Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nelle opere filosofiche enciclopediche che si collocano fra la tarda antichità e il Medioevo scritte dagli ultimi autori pagani – in particolare Marziano Capella e Macrobio – la riflessione sulla musica continua nel solco della concezione antica, che la inquadra come scienza matematica e teoria dell’armonia cosmica. Questi testi sono utilizzati dagli intellettuali cristiani dei primi secoli dell’alto Medioevo, i quali vi integrano la concezione della musica come arte del canto, soprattutto liturgico. Nessun trattato di musica viene scritto nel periodo che intercorre fra Boezio (secolo VI) e l’età carolingia (secolo IX), ma nelle opere enciclopediche redatte da monaci e vescovi, soprattutto quelle di Cassiodoro e Isidoro di Siviglia, la musica viene presentata rileggendo i testi pagani sull’armonia cosmica attraverso il linguaggio simbolico della Bibbia. Con l’avvio dell’età carolingia, l’impegno dei musici, monaci e uomini di Chiesa, è rivolto a definire un inquadramento teorico al nuovo repertorio gregoriano; riaffiora quindi l’interesse per la teoria matematico-musicale del passato, riscoperta attraverso Boezio, nella quale vengono rintracciati i presupposti scientifici dell’arte del canto.
Macrobio
La musica come origine del tutto
Commento al Sogno di Scipione
Dal girare delle sfere celesti vengono prodotti dei suoni musicali perché, da un lato, è inevitabile che dal moto nasca il suono e, dall’altro, il suono come armonia è il prodotto della razionalità intrinseca delle realtà divine.
(II, 1, 5-7)
È logico dunque che il cosmo vivente sia rapito dalla musica, e la causa è che l’anima celeste, da cui l’universo riceve la vita, ha preso origine dalla musica.
(II, 3, 11)
Se gli scritti di Boezio sono considerati l’autorità principale nell’ambito della teoria della musica medievale, altri testi della tarda antichità, dedicati parzialmente anche alla musica, diventano nell’alto Medioevo riferimenti imprescindibili per la messa a punto di specifiche teorie musicali. Fra questi spiccano tre opere basilari, tutte risalenti ai secoli IV-V dell’era cristiana: il commento di Calcidio al Timeo di Platone, il commento di Macrobio al Sogno di Scipione di Cicerone – sola parte superstite del perduto De re publica e infine le Nozze di Mercurio e Filologia di Marziano Capella.
Il commento di Calcidio, autore cristiano che però non lascia trapelare i contenuti della sua fede, è fondamentale in quanto trasmette al Medioevo la conoscenza dell’opera di Platone sulla filosofia naturale. Il Timeo del filosofo ateniese verte sull’origine del mondo e sulla struttura dell’universo, e presenta un grandioso mito cosmogonico nel quale la divinità, il demiurgo, opera attraverso il linguaggio matematico, strutturando l’anima del mondo e i moti cosmici secondo i valori proporzionali degli intervalli della scala musicale pitagorica. L’armonia del mondo è quindi matematico-musicale, secondo l’impostazione sviluppata anche da Boezio nel concetto di musica mundana. Calcidio considera la musica una scienza, cioè un insieme di saperi tecnici, grazie alla quale è possibile fare chiarezza sulle oscure operazioni demiurgiche; la techne musicale ha, dunque, la funzione di introdurre la mente umana alla comprensione filosofica del mondo. Le principali questioni prese in esame da Calcidio nella sezione musicale del suo commento sono due: la rappresentazione musicale della struttura armonica dell’universo e la relazione fra musica e linguaggio. Quanto al primo punto, la sua lettura dell’armonia cosmica come una scala di suoni aiuterà i teorici, a partire dall’età carolingia, a concepire gli intervalli musicali in termini matematici, con l’intervallo di ottava inteso quale principio di costruzione della scala stessa. La scala messa a punto da Calcidio è infatti una successione di gradi espressi da numeri interi, compresi fra 192 e 348, e corrisponde nella successione degli intervalli all’attuale scala di Do maggiore. La scala calcidiana è stata utilizzata a partire dal secolo X a fini teorici, per l’intonazione delle canne dell’organo e, talvolta, del monocordo, ma non ha avuto un’utilità specifica per il canto. È stata inoltre importante anche nell’ambito della teoria della musica polifonica, per la messa a punto del concetto di consonanza e dissonanza. Quanto al rapporto fra musica e linguaggio, Calcidio sottolinea che gli intervalli musicali e la voce umana si organizzano in strutture fra loro analoghe. La lettera dell’alfabeto è infatti simile a un singolo suono, la sillaba è come l’intervallo musicale, mentre la parola ricalca una struttura scalare. Nella spiegazione di Calcidio è evidente un’attenzione inedita al contesto della vocalità umana: la teoria della musica si occupa anche del processo di fonazione. Anche questa riflessione sarà rilevante nei trattati musicali medievali a partire dall’età carolingia, in particolare perché giustifica la presenza, nelle varie modalità dell’intonazione vocale, della stessa radice matematica che fonda la scienza armonica.
