MUSTAIR
MÜSTAIR (it. Monastero; ted. Münster; monasterium Tuberis, monasterium Tabrensis nei docc. medievali)
Monastero situato in Svizzera nel cantone dei Grigioni, in corrispondenza dell'uscita orientale dell'omonima località, che sorse intorno a esso e che è attestata dal 1157 (Geuenich, 1975, p. 238).M. viene menzionato per la prima volta intorno all'824 come "monasterium qui vocatur Tuberis", nel Liber confraternitatum Augiensis (Das Verbrüderungsbuch der Abtei Reichenau, 1979). Non trovano alcuna conferma le presunte testimonianze dell'esistenza del monastero intorno all'806. Questa data si basa sull'ipotesi che uno dei cinque monasteri menzionati dal vescovo Vittore III di Coira in una petizione dell'823 a Ludovico il Pio sia identificabile con M. e che esso sia stato tolto al vescovado di Coira con la costituzione della contea, nell'806 (Mayer-Marthaler, Perret 1955, pp. 38-40).La nota nel Liber confraternitatum Augiensis registra per M. un abate e trentadue monaci, mentre nel Liber confraternitatum Sancti Galli il numero dei monaci verso la metà del secolo sale a quarantacinque (Autenrieth, 1975; Geuenich, 1975, p. 239). Questa espansione fu di breve durata. Una registrazione databile tra l'887 e il 914 nel Liber viventium Fabariensis (Geuenich, 1975, pp. 233, 238-239) nomina per il monasterium Tobrensis, ora per la prima volta definito con la dedicazione a s. Giovanni, solo sette monaci e nessun abate. Quest'ufficio era stato verosimilmente assunto dal vescovo di Coira, che aveva ottenuto M. nell'881. Poco dopo il monastero sparì dalla tradizione scritta per più di duecento anni.La prima indicazione cronologica successiva è un'iscrizione dedicatoria del 1087 del vescovo di Coira Norberto II (1079-1088; Mayer-Marthaler, Perret, 1955, nr. 209, pp. 166-167), un antigregoriano che tentò di ripristinare i rapporti interrotti nell'843 con l'arcidiocesi di Milano e che stabilì una sua residenza nell'abbazia (Clavadetscher, 1979).Dopo il declino del monastero benedettino, M. divenne cenobio femminile e - in connessione con una riforma conclusasi nel 1157 - fu riccamente dotato tra il 1163 e il 1170 sia dall'aristocrazia locale sia dal vescovo di Coira (Müller, 1982, pp. 32-33). Nel Tardo Medioevo e soprattutto nel corso del sec. 15° il numero delle monache diminuì da undici, nel 1409, fino a tre nel 1506. Questo processo di contrazione liberò presumibilmente una parte delle risorse con cui la badessa Angelina von Planta (1478-1509) finanziò la costruzione di una torre omonima, addossata al lato nord della chiesa, il Plantaturm, e la trasformazione dell'aula carolingia in una Hallenkirche tardogotica a tre navate (Müller, 1982).M. è situato a E del passo del Forn e a S del passo di Resia che porta verso Landeck e alla valle superiore dell'Inn (Clavadetscher, 1979). Nella fondazione del monastero, la cui collocazione non era stata predeterminata da un culto locale, dovettero aver contato in primo luogo considerazioni relative alle comunicazioni e di ordine militare. Il sistema romano di difesa dei passi alpini, ripreso dai Longobardi e dai Franchi, si basava sul collegamento fra castelli al passo e guarnigioni nelle vicinanze del passo (Schneider, 1987, p. 35ss.). Che M. avesse avuto un ruolo in questo sistema, vista la sua posizione, è da supporre in via di principio. Lo stesso vale probabilmente per gli edifici che lo precedettero, recentemente sottoposti a indagini di scavo, a cui appartengono una casa lignea tardoromana di più di m 20 di lunghezza, nonché tracce di una fornace per la fabbricazione di laterizi (Sennhauser-Girard, 1986, pp. 37-38; Sennhauser, 1990).L'importanza dei valichi alpini per i Carolingi è messa in rilievo dall'assegnazione di specifici passi a ognuno dei tre figli di Carlo Magno nella Divisio regnorum dell'806: a Pipino, che regnava in Italia, andarono quelli retici. Con l'inizio delle lotte di successione l'importanza dei passi dovette crescere ulteriormente (Boshof, 1990). Secondo le fonti, nei momenti di tensione tra le diverse parti dell'impero carolingio (817, 834, 837 e 894), si giunse alla chiusura dei passi