MUSICA (XXIV, p. 124; App. II, 11, p. 372)
Il fenomeno musicale più rilevante degli anni seguìti alla fine della seconda guerra mondiale è il sempre crescente affermarsi ed estendersi della corrente dodecafonica, cui aderiscono, con maggiore o minore rigore, musicisti anziani e giovani. In tale periodo è assai frequente il caso di compositori che adottano la tecnica seriale, dichiarando magari di usarla "con libertà"; d'altra parte, dalle posizioni del più radicale esponente della scuola viennese, Anton Webern, prende le mosse una nuova avanguardia, rigorosa e scientifista, volta a portare alle estreme conseguenze le implicazioni dei principî dodecafonici con la serializzazione integrale degli elementi melodici, ritmici, timbrici e dinamici. Le realizzazioni di questi musicisti di avanguardia finiscono poi con l'allacciarsi alla ricerca di nuovi spazî sonori attraverso gli esperimenti della musica concreta e della musica elettronica.
Scomparso Arnold Schönberg nel 1951, a rappresentare la generazione di musicisti formatasi alla scuola viennese sono rimasti, pur operando in luoghi diversi, gli austriaci Egon Wellesz, Hans Erich Apostel, Hans Jelinek, Ernst Krenek, Richard Hoffmann, i tedeschi Hans Eisler e Winfried Zillig, lo spagnolo Roberto Gerhard, il francese René Leibowitz (che è stato il più attivo propagandista della dodecafonia in Francia ed è notissimo per i suoi libri divulgativi: Schönberg et son école, Parigi 1947, e Introduction à la musique des douze sons, ivi 1949), e l'inglese Humphrey Searle. Ma la diffusione della dodecafonia, che per vario tempo era stata considerata come un fenomeno circoscritto e legato a un particolare momento storico, ha avuto una tale ripresa, che ha portato alla formazione di nuove scuole dodecafoniche in molti Paesi. In Germania si avvicinano alla tecnica dodecafonica Karl Amadeus Hartmann, Wolfgang Fortner, Boris Blacher, Rudolf Wagner-Régeny e, fra i più giovani, Giselher Klebe e Hans Werner Henze; in Francia è da ricordare, oltre René Leibowitz, André Casanova; in Svizzera utilizzano procedimenti dodecafonici: Frank Martin, il russo Wladimir Vogel, Rolf Liebermann, Constantin Regamey; in Italia l'adesione alla dodecafonia di Luigi Dallapiccola è seguita da quella di altri autori, fra cui Gino Contilli, Bruno Maderna, Riccardo Malipiero, Riccardo Nielsen, Mario Peragallo, Camillo Togni, Roman Vlad, Adone Zecchi e molti dei più giovani; in Inghilterra opera, fra gli altri, l'ungherese Matyas Seiber; in Cecoslovacchia, Alois Hába si dedica prevalentemente alla composizione di musiche pluricromatiche, ma si serve anche a volte della tecnica dodecafonica; in Svezia figurano diversi compositori dodecafonici, fra i quali Ingvar Lidholm; la produzione del compositore greco Nikos Skalkottas, allievo di Schönberg, è stata praticamente scoperta dopo la sua morte avvenuta nel 1949; negli siati Uniti si accostano successivamente alla dodecafonia Wallingford Riegger, Aaron Copland, Roger Sessions e numerosi giovani; in Israele opera Roman Haubenstock-Ramati; in Giappone, si afferma Yoritsune Matsudaira. Lunghissima è poi la schiera di quei compositori che, pur non aderendo in genere ai principî della dodecafonia, ne utilizzano saltuariamente gli stilemi.
Un caso clamoroso dell'ultimo decennio è costituito dal graduale avvicinamento alla dodecafonia di Igor Strawinsky, il quale in passato era stato il maggiore esponente della corrente diatonica, antitetica a quella dodecafonica. La composizione dell'opera Rake's progress, terminata nel 1951, segnò per Strawinsky la fine del periodo neoclassico. Dopo di allora, attraverso un gruppo di lavori che vanno dalla Cantata su testi inglesi (1952) al Settimino (1953), ai Three songs from William Shakespeare (1953), a In memoriam Dylan Thomas (1954), al Canticum sacrum ad honorem Sancti Marci nominis (1955), al balletto Agon (1957), ai Threni id est Lamentatio Ieremiae prophetae (1958), ai Movements per pianoforte e orchestra (1959), i procedimenti seriali si fanno progressivamente strada nell'opera di Strawinsky, portando a un superamento di quel dualismo fra cromatismo e diatonismo in cui sembrava ormai irrimediabilmente divisa la musica contemporanea.
La nuova avanguardia postweberniana, volta alla serializzazione integrale dei parametri musicali, e tendente a una dissociazione del tessuto sonoro in un "puntilistico" isolamento dei singoli suoni, ha trovato i suoi rappresentanti soprattutto fra i musicisti della più giovane generazione. Partendo dalle realizzazioni di Webern e anche da esperienze di Edgar Varèse, Boris Blacher, Olivier Messiaen, gli esponenti della nuova avanguardia hanno svolto e svolgono una battagliera attività, che ha il suo principale centro di confluenza nei Ferienkursen di Darmstadt. Fra i più noti compositori di questa tendenza sono il francese Pierre Boulez, il tedesco Karlheinz Stockhausen, il belga Henri Pousseur, lo svedese Bo Nilsson, gli italiani Bruno Maderna e Luigi Nono. Contatti con i gruppi di Darmstadt hanno anche l'americano John Cage e altri musicisti sostenitori del principio della "casualità" nella composizione musicale.
Estremo portato delle tendenze avanguardistiche sono gli esperimenti della musica concreta e della musica elettronica. Gli esperimenti della musica concreta, iniziati in Francia nel 1948 dall'ingegnere Pierre Schaeffer e coltivati poi anche da musicisti quali Olivier Messiaen e Pierre Boulez, consistono nel registrare su nastro magnetico suoni e rumori già concretamente esistenti, i quali, opportunamente filtrati, modificati, traslati, danno origine a nuove espressioni sonore. Più radicali sono gli esperimenti dei compositori elettronici, che creano i suoni a partire dai loro elementi costitutivi mediante apparecchi generatori di frequenze e li manipolano poi con i mezzi offerti dai recenti ritrovati della elettroacustica e dalla moderna tecnica della registrazione sonora. Le prime ricerche nel campo della musica elettronica risalgono al 1951, quando fu costituito a Colonia lo Studio fŭr elektronische Musik diretto da Herbert Eimert. Sull'esempio dello Studio di Colonia, centri analoghi sono sorti in molti Paesi. Fra i compositori che si sono interessati alla musica elettronica vanno ricordati, oltre allo stesso Eimert, l'austriaco Ernst Krenek, i tedeschi Karlheinz Stockhausen e Gottfried Michael Koenig, il belga Henri Pousseur, l'ungherese György Ligeti, lo statunitense John Cage, l'argentino Mauricio Kagel, il giapponese Toshiro Mayuzumi, gli italiani Luciano Berio e Bruno Maderna.
Se l'attività compositiva dei musicisti dodecafonici, postweberniani ed elettronici si presenta con i caratteri di attività di corrente, è continuata peraltro in questi ultimi anni l'opera individuale di compositori rimasti fedeli ad una propria estetica e ad un proprio linguaggio musicale.
Ricordiamo Paul Hindemith, sempre più saldamente legato ad un diatonismo di tradizione germanica; Darius Milhaud, valentesi sempre del suo stile politonale; Ildebrando Pizzetti, con il suo melodizzare improntato alle antiche modalità liturgiche; Gian Francesco Malipiero, con il suo linguaggio attingente alle antiche musiche e assai modernamente svolto; il neoclassico Francis Poulenc, il neoromantico Samuel Barber, il popolareggiante Carl Orff e l'eclettico Benjamin Britten. Altri compositori, quali Goffredo Petrassi e Olivier Messiaen, mantengono i tratti fondamentali della loro personalità, non esitando però a valersi degli apporti delle più recenti esperienze. Linguaggio a base diatonica e caratteristiche strettamente individuali si riscontrano anche in varî musicisti dell'ultima generazione. Complessivamente in declino appaiono il neoclassicismo e il folclorismo.
Una citazione a parte spetta al neorealismo, concezione che si oppone non soltanto alla dodecafonia e in genere alla atonalità, ma a tutte quelle tendenze che, trascurando una immediata accessibilità del linguaggio musicale, sono accomunate nell'accusa di "formalismo". Questa concezione ha il suo principale centro nell'Unione Sovietica e ad essa si adeguano musicisti quali Dmitrij Šostakovič, Aram Kaciaturian, Dmitrij Kabalevskij. Il neorealismo ha però influenzato anche musicisti di altri paesi, quali il francese Serge Nigg, inizialmente dodecafonico e poi passato alla nuova estetica, e l'italiano Mario Zafred.
Ad una esigenza di accessibilità e di larga comunicativa si ispira anche, nel campo del teatro musicale, il "menottismo", cioè la tendenza a scrivere dei lavori in cui la musica, improntata per lo più ad un facile eclettismo, è utilizzata unicamente in funzione dell'effetto scenico. Questa tendenza ha avuto grande successo con le opere di Gian Carlo Menotti, delle quali non sono mancati parecchi tentativi di imitazione in Europa e in America.
Dei musicisti affermatisi negli ultimi anni, alcuni sono stati già ricordati nel corso della presente voce; per gli italiani, rinviamo inoltre alla voce italia. Si possono ancora citare il tedesco Bernd Alois Zimmermann, l'austriaco Theodor Berger, i francesi Yves Baudrier, Henri Dutilleux, Daniel Lesur, Jean-Louis Martinet, Jean Martinon, gli inglesi Lennox Berkeley, Benjamin Franckel, Peter Racine Fricker, Constant Lambert, Alan Rawsthorne, gli svizzeri Conrad Beck e Heinrich Sutermeister, il belga Marcel Poot, l'olandese Guillaume Landré, il polacco Vitold Lutosławski, l'ungherese Sandor Veress, lo iugoslavo Dusan Radic, gli svedesi Kurt Magnus Atterberg, Karl Birger Blomdhal, Lars Erik Larsson, i danesi Niels Viggo Bentzon e Vagn Holmboe, gli statunitensi Leonard Bernstein, Elliot Carter, David Diamond, Lukas Foss, Morton Gould, Alexei Haieff, William Schuman, gli argentini Juan Josḫ Castro e Alberto Ginastera, i brasiliani Mozart Camargo Guarnieri e Hans Joachim Kollreutter, il messicano Carlos Chavez, il cileno Domingo Santa Cruz.
Bibl.: È Impossibile indicare una bibliografia che tenga conto dei numerosi scritti sparsi in pubblicazioni particolari, in riviste e in giornali. Fra gli scritti di carattere generale ricordiamo: Th. Wiesengrund Adorno, das Altern der neuen Musik, in Dissonanzen, Gottinga 1958 (traduzione italiana: Invecchiamento della musica moderna, in Dissonanze, Milano 1959); P. Collaer, La musique moderne 1905-1955, Bruxelles 1955; M. Goss, Modern music makers, New York 1952; J. T. Howard, Our American music, New York 1954; R. A. Leonard, Sovietskie kompository, Mosca 1957; M. Mila, Cronache musicali 1955-1959, Torino 1959; F. K. Prieberg, Lexikon der neuen Musik, Monaco 1958; C. Rostand, La musique française contemporaine, Parigi 1952; H. H. Stuckenschmidt, Neue Musik, Berlino 1951 (traduzione italiana ampliata: La musica moderna, Torino 1960); R. Vlad, Storia della dodecafonia, Milano 1958. Si vedano anche tutti i numeri delle riviste Melos di Magonza, Die Reihe di Vienna, La rassegna musicale di Roma, Diapason e Incontri musicali di Milano, nonché i Darmstädter Beiträge zur neuen Musik, Magonza 1958-1960 (con saggi di A. Schönberg, Th. Wiesengrund Adorno, E. Krenek, W. Fortner, L. Nono, H. Pousseur, P. Boulez, K. Stockhausen, H. W. Henze, R. Kolisch, H. H. Struckenschmidt).