Come nel commento di Calcidio al Timeo, così nel commento di Macrobio al Sogno di Scipione la sezione musicale è centrata sulla struttura armonica dell’universo, espressa attraverso la stessa scala musicale timaica. L’opera ciceroniana è un dialogo onirico che si svolge in cielo fra Scipione l’Africano e il nipote Scipione Emiliano, il quale ammira la perfezione dell’universo. La musica del cosmo, ricalcata sul modello platonico, si “concretizza” nella meravigliosa armonia prodotta dalla rotazione delle orbite planetarie, secondo gli stessi principi seguiti anche da Boezio nella sua concettualizzazione della musica mundana: i pianeti emettono suoni più acuti o più gravi a seconda della maggiore o minore velocità di rotazione, creando nell’insieme un accordo meraviglioso ma impercettibile all’uomo a causa delle rapidissime rivoluzioni dei corpi che lo producono. Tuttavia, l’uomo e la natura intera vivono di riflesso l’armonia cosmica, in quanto l’anima degli uomini e la disposizione degli enti naturali riproducono nella loro struttura, anche se in modo imperfetto, le stesse mirabili proporzioni celesti che l’uomo stesso realizza anche praticamente, con l’esercizio della musica.
Un simile inquadramento della teoria della musica come scienza matematica che introduce alla comprensione filosofica del cosmo è espressa anche nella più grande opera enciclopedica pagana prodotta nella tarda antichità, le Nozze di Mercurio e Filologia del cartaginese Marziano Capella. Quest’opera prosimetrica è un grandioso mito allegorico sul matrimonio del dio Mercurio, personificazione dell’eloquenza e dell’intelletto, con la mortale Filologia, che simboleggia l’anima umana. Le loro nozze indicano l’ascesa dell’anima all’immortalità, grazie all’esercizio della ragione. Filologia, superando una serie di prove che le consentono di ascendere di cielo in cielo, merita, quale dote dello sposo, l’omaggio delle sette arti: le tre del linguaggio (grammatica, dialettica e retorica) e le quattro matematiche (aritmetica, geometria, astronomia e musica). L’ordine di presentazione delle rispettive personificazioni vede il culmine della raggiunta perfezione di Filologia proprio nell’insegnamento musicale, o meglio armonico, visto che è impartito dalla fanciulla Armonia. La disposizione delle arti proposta da Marziano è originale rispetto a quella più diffusa, accolta da Boezio, che vede al gradino di partenza l’aritmetica (scienza del numero in sé), poi la geometria (scienza della grandezza in sé), poi la musica (scienza del numero in relazione, o in movimento) e infine l’astronomia (scienza della grandezza in movimento). Ma la scelta di Marziano Capella non è casuale. Lo studio della musica consente infatti di cogliere la ragione della perfezione universale, e quindi di arrivare alla causa del movimento celeste, fonte prima di ogni armoniosa perfezione, celeste e terrestre. Il progressivo avanzamento nella catena dei saperi umani culmina quindi con la musica, che illustra la mirabile unità del mondo divino e di quello naturale. Armonia, al cospetto degli dei olimpici e degli sposi, si presenta come una intelligenza cosmica (extramundana intelligentia), sorella del cielo e dispensatrice sulla terra della celeste armonia, secondo l’impostazione filosofica neoplatonica, mediata dalla religione astrale tardo-imperiale.
