MUSE (Μοῦσαι, Musae)
Le M. sono in origine divine cantatrici. Omero (Il., i, 603 ss.) descrive com'esse cantino durante il banchetto degli dèi dell'Olimpo, mentre Apollo le accompagna col suono della lyra. Entrambi i poemi omerici cominciano con un'invocazione del poeta alle M.: è vero che nel primo verso dell'Iliade si parla genericamente di una dea (Il., i, 1; cfr. Od., i, 10) ma nel luogo corrispondente dell'Odissea la musa è nominata senza equivoco (Od., i, 1; cfr. Il., ii, 484). È certamente strano che nell'Iliade si dica che la dea "canti", nell'Odissea invece, che la musa "dica". In questo si manifesta nella storia degli antichi canti eroici, l'importante passaggio dal canto alla parola, dagli aedi ai rapsodi. Si mostrerà che anche nell'arte figurativa la rappresentazione delle M. muta in modo simile. Nell'Iliade le M. non sono solo invocate come dee, che concedono al poeta la riuscita della sua opera (cfr. Od., viii, 488), ma nella narrazione figurano come personaggi allorché allietano col canto, insieme con Apollo, gli dèi al banchetto (Il., i, 603 ss.); compaiono come un coro, con Apollo che suona la lyra e le dirige. Già nella poesia omerica sono un gruppo di nove (Od., xxiv, 6o ss.). Questi sono tutti i luoghi omerici dove si parla delle M.; non si indicano ancora i loro nomi una per una; il che avviene solamente in Esiodo (Theog., 77 ss.) dove ritorna il numero nove. Zeus è detto loro padre e Mnemosyne loro madre (Theog., 57 ss.). Calliope "dalla dolce voce" è espressamente indicata come la più illustre delle nove; cosa confermata anche da Platone (Phaidros, 259, d). Si può presumere che Calliope sia stata una musa originaria e che le invocazioni di Omero ad una sola musa si riferiscano a lei. Le M. di Esiodo abitano le cime dell'Elicona (Theog., 1 ss.); cantano mentre Apollo tocca la lyra (Aspis, 200 ss.), ballano ed allietano Zeus e gli altri dèi (Theog., 36 ss.).
Dato il gran numero di menzioni e di monumenti relativi alle M., si distinguono qui con numeri progressivi che trovano riscontro nell'elenco dei "monumenti considerati".
1) Merita particolare attenzione il racconto che Esiodo fa della sua consacrazione alle M. (Theog., 26 ss.): Esiodo era un pastore di agnelli sull'Elicona, finché ivi le M. gli ispirarono voce divina e gli rivelarono il passato e il futuro e gli insegnarono eletti canti. La rappresentazione di una pisside a fondo bianco, a Boston, è stata interpretata come la consacrazione alle M. di Esiodo. Grazie agli strumenti musicali, sei fanciulle sono state a ragione riconosciute come le M., sebbene siano solo sei e non ci sia scritto alcun nome. In disparte da esse, tra due alberi, c'è un pastore visto di faccia, e un bove. Recentemente W. Peek ha fatto notare che Esiodo era un pastore di pecore e che qui invece è raffigurato un pastore di vacche. Un'iscrizione di Paro narra ora di una consacrazione alle M. di Archiloco: mentre costui riconduceva una mucca dal pascolo, s'imbatté in alcune donne che vollero prendergli la mucca; all'improvviso non si videro più né le donne né la mucca e Archiloco avrebbe trovato una lyra ai suoi piedi. Dopo i primi momenti di paura egli avrebbe riconosciuto che gli erano apparse le M. per dargli la lyra. N. Kondoleon, lo scopritore dell'iscrizione di Paro, credeva di poter interpretare la rappresentazione delle M. sulla pisside di Boston come la consacrazione di Archiloco, a causa della presenza del pastore di vacche. Ma neppure questa interpretazione è certa, secondo W. Peek.