alpini (Schneider, 1987, pp. 36-37). Carlo III il Grosso nell'879 riunì sotto di sé Italia, Alamannia e Rezia e divenne l'unico signore dell'impero. Di conseguenza i passi di confine persero la loro importanza militare e strategica. A quest'epoca M. cessò di appartenere alla Corona carolingia, diventando possedimento del vescovo di Coira (Zielinski, 1991, nrr. 642-645).La posizione del monastero e l'inusuale grandezza della sua chiesa ad aula triabsidata, in origine dotata di due ambienti laterali longitudinali, addossati ai lati nord e sud dell'aula (Sennhauser, 1979, p. 201), suggeriscono l'ipotesi che M. sia stato un possedimento della Corona già prima dell'ultimo quarto del 9° secolo. I tratti murari del monastero carolingio portati in luce dagli scavi (Sennhauser-Girard, 1986, p. 38; Sennhauser, 1990) indicano anch'essi un progetto complessivo la cui uniformità sembrerebbe adattarsi piuttosto a un'iniziativa regia o imperiale. Anche la ricca e bene organizzata decorazione pittorica carolingia della chiesa (Zemp, Durrer, 1906-1910; Birchler, 1954; Sennhauser-Girard, 1986, pp. 15-30; 1990), le cui componenti veterotestamentarie pongono in spiccato rilievo il regno di Davide e la storia di Assalonne, in ambito critico è stata più volte posta in rapporto con i sovrani carolingi (Birchler, 1954, p. 232; Schrade, 1958, pp. 23-25). Secondo Rasmo (1971), Müller (1982, p. 244) e Cwi (1983), le storie di Assalonne dovrebbero alludere o alla rivolta di Bernardo re d'Italia (817) o ai contrasti tra Ludovico il Pio e il suo figlio maggiore, Lotario (829-839). In ogni caso, nel committente delle pitture va riconosciuto un partigiano di Ludovico il Pio, se non egli stesso.Confronti bizantini per la raffigurazione del Giudizio finale a M. sono stati indicati da Brenk (1966, pp. 107-118). Altri elementi della decorazione pittorica carolingia rinviano a Milano (Davis-Weyer, 1987, pp. 227-228), ma anche all'ambito della c.d. scuola di Ada (Little, 1985, p. 17). Per la tecnica delle pitture di M. furono determinanti i netti contrasti tra chiari e scuri e i pastosi rialzi bianchi, oggi valutabili solo da tracce. Confronti convincenti in proposito sono offerti soprattutto dai frammenti emersi recentemente nell'area del monastero di San Vincenzo al Volturno (prov. Isernia), come anche da alcune teste della cripta di Epifanio, dipinta tra l'829 e l'842 (Mitchell, 1985, pp. 132, 144-157; 1993). Le pitture carolinge e romaniche di M., oggi in parte conservate a Zurigo (Schweizerisches Landesmus.), in passato sono state soggette a diverse vicissitudini di carattere conservativo, che non sempre hanno avuto esiti positivi (Wüthrich, 1980; Davis-Weyer, 1987).Alle costruzioni dell'epoca romanica appartengono la cappella dedicata alla Santa Croce, posta a S della chiesa principale, e la residenza di Norberto II di Coira, con il suo oratorio privato - la cappella a due piani intitolata ai ss. Ulrico e Niccolò - che intersecava l'area degli edifici monastici del vecchio convento (Sennhauser-Girard, 1986, pp. 10-11); dello stesso complesso fanno parte gli affreschi con scene della Passione (Brenk, 1963). Nella seconda metà del sec. 12° la parete orientale e le absidi della chiesa vennero ridipinte da una bottega, attiva anche nel castello di Appiano (prov. Bolzano), protetta dalle famiglie aristocratiche dei dintorni (Brenk, 1963). M. possiede importanti frammenti marmorei di epoca carolingia e stucchi di stile romanico. Per la figura in stucco di un sovrano, fortemente restaurata e collocata all'interno della chiesa, Beutler (1964, pp. 117-137) ha proposto una datazione in epoca carolingia, mentre sembrano essere di diverso parere Schrade (1958, pp. 24-25) e Sennhauser-Girard (1986, pp. 34-35). L'impressione che oggi suscita la chiesa è determinata principalmente dalla trasformazione tardogotica degli inizi del 15° secolo.
Bibl.:
Fonti. - MGH. Libri confr., a cura di P. Piper, 1884, pp. 33, 174, 390; Das Verbrüderungsbuch der Abtei Reichenau, a cura di J. Autenrieth, D. Geuenich, K. Schmid, in MGH. Libri mem., n.s., I, Suppl., 1979, tav. 17, pp. XV, XLII-XLVI, LXVIII.
