Sforza, Muzio Attendolo detto lo
Capitano di ventura (n. Cotignola, Ravenna, 1369-m. presso Pescara 1424). Dopo essere stato al seguito di Boldrino da Panicale, capitano delle genti del papa, passò ad Alberico da Barbiano, poi a Francesco Broglia, quindi (1398) fu al servizio di Perugia, poi dei Visconti e infine dei fiorentini. Battuto e fatto prigioniero dei viscontei a Casalecchio (1402), riuscì a liberarsi e a partecipare alla guerra di Pisa, battendo Agnolo della Pergola (1405). Tornato (1409) al servizio di Firenze, combatté contro Ladislao, re di Napoli, che sconfisse a Roccasecca (1411); passò l’anno successivo al servizio dell’avversario. Da questo momento S. legò la sua fortuna a quella del regno di Napoli, dove fu elevato alla carica di gran contestabile, che perdette per riaverla poi più tardi (1416). La regina Giovanna II lo mandò (1419) in aiuto a papa Martino V, in conflitto con Braccio di Montone, ma fu vinto dal condottiero umbro. Cessati i rapporti con la regina, passò dalla parte di Luigi III d’Angiò, ma fu battuto, e solo per intercessione del papa poté riconciliarsi con Giovanna II, che nel frattempo aveva adottato come figlio ed erede Alfonso V (1420). Venuti poi a contrasto Giovanna e Alfonso, S. accorse dalla Campania obbligando il re a rifugiarsi in Castel Nuovo; sopraggiunti rinforzi aragonesi, S. fu costretto a riparare ad Aversa con la regina, che adottato, in odio ad Alfonso, Luigi III d’Angiò (1423), volle liberare il regno dalla presenza di ogni elemento aragonese. Poiché un nucleo potente di questo partito dominava all’Aquila a opera di Braccio da Montone, Giovanna ordinò a S. di soccorrere la città abruzzese, ribellatasi al condottiero umbro, ma durante la marcia, nel passare il fiume Pescara, S. affogò. Attraverso i suoi matrimoni S. seppe incrementare e consolidare la fortuna che si era creato con le armi; ebbe numerosi figli, di cui molti naturali; figlio naturale fu il grande Francesco, futuro duca di Milano, natogli da Lucia Terziani.