Sebbene le M. abbiano raggiunto il numero di nove già in Omero ed Esiodo, esso diviene canonico soltanto con gli alessandrini. Fino ad allora oscilla e nella tradizione letteraria e in quella figurativa. Per esempio Eraclito intitolò i tre libri della sua opera con i nomi di tre M., e all'origine il numero di tre sembra essere stato il più frequente. Erodoto, invece, ha contrassegnato i nove libri della sua Storia con le nove Muse. La loro sede è, secondo Omero, l'Olimpo (Od., ii, 484), secondo Esiodo l'Elicona. Di M. eliconie parla anche Euripide nell'Eracle furioso (991), ma poi in altro luogo il medesimo poeta parla di M. piene (Medea, 830 ss.; Ifigenia in Auliide, v. 1036 ss.). Già Esiodo (Aspis, 201 ss.) conosce la Pieria, la regione a N dell'Olimpo, come sede delle Muse. Veramente, a questo riguardo la tradizione non è unitaria, come non lo è circa l'attività delle Muse. Mentre per Omero esse sono esclusivamente cantatrici, il che poi è confermato da molti dei loro nomi, si moltiplicano subito le indicazioni sulla loro attività strumentale. Nell'inno omerico ad Hermes (v. 450 ss.) gli aulòi accompagnano il canto e le parole delle M.; amanti dell'aulòs le chiama Sofocle (Antig., 965). La melodia della lyra caratterizza le M. in Aristofane (Rane, 225). Alla fine la loro natura si è così mutata, che da M. cantanti e musicanti sono divenute in Platone "Muse filosofiche" (Filebo, 67, b). Non c'è altro da aggiungere sull'estesa tradizione letteraria intorno alle M., poiché qui meritano solo di essere citati i fatti che siano importanti per la comprensione dei monumenti archeologici.
Nel territorio dell'Elicona, ove secondo Esiodo (Theog., 100) le M. danzavano all'altare di Zeus presso la fonte Hippokrene, e si bagnavano nelle acque del Permessos, è da cercare uno dei più famosi centri di culto delle Muse. 2) Per ultimi i Francesi nella valle delle M. hanno fatto ricerche, portando alla luce un altare monumentale e un portico ionico; poiché manca un tempio, questo luogo di culto deve essere stato semplicemente un bosco senza tempio. A poca distanza sono stati scoperti i resti di un teatro. Tali monumenti risalgono certo all'epoca ellenistica, pare al III sec. a. C.: sicuramente però il culto delle M. era ivi più antico, poiché si dice che i mitici Aloadi avevano sacrificato alle M. presso l'Elicona (Paus., ix, 28, 1). 3) A Tespie, che si stende davanti alla valle delle M., Pausania (ix, 27, 5) vide presso il mercato un tempietto delle M., i cui resti sono stati trovati negli scavi ed identificati grazie a un iscrizione. 4) Lo stretto nesso che lega Apollo alle M., induce a presupporre un santuario delle M. a Delfi; Plutarco (De Pyth., xvii) menziona qualcosa di simile; ma purtroppo basandosi sugli scavi, ad onta delle supposizioni, non si è potuto accertare nulla. L'iscrizione di Paro, menzionata prima, attesta ivi un tèmenos, un Archilocheion, in cui le M. erano venerate con Apollo e Mnemosyne da un lato, Dioniso con le M. e le Horai dall'altro. 5) Anche in alcuni altri luoghi (come ad esempio Crotone, Megalopoli, Olimpia, Sparta, Taranto, Tespi, Trezene) secondo testimonianze letterarie o epigrafiche, si trovavano centri di culto delle Muse. In nessun caso il culto delle M. è stato particolarmente diffuso. 6) Menzione speciale merita alla fine il tèmenos delle M., che Platone aveva consacrato nella sua Accademia. 7) A prescindere dallo scudo di Eracle descritto da Esiodo, nella tradizione archeologica le raffigurazioni si iniziano con un'opera che purtroppo è nota solo attraverso la descrizione di Pausania (v, 18, 4), l'Arca di Kypselos sulla quale erano raffigurate le M., probabilmente in numero di quattro o cinque, ai lati di Apollo. Pausania parla di ulteriori rappresentazioni delle M., nel primo periodo dell'arte greca, sull'altare di Giacinto ad Amicle (iii, 19, 5). 8) Pochi decennî dopo l'Arca di Kypselos, che è da collocare intorno al 600 a. C., fu creata la prima, ed una delle più importanti rappresentazioni delle M. a noi conservate: il gruppo delle M. nel corteo degli dèi sul cratere di Kleitias e Ergotimos, il cosiddetto vaso François. Questa raffigurazione è importante non solo perché le M. sono già nove, ma soprattutto perché sono nominate una per una, come accade anche in Esiodo: Calliope, Urania, Talia, Euterpe, Clio, Melpomene, Tersicore, Erato, Polimnia. Calliope guida la fila e spicca tra le altre anche per il fatto che suona una sỳrinx. Circostanza singolare, perché in tutta l'antichità questa è l'unica raffigurazione di una musa che suona una sỳrinx, e perché con questo atto si viene a negare la bella voce alla quale la dea deve il suo nome. Il particolare si può forse spiegare, pensando che il pittore, per mezzo di uno strumento musicale, intendeva rappresentare che ivi si faceva musica, al modo in cui raffigura Dioniso con la brocca del vino. Anche il fatto che Kleitias ha dipinto il volto di Calliope di fronte si deve probabilmente al fatto che nella pittura antica non si poteva esprimere l'atto di suonare la sỳrinx se non evitando di mostrare lo strumento di profilo. Su nessun altro monumento di arte figurativa greca troviamo le M. tutte al completo e nominate una per una.
