i due dell'op. 47 di vaste proporzioni e in forma di sonata; dodici Monferrine, op. 49; tre Due Hini a 4 mani, op. 51; quarantaquattro Arie russe trascritte per pianoforte; e altre cose minori. Seguono le opere didattiche per lo studio del pianoforte, che comprendono: un Metodo corredato da 50 lezioni diteggiate (Parigi 1801) e ripubblicato col titolo Introduction dà l'art de toucher le Piano, ecc.; Preludî ed Esercizi; Progressive lessons fingered, ecc.; Octave Lessons; Gradus ad Parnassum in tre volumi.
Da qualche anno la curiosità degli studiosi si rivolge (e purtroppo senza esaurienti risultati) alle opere orchestrali del C. noto infatti che il maestro romano, tra il 1786 e il 1824, fece eseguire nei concerti londinesi - e anche fuori d'Inghilterra - non meno di ventuno tra ouvertures e sinfonie di propria composizione. Tra queste il maggior numero risale all'ultimo decennio del sec. XVIII, e propriamente al periodo in cui la rinnovata dimora di Haydn a Londra destò un singolare fervore di vita sinfonica nella capitale britannica. Altre sei grandi composizioni orchestrali - più ampiamente ricordate dalla critica del tempo - furono da C. composte durante i viaggi europei e dopo il suo ritorno a Londra nel 1810 e quivi eseguite ai concerti della R. Phil. Society dal 1813 al 1824. Sta di fatto tuttavia che l'esecutore testamentario di C., William Horsley, incaricato anche di riordinarne i manoscritti, non trovò più traccia delle opere sinfoniche di lui, tranne gli scarsi frammenti, oggi custoditi al British Museum di Londra, dei quali esiste una copia alla Biblioteca del R. Cons. di musica di Milano. Tali frammenti comprendono: 1. l'introduzione e il primo tempo di una Sinfonia in re minore; 2. l'introduzione e un incompleto primo tempo di una Sinfonia in re maggiore; 3. l'abbozzo del principio di una Ouverture in re; 4. l'abbozzo per pianoforte (67 battute) dell'Allegro di una Sinfonia in fa maggiore; 5. alcune (37) battute di un Minuetto in abbozzo di partitura orchestrale. Inoltre esistono, in edizione André di Offenbach, sotto il numero d'op. 44, le parti staccate di due sinfonie in si bemolle e in re. Dal confronto tra alcuni ampî resoconti della stampa inglese e tedesca del tempo, sulle sei grandi sinfonie del periodo 1813-1824, e i resti succitati della produzione sinfonica clementina, appare chiaro che questi ultimi non possono appartenere se non alla prima attività del nostro (1786-1796), posta evidentemente sotto l'influsso di Haydn. Rimane quindi tuttora insoddisfatta la curiosità di conoscere la vera importanza di C. come sinfonista, tanto più che i resoconti critici che ci rimangono parlano concordemente di un'arte complessa, ardita, ricercatrice di effetti orchestrali, atteggiata già a forme cicliche. Se le scoperte, annunziate in tale campo da G. de Saint-Foix non risulteranno soddisfacenti, la perdita delle sinfonie ed ouvertures clementine potrà considerarsi irreparabile.
La figura artistica di C. si può dunque apprezzare solo attraverso la produzione per pianoforte. In quella ventina di sonate e nei due capricci (op. 47) che C. compose, non per ragioni di mestiere, ma per intimo impulso artistico, si rivelano questi caratteri costanti: ardente spirito di drammaticità, vigore maschio, sapiente complessità, ricerca di sonorità: doti, queste, che fanno del C. sonatista un precursore dell'Ottocento. Nelle linee formali poi - e soprattutto nell'ampiezza degli sviluppi e nella novità della scrittura pianistica - appare chiaro quanto la pratica della composizione orchestrale e l'attento studio dell'attività sinfonica e teatrale del tempo abbiano potuto gradatamente influire sul compositore pianista, cui la lunga vita permise del resto di coltivare la prediletta forma di sonata attraverso tre successive fasi stilistiche: gahlante, classica, romantica, da Scarlatti a Beethoven. Manifestazioni d'arte romantica debbono infatti essere ritenute alcune sonate che giungono, con quella conosciuta sotto il titolo: Didone abbandonata, fino alla musica a programma, e alcuni pezzi del Gradus, come la Scena patetica. Comprendenti tutte le forme di musica strumentale allora esistenti, i tre volumi del Gradus diedero il modello dello studio artistico, quale fu poi coltivato dallo Chopin, dal Liszt ecc. Per la vastità dei problemi tecnici artisticamente risolti in quest'opera, essa ha mantenuto intatto da oltre un secolo il suo valore di codice, per così dire, dell'arte pianistica.
Raccoglitore appassionato di musiche rare, C. pubblicò, sotto il titolo di Practical Harmony, quattro volumi di pezzi contrappuntistici etrumentali di autori dei secoli XVII e XVIII, e sotto quello di Vocal Harmony cinque volumi di canoni, madrigali, glees, catches ecc., oltre una Selection di melodie delle varie nazioni europee. Trascrisse infine opere sinfoniche e strumentali di Haydn, Mozart, Viotti ecc.
Edizioni: Delle sonate l'ed. antica più importante è quella di Lipsia 1803 curata dall'autore, sotto il titolo: Opere complete per pianoforte. Del Gradus ad Parnassum l'ed. fondamentale (1817-1826) apparve in tre lingue a Londra, a Parigi ed a Lipsia. La più antica edizione italiana è quella milanese di G. Canti. Della Practical Harmony e della Vocal Harmony non rimangono che le edizioni originali inglesi (dal 1806 al 1815).
Bibl.: M. Berio, M. C. e la sua sonata pianistica, in Nuova antologia, 1913; M. Unger, M. C. s. Leben, Lipsia 1914; G. C. Paribeni, M. C. nella vita e nell'arte, Milano 1922; G. de Saint-Foix, Les symphonies de C., in Rivista musicale italiana, 1924.