SFORZA, Muzio Attendolo detto lo
Nato a Cotignola (Ravenna) l'8 maggio 1369, morto presso Pescara il 4 gennaio 1424. Apparteneva a famiglia di benestanti campagnoli, rivale in Cotignola della famiglia Pasolini. A tredici anni, portato via un cavallo dalla stalla paterna, si mise come "ragazzo" al seguito di un uomo d'arme spoletino e con lui fu per quattro anni nelle schiere di Boldrino da Panicale, capitano generale delle genti del Papa. Tornò poi a casa per sostenere i suoi in lotta coi Pasolini, ma tosto ne ripartì per continuare il mestiere delle armi. Segui come capo squadra e poi come comandante d'una compagnia prima Alberico da Barbiano, poi Francesco Broglia. Nel 1398 passò al servizio di Perugia, minacciata da Gian Galeazzo Visconti, e quando la città cadde in potere del duca di Milano, si mise ai suoi stipendî. Ma, disgustato per le gelosie di varî commilitoni, lasciò il Visconti per i suoi avversarî, i Fiorentini. Quando le truppe viscontee ebbero vinto a Casalecchio le soldatesche di Firenze (26 giugno 1402), lo Sforza, fatto prigioniero e riuscito subito a liberarsi, portò in salvo i resti delle schiere disfatte. Si distinse poi nella guerra di Pisa, e riuscì a battere Agnolo della Pergola che moveva al soccorso dei Pisani (3 dicembre 1405). In seguito lo S. fu al servizio di Niccolò d'Este, marchese di Ferrara, minacciato da Ottobono Terzi, tiranno di Parma e Reggio; dopo averlo combattuto con alterna fortuna, lo uccideva a tradimento il 27 maggio 1409. Subito dopo tornava al servizio dei Fiorentini, alle prese col re di Napoli Ladislao, e in seguito si trovava accanto a Ludovico II d'Angiò che, appoggiato da Firenze e dal papa Giovanni XXIII, moveva alla conquista del Napoletano e vinceva Ladislao a Roccasecca (19 maggio 1411). L'anno successivo, però, lo S. passava al servizio del vinto re e contribuiva a risollevarne le sorti.
Da quel tempo lo S. legò la sua sorte a quella del regno di Napoli, e s'iniziò allora la sua varia e maggiore fortuna. Rimane fino alla morte del re (6 agosto 1414) al servizio di Ladislao, che lo adopera soprattutto contro Braccio da Montone, e lo eleva alla massima carica di Gran Contestabile del regno. Morto il re, viene dall'Umbria a Napoli, ma il favorito della regina Giovanna II, Pandolfello Alopo, elevato di colpo alla carica di Gran Siniscalco, geloso di lui, lo fa arrestare e imprigionare. Poco dopo la regina si fidanza però con Giacomo di Borbone conte de la Marche, per avere nel principe consorte un appoggio. Allora l'Alopo libera lo S. e gli dà in moglie la sorella Caterina. Ma il 10 agosto 1415 la regina sposa il de la Marche; lo S. e l'Alopo sono arrestati; quest'ultimo finisce sul patibolo e il condottiero romagnolo, sottoposto a tortura, ha salva la vita grazie all'energia della sorella Margherita, che mantiene compatte le schiere del fratello e prende in ostaggio quattro Napoletani. Il principe consorte assume tosto il titolo di re e spadroneggia. La regina, con l'aiuto di una sollevazione popolare (13 settembre 1416), riesce a liberarsene relegandolo in Castel dell'Ovo, e si affida a un nuovo favorito, ser Gianni Caracciolo; lo S. è rimesso in libertà e restituito nella carica di Gran Contestabile.
Nel 1419 lo S. è mandato dalla regina in aiuto di papa Martino V, in lite con Braccio da Montone, ed è vinto dal condottiero umbro. Ora però il papa si guasta con la regina e riesce ad attrarre a sè lo S., il quale si unisce alle schiere di Luigi III d'Angiò che, con l'appoggio papale, tenta la conquista del regno di Napoli; nell'agosto 1420 lo S. prende Aversa, quindi muove contro la capitale. Giovanna II proclama allora figlio adottivo ed erede Alfonso V d'Aragona, che invia una flotta poi viene in persona a Napoli (1421) e prende al suo servizio Braccio da Montone, che è fatto Gran Contestabile al posto dello S. Dopo una vana guerriglia, lo S. e Luigi III si ritirano a Roma. S'intromette il pontefice e si viene alla pace; lo S. torna al servizio della regina. Nacque gelosia fra ser Gianni Caracciolo e Alfonso d'Aragona, donde accordo sempre più stretto fra il Caracciolo e lo S., col consenso di Giovanna II. Il 22 maggio 1423 Alfonso fa arrestare il Gran Siniscalco e tenta un colpo di mano contro la Regina, chiusa in Castel Capuano; accorre lo S. dalla Campania, riesce a penetrare in Napoli, fa molti prigionieri, e obbliga il re a rifugiarsi in Castel Nuovo. Ma l'11 giugno arrivano per mare rinforzi aragonesi e lo S. deve riparare ad Aversa con la regina. Ottiene però, cedendo venti cavalieri prigionieri aragonesi, la liberazione del Caracciolo. Giovanna II adotta ora Luigi III d'Angiò: Alfonso, vistosi solo, parte per la Catalogna. Restano per lui, a Napoli, in Castel Nuovo, don Pedro d'Aragona, e Braccio da Montone, occupato ad assediare l'Aquila che gli si è ribellata. La regina vuol liberare il regno dai resti del partito aragonese, e ordina allo S. di soccorrere l'Aquila. Durante la marcia, nel passare il fiume Pescara, là dove questo si getta nel mare, lo S. per soccorrere un valletto in procinto d'affogare, affoga egli stesso.
Ottimo soldato e buon capitano, ma politico appena mediocre, fu lo S. una semplice pedina nel giuoco dei pretendenti e dei favoriti del regno di Napoli. Seppe però attraverso buoni matrimonî suoi e dei suoi parenti consolidare le basi di quella fortuna che s'era creata con le armi. Dalla prima moglie, Antonia de' Salimbeni, vedova del signore di Cortona, ebbe Chiusi e quattro castelli; dalla seconda moglie, Caterina Alopo, cinque castelli in Basilicata; dalla terza moglie, Maria Marzani, figlia del duca di Sessa, vedova a sua volta di Lodovico II d'Angiò (morto dopo averla sposata soltanto per procura) e del conte di Celano, ebbe molti castelli in Terra di Lavoro e negli Abruzzi. Da un'amante, Lucia Terzani, di Marsciano nell'Umbria, ebbe il più illustre dei suoi figlioli, il grande Francesco, salito al trono ducale di Milano.
Bibl.: E. Ricotti, St. delle comp. di ventura, Torino 1844; N. F. Faraglia, St. d. regina Giovanna II d'Angiò, Lanciano 1904; A. Semerau, Die Condottieri, Jena 1909; Lacy Collison-Morley, The Story of the S., Londra 1933.