9) Sebbene le M. compaiano spesso sulle pitture in ceramica, nominate con una scritta o riconoscibili per uno strumento a corda, mai sono in numero completo.
10) Kleitias dipinse probabilmente un secondo vaso con un gruppo di M., poiché è certamente di sua mano un coccio con la scritta [o]pania, proveniente dal versante N dell'Acropoli. Non s'incontra nessun'altra raffigurazione delle M. nella ceramica a figure nere; esse riappaiono in vasi figure rosse e non nel periodo arcaico ma, per la prima volta, nel V sec. a. C. Tra le M. nominate per iscritto, Calliope è dipinta più spesso di tutte, come la più importante. Seguono con poco scarto, Tersicore e Talia; poi Clio, Urania, Melpomene e Erato, infine Polimnia ed Euterpe. Questa successione può essere però casuale: a parte la predominanza di Calliope, non si può dare ad essa nessun altro significato. Molto spesso le M. nominate per iscritto sono anche fornite di uno strumento. Si tratta, con poche eccezioni, di strumenti a corda, cioè per lo più della lyra e meno spesso del bàrbiton e dell'arpa. È singolare che manchi la possente cetra. Prescindendo dalla sỳrinx di Calliope sul cratere di Kleitias, compaiono solo due volte gli aulòi doppi ed una volta il timpano. Questa situazione è comunque caratteristica in quanto la lyra e la cetra sono soprattutto adatte alle M., essendo strumenti apollinei. Strumenti a fiato e a percussione non sono riconosciuti come strumenti delle M., ma appartengono al regno di Dioniso e al culto orgiastico. L'arpa comincia a prendere importanza nel corso del V sec. a. C., e le M. devono adattarsi immediatamente alla nuova moda e al gusto di strumenti virtuosistici, ricchi di suoni. Non si approfondisce oltre l'argomento delle raffigurazioni delle M. nella ceramica, ove non siano indicate con la scritta: ogni nuova identificazione prova l'uso di strumenti musicali proprio come le raffigurazioni coi nomi delle Muse.
Perciò nel V sec. le M. non sono più esclusivamente cantatrici, come erano in principio. Anche se alcune tra di loro hanno ricevuto diversi strumenti, questo non indica alcuna individualizzazione, poiché gli strumenti possono essere scambiati, come per esempio l'arpa e gli aulòi a Melpomene.
Nella ceramica le rappresentazioni delle M. si possono seguire fino a circa il 400 a. C. Fino ad allora non ci sono pervenute statue delle M. nel campo dell'arte plastica: tuttavia secondo la tradizione letteraria, esistevano già precedentemente statue delle Muse.
11) Nel periodo tardo-arcaico gli scultori Aristokles, Kanachos e Ageladas crearono un trittico di M., probabilmente per Sicione. Pausania riferisce di figure di M. nel frontone del tempio di Apollo a Delfi; secondo lui le aveva scolpite Praxias, scolaro di Kalamis (x, 9, 3). Questa notizia però è molto problematica.
12) Dagli scavi francesi si è accertato che Pausania può aver visto non il frontone arcaico del tempio di Apollo (di cui sono stati trovati notevoli resti, ma verisimilmente nessuna statua di musa) bensì soltanto il frontone del nuovo edificio eretto dopo la distruzione del tempio arcaico, nell'anno 373 a. C. Se effettivamente un Praxias scolpì le statue del frontone per questa nuova costruzione, in tal caso egli non può essere allievo dell'arcaico scultore Kalamis: o esisteva un secondo Kalamis più giovane, o si tratta di un errore di Pausania. 13) Bisogna ricordare infine, nell'epoca arcaica, uno scultore, Lesbothemis di Mitilene, il quale scolpì una statua di una musa con la sambỳke. Dal IV sec. a. C., secondo la tradizione letteraria le M. compaiono più spesso nell'arte plastica. 14) Nel IV sec. stesso si conoscono statue dei seguenti scultori: Kephisodotos, Strongylion, Olympiosthenes, Prassitele e Lisippo; nel II sec. di Damophon di Messene e di Prassitele il Giovane. In Plinio (Nat. hist., xxxv, 66) si parla di un gruppo delle M. che prima si trovava in Ambracia e che, asportato nel 187 a. C. da Fulvio Nobiliore, fu collocato a Roma nel tempio di Hercules Musarum. Plinio (Nat. hist., xxxvi, 34) parla inoltre di un secondo gruppo di M. a Roma, cioè espressamente nove M. in connessione con Apollo, Artemide e Latona. Era collocato nel tempio di Apollo, presso il portico d'Ottavia ed era indicato come opera di Philiskos di Rodi. Di tutte queste statue di M. di cui ci parla la tradizione letteraria e di poche altre importanti di cui si fa menzione, non è dato di riconoscerne alcuna con assoluta certezza nei monumenti archeologici a noi pervenuti, per quanto si sia tentato spesso e con ogni mezzo. 15) Del gruppo di M. di Ambracia per il quale si ha il terminus ante quem nel 187 a. C., ci è pervenuta solo l'iscrizione della base; le statue sono andate perdute; molto probabilmente sono state riprodotte su una serie di monete di Q. Pomponio Musa, ma nessuna statua tra quelle conservate si è potuta mettere in connessione con i ritratti di M. di queste monete.