Letteratura critica. - W. Sidler, Münster-Tuberis. Eine karolingische Stiftung, Jahrbuch für Schweizerische Geschichte 31, 1906, pp. 207-348; J. Zemp, R. Durrer, Das Kloster St. Johann zu Münster in Graubünden (Mitteilungen der antiquarischen Gesellschaft für Erhaltung historischer Kunstdenkmäler, 5-7), Genf 1906-1910; L. Birchler, Zur karolingischen Architektur und Malerei in MünsterMüstair, in Frühmittelalterliche Kunst in den Alpenländern, " Actes du IIIe Congrès international pour l'étude du Haut Moyen Age, Lausanne 1951", OltenLausanne 1954, pp. 167-252; E. Mayer-Marthaler, F. Perret, Bündner Urkundenbuch, I, Chur 1955; H. Schrade, Vor- und frühromanische Malerei, Köln 1958; B. Brenk, Die romanische Wandmalerei in der Schweiz, Bern 1963, pp. 28-61; C. Beutler, Bildwerke zwischen Antike und Mittelalter. Unbekannte Skulpturen aus der Zeit Karls des Grossen, Düsseldorf 1964; B. Brenk, Tradition und Neuerung in der christlichen Kunst des ersten Jahrtausends. Studien zur Geschichte des Weltgerichtsbildes (Wiener byzantinische Studien, 3), Wien 1966; N. Rasmo, Affreschi medievali atesini, Milano [1971], pp. 19-20; J. Autenrieth, Das St. Gallener Verbrüderungsbuch, FS 9, 1975, pp. 215-225; D. Geuenich, Die ältere Geschichte von Pfäfers im Spiegel der Mönchslisten des Liber Viventium Fabariensis, ivi, pp. 226-252; O.P. Clavadetscher, Churrätien im Übergang von der Spätantike zum Mittelalter nach den Schriftquellen, in Von der Spätantike zum frühen Mittelalter. Aktuelle Probleme in historischer und archäologischer Sicht, a cura di J. Werner, E. Ewig (Vorträge und Forschungen, 25), Sigmaringen 1979, pp. 159-163; H.R. Sennhauser, Spätantike und frühmittelalterliche Kirchen Churrätiens, ivi, pp. 193-218; L. Wüthrich, Wandgemälde von Müstair bis Hodler. Katalog der Sammlung der Schweizerischen Landesmuseums Zürich, Bern 1980, pp. 17-46; S. Spada Pintarelli, Pittura carolingia nell'Alto Adige, Bolzano 1981, pp. 31-45; I. Müller, Geschichte des Klosters Müstair, 2 voll., Disentis 1982; J. Cwi, The David Cycle at St. John Muestair, in Riforma religiosa e arti nell'epoca carolingia, "Atti del XXIV Congresso internazionale di storia dell'arte, C.I.H.A., Bologna 1979", a cura di A.A. Schmid, I, Bologna 1983, pp. 117-127; C.T. Little, A New Ivory of the Court School of Charlemagne, in Studien zur mittelalterlichen Kunst 800-1250. Festschrift für Florentine Mütherich zum 70. Geburtstag, München 1985, pp. 11-28; J. Mitchell, The Painted Decoration of the Early Medieval Monastery, in San Vincenzo al Volturno: the Archeology, Art and Territory of an Early Medieval Monastery, a cura di R. Hodges, J. Mitchell (BAR. International Series, 252), Oxford 1985, pp. 125-176; Deterioration and Preservation of Carolingian and Medieval Mural Paintings in the Müstair Convent, in Case Studies in the Conservation of Stone and Wallpainting, a cura di N.S. Bromelle, P. Smith, London 1986, pp. 190-199; M. Sennhauser-Girard, Das Benediktinerinnenkloster St. Johann in Müstair. Graubünden, Bern 1986; C. Davis-Weyer, Müstair, Milano e l'Italia carolingia, in Il Millennio Ambrosiano, a cura di C. Bertelli, I, Milano, una capitale da Ambrogio ai Carolingi, Milano 1987, pp. 203-237; R. Schneider, Fränkische Alpenpolitik, in Die Transalpinen Verbindungen der Bayern, Alemannen und Franken, a cura di H. Beumann, W. Schröder, Sigmaringen 1987, pp. 33-49; E. Boshof, Einheitsidee und Teilungsprinzip unter Ludwig, in Charlemagne's Heir, a cura di R. Collins, P. Goldmann, Oxford 1990, pp. 161-189; H.R. Sennhauser, Dodici secoli del convento di Müstair attraverso la storia dell'arte, ArchMed 17, 1990, pp. 25-34; M. Sennhauser-Girard, La decorazione pittorica della chiesa del convento di Müstair in epoca carolingia e romanica, ivi, pp. 35-42; H. Zielinski, Die Karolinger im Regnum Italiae 840-887 (Forschungen zur Kaiser- und Papstgeschichte des Mittelalters: Beihefte zu J.F. Böhmer, Regesta Imperii I, III, 1), Köln-Wien 1991; J. Mitchell, The Crypt Reappraised, in San Vincenzo al Volturno, I, a cura di R. Hodges, (Archaeological Monographs of the British School at Rome, 7), London 1993, pp. 75-114.C. Davis-Weyer