Marziano Capella
Origini mitiche della Filologia
Le nozze di Filologia e Mercurio, IX, 921-922
Poiché la inintelligibile immensità della divina potenza creatrice mi aveva generata […] sorella gemella del cielo, io non ho trascurato i numeri associando i fulgori celesti roteanti alle varie consonanze musicali, e questo perché ho seguito i percorsi della rivoluzione siderea e le stesse rotazioni dell’intero universo: ma quando quella che è la divina monade e la forma prima della luce intelligibile diresse verso gli abitacoli terrestri le anime emananti dalle fonti, ricevetti l’ordine di scendere sulla terra quale moderatrice di esse: dunque io stessa regolavo, assegnando a ciascuna cosa la sua armonia, i numeri dei movimenti razionali e gli impulsi dell’intera volontà.
Marziano Capella, Le nozze di Filologia e Mercurio
L’interesse dei teorici medievali della musica nei confronti dell’esposizione dei saperi musicali nelle Nozze è volta anzitutto al tema della musica cosmica, come si evince dall’ampio apparato di glosse anonime a corredo di moltissimi codici altomedievali che trasmettono quest’opera; fra esse meritano almeno di essere ricordate le due interessanti serie di annotazioni attribuite al maggiore filosofo d’età carolingia, Giovanni Scoto Eriugena. Costui, grazie anche alla conoscenza dell’opera di Marziano, sviluppa qui e in altri suoi scritti un’idea di musica come disciplina preposta alla comprensione dell’ordine universale. Anche il monaco Remigio di Auxerre utilizza le annotazioni attribuite all’Eriugena nelle sue Glosse sulle Nozze, scritto che verrà considerato un’autorità nell’ambito della speculazione musicale perfino in età umanistica.
Contemporaneo di Boezio, il romano Cassiodoro, anch’egli collaboratore del re Teodorico e, successivamente alla disfatta del regno goto, fondatore e monaco del monastero di Vivarium, scrive per i suoi confratelli un’opera didattica di vasto respiro e di indiscussa popolarità nel Medioevo, le Institutiones divinarum et secularium litterarum. Il secondo dei libri che la compongono è dedicato alle arti liberali, che Cassiodoro esamina in prospettiva cristiana. Come già avevano fatto i più antichi Padri della Chiesa, anch’egli paragona le sette arti ai sette pilastri del tempio della Saggezza, il tempio biblico di re Salomone (Proverbi IX, 1). Questa immagine, adottata ripetutamente nell’alto Medioevo per inquadrare il rapporto fra la filosofia e le discipline liberali, pone le sette arti a fondamento di ogni umano sapere; ma, seguendo l’ideale di una sapienza fondata nella Bibbia, Cassiodoro rinnova i contenuti della scienza musicale, includendovi l’esegesi dei numerosi passi biblici che alludono al canto, agli strumenti musicali, alla perfezione dell’opera della creazione e alla rispondenza fra l’armonia del creato e l’armonia interiore. Nella prospettiva di Cassiodoro, la musica si allarga a comprendere tutte le azioni della vita, in quanto ogni atto e ogni creatura sono sottoposti ai ritmi musicali.
Cassiodoro
La scienza della Musica
Istitutiones, Libro II
La scienza della musica è presente in tutte le azioni della nostra vita, soprattutto se osserviamo i comandamenti del Creatore e adempiamo con mente pura alle regole da lui fissate: infatti è dimostrato che ogni parola pronunciata e ogni movimento interiore provocato in noi dalla pulsazione delle vene è collegato mediante i numeri musicali al potere dell’armonia. La musica, infatti, è la scienza dell’esatta modulazione; se viviamo sotto virtù siamo sempre sotto tale disciplina. Quando ci comportiamo in modo ingiusto non abbiamo musica, e anche il cielo e la terra e tutto ciò che si compie per dispensa divina non esiste senza disciplina musicale, perché Pitagora afferma che l’universo fu fondato ed è governato attraverso la musica.
Cassiodoro, Istitutiones
Oltre alle Istituzioni di Cassiodoro, l’opera enciclopedica in assoluto più influente e costantemente citata nel Medioevo è Etimologie di Isidoro, vescovo di Siviglia nel regno visigoto del VII secolo. Isidoro è un appassionato divulgatore culturale che, a differenza di Cassiodoro, indirizza la sua opera intellettuale non ai monaci, ma agli ecclesiastici e ai funzionari del regno. Come anche Marziano Capella e Agostino, Isidoro divide la musica in armonica, ritmica e metrica, ma la sua suddivisione rivela un’ormai diversa sensibilità musicale. Egli infatti vi integra un nuovo inquadramento del suono musicale, il quale è inteso da Isidoro come la “materia” del canto: è armonico il suono della voce umana, organico quello degli strumenti a fiato, ritmico quello degli strumenti a percussione. Tale distinzione consente al vescovo di Siviglia di sviluppare un’indagine lessicologica assai dettagliata sulle qualità del suono e della voce: il suono può essere chiaro, scuro, acuto, dolce, soave, grave e così via; la voce è invece aspra, cieca, soffocata, ampia, dimessa ecc. In tal modo Isidoro espande la terminologia della teoria musicale, aggiungendovi le parole dell’estetica dei suoni. Anche le sezioni sulla musica organica e ritmica contengono una parallela indagine lessicologica. L’esposizione dell’organologia verte sugli strumenti della Bibbia, che si prestano a rivelare curiose – ovviamente per la nostra sensibilità – etimologie moraleggianti. Gli strumenti sono minuziosamente esplorati nella forma, nelle modalità di impiego, nei materiali e nella tecnica di costruzione, tutti elementi che concorrono a determinarne i significati simbolici ed etici. Fra le presunte derivazioni etimologiche, la più nota e frequentemente ripetuta nei trattati medievali è relativa proprio alla parola “musica”, fatta derivare da Moys (Mosè), che significa “acqua”. Come ribadisce Remigio di Auxerre nel suo commento a Marziano Capella, le Muse stesse rinviano al significato di “acqua” (in quanto “nate dalle fonti”) e la musica strumentale nel suo insieme sarebbe stata scoperta “nei flutti delle acque”.
La fortuna riscontrata da affermazioni come queste, nelle quali possiamo rintracciare la compresenza di elementi mitologici desunti dalla cultura pagana e simbolici derivati dalla Bibbia, è stata ampia e durevole: trasmesse anche in estratti, le pagine sulla musica di Isidoro contribuiscono ad alimentare la letteratura pedagogica ed enciclopedica dall’età carolingia in avanti, oltre che le sezioni organologiche dei trattati medievali sulla musica. Poco spazio è invece dedicato alla matematica musicale, che interessa a Isidoro solo in relazione al tema dell’armonia cosmica, ovviamente declinata in senso cristiano. Inoltre, Isidoro riprende il tema platonico dell’ethos musicale, cioè dell’influsso che la musica esercita sulla psiche umana, e anche in questo contesto egli non manca di attualizzarne i contenuti alla luce della Bibbia.
Isidoro di Siviglia
Benefici della musica
Etimologie, Libro III
La musica calma gli spiriti agitati, come si legge di re Davide, che liberò Saul da uno spirito maligno sfruttando l’arte musicale […]. Ogni parola che pronunciamo, ogni battito delle nostre vene, è connesso dai ritmi musicali al potere dell’armonia.
Isidoro di Siviglia, Etymologiae
Gli autori successivi a Cassiodoro e Isidoro, come il monaco inglese Beda il Venerabile, e poi gli intellettuali d’età carolingia, come ad esempio Rabano Mauro nel suo De universo riprendono lo stesso inquadramento della musica proposto dal monaco di Vivarium e dal vescovo di Siviglia, spesso estrapolando interi passaggi dalle loro opere enciclopediche. Di Rabano Mauro, in particolare, è assai diffusa la classificazione e minuziosa descrizione simbolica degli strumenti biblici.