16) Con le M. di Philiskos le cose vanno appena meglio: "Philiskos, figlio di Policarmo da Rodi" si legge come firma dell'artefice su una base di statua che è stata trovata a Taso: davanti alla base giaceva una frammentaria statua femminile vestita. M. Schede, dopo un'approfondita ricerca di questo reperto, è pervenuto alla conclusione che l'iscrizione per motivi prosopografici e paleografici, sia da datare poco innanzi la metà del I sec. a. C. e che l'iscrizione e la statua non debbano influenzare in modo determinante il nostro concetto dell'epoca e dell'arte di Philiskos, poiché da un lato non risulta chiaro il rapporto tra la statua frammentaria e la base; dall'altro difficilmente l'iscrizione è stata scritta da Philiskos.
17) Alle M. di Philiskos nel tempio di Apollo presso il portico di Ottavia, fu accostato una volta il gruppo di M. che nel 1774 fu rinvenuto presso Tivoli, ed ora conservato in quella sala del Museo Vaticano che da lui prende nome. Le sette statue costituiscono un gruppo unitario dal punto di vista stilistico; gli originali da cui furono copiate erano verisimilmente di bronzo, piuttosto che in marmo. Sull'età degli originali vi sono opinioni divergenti: una datazione è fissata in epoca tarda intorno al 150 a. C. e un'altra nell'epoca seguente di una generazione circa a Prassitele, verso il 300. Quest'ultima ipotesi che G. Lippold difese attenendosi a W. Amelung, dovrebbe essere quella giusta.
18) Nel rilievo, le nove M. s'incontrano in un bassorilievo votivo di mano di Archelaos di Priene: la cosiddetta Apoteosi di Omero. L'opera mostra all'estremità superiore, probabilmente sulla cima di un monte, Zeus che riposa, contrassegnato dallo scettro e dall'aquila, e accanto a lui, spiccante per grandezza, Mnemosyne, la madre delle Muse. In questa fascia e in quella mediana seguono le nove M. e in mezzo a loro Apollo come citaredo. Tre M. stanno sedute, sei stanno in piedi. Alcune hanno gli attributi proprî, tra cui i noti strumenti a corda, cetra e lyra, e gli aulòi doppi. Notevoli, come nuovi attributi sono: il rotolo scritto, il dìptychon e il globo. Purtroppo alle M. non sono apposte le iscrizioni dei loro nomi come nelle altre figure della fascia inferiore del rilievo di Archelaos. La denominazione individuale era certamente meno usuale di quanto piuttosto non fosse casuale o accidentale l'asseguazione dei nomi. Secondo particolarità epigrafiche il rilievo di Archelaos è collocato intorno al 125 a. C. Secondo il tipo statuario nessuna delle M. raffigurate può essere messa in relazione con le M. del Vaticano; invece tra di loro si trovano due M. riconoscibili tra i monumenti statuarî a noi conservati, i cui originali perciò devono essere datati prima del 125 a. C.
19) Una è la cosiddetta Polimnia, il cui busto è chinato in avanti e che appoggia il gomito ad un supporto.
20) L'altra è una statua in piedi con mantello che; in base alla copia migliore, è chiamata Musa di Venezia. Nelle particolarità stilistiche, nella posizione del corpo e nella sovrapposizione delle vesti, la Musa di Venezia si distingue notevolmente dalle M. del Vaticano e nella storia dell'arte trova invece il suo posto tra due statue originali di Delo, la Cleopatra di circa il 138-37 e l'Iside del 128