mutuo riconoscimento, principio del
In ambito comunitario principio fondamentale dal quale deriva l’obbligo di accettazione, da parte di ogni Stato membro della UE, dei prodotti legalmente fabbricati e commercializzati in un altro Stato membro, senza che questi debbano necessariamente rispettare le prescrizioni normative e gli standard dello Stato importatore, a meno che la loro offerta non violi diritti fondamentali nei Paesi d’origine (per es. quelli collegati alla salute).
Una prima e chiara enunciazione del principio del m. r. si ebbe nel 1979 per opera della Corte di giustizia delle Comunità Europee. Nella nota sentenza ‘Cassis de Dijon’ la Corte si espresse contro la pretesa del governo tedesco di tutelare la salute della propria popolazione, vietando la circolazione sul territorio del Cassis de Dijon, un alcolico a bassa gradazione. In quella circostanza la Corte affermò che, in linea di massima, qualsiasi prodotto fabbricato e commercializzato all’interno di uno Stato membro dell’Unione Europea potesse essere venduto in un altro. Fino a quel momento il principale strumento con cui le istituzioni comunitarie avevano cercato di promuovere il mercato interno e il commercio tra i Paesi membri della CEE (➔) era stato quello dell’armonizzazione legislativa. Il limite di ciò risiedeva (e in parte ancora risiede) però nelle difformità, nei principi ispiratori come nelle architetture normative, tra i singoli sistemi giuridici nazionali. Già con la sentenza Dassonville (➔ Dassonville, sentenza di) del 1974 la Corte aveva introdotto la categoria della ‘misura equivalente’, da intendersi come «ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari». Attraverso il m. r. la Corte ha invece introdotto uno strumento idoneo a promuovere l’armonizzazione e, al contempo, a tutelare le diverse tradizioni culturali e legislative dei singoli Stati. Con una serie di interpretazioni estensive la Corte ha così fornito un impulso significativo all’affermazione del principio di libera circolazione dei beni. La progressiva affermazione del m. r. è proceduta in parallelo rispetto a quella del principio del Paese d’origine (➔ Paese di origine, principio del) , che ha una valenza soprattutto nell’ambito della prestazione dei servizi (➔ anche Bolkestein, direttiva). Nonostante la tendenza invalsa a considerare il principio del Paese d’origine come una versione ‘rafforzata’ del m. r., sussiste una differenza fondamentale tra i due: mentre nel primo la legislazione dello Stato di provenienza penetra nell’ordinamento di destinazione senza filtri di sorta, nel secondo le norme dello Stato di destinazione si sovrappongono a quelle dello Stato di provenienza qualora sussistano motivi di interesse generale. Sopravvive inoltre, in questo secondo caso, la facoltà dello Stato di destinazione di controllare che le garanzie previste dalla normativa dello Stato di provenienza siano equivalenti alle proprie.
Il m. r. trova due importanti corollari nel principio di affidamento e in quello di proporzionalità. In base al primo, il m. r. riposa sulla fiducia che ciascuno Stato pone nella legislazione degli altri membri della UE. L’accettazione di prodotti «legalmente e lealmente fabbricati all’interno della Comunità» si basa, infatti, sul presupposto per cui le legislazioni del Paese in cui il bene viene prodotto siano già idonee a garantire un grado sufficiente di tutela del consumatore e del fruitore ultimo. Per parte sua, il principio di proporzionalità vieta a uno Stato di imporre agli altri un livello di tutela eccessivo rispetto all’obiettivo perseguito.
Sopravvive tuttavia, in base alla normativa comunitaria, la possibilità di derogare al principio di libera circolazione delle merci e di introdurre misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative, qualora sussistano motivazioni di interesse generale non economico. Nello specifico, tali limitazioni possono essere adottate a tutela dell’ordine pubblico, della sicurezza e della moralità, della salute delle persone come anche degli animali, della preservazione dei vegetali, del patrimonio artistico e, infine, della proprietà industriale e commerciale. Per vigilare su tali disposizioni derogatorie sono stati creati meccanismi di informazione e cooperazione a livello comunitario.
La UE ha cercato di coniugare il rispetto per i sistemi produttivi nazionali e l’armonizzazione delle regole di produzione. Dalla fine del 20° sec. la Commissione europea (➔ p) ha promosso, accanto al principio del m. r., la cooperazione tra gli Stati membri nell’adozione delle ‘regolamentazioni tecniche’ in materia di prodotti. In concreto, la Commissione induce a un confronto tra le autorità dei singoli Stati, prima che le singole regolamentazioni vengano adottate a livello nazionale.
A oltre un trentennio dalla sua enunciazione, il principio del m. r. si conferma in definitiva come uno strumento fondamentale per abbattere le barriere non tariffarie e dunque accrescere il novero dei prodotti a disposizione del consumatore nazionale e, per converso, per fornire alle imprese produttrici un bacino sufficientemente esteso di sbocco della produzione. Previene, inoltre, la standardizzazione dei prodotti europei, potenziale risultato dell’imposizione di regole unitarie per la produzione dei beni, dalla quale potrebbe scaturire un depauperamento delle varietà produttive, che rappresentano uno dei punti di forza dell’economia europea. Più controversa appare la piena attuazione del principio, così efficacemente applicato alle merci, ai servizi e al loro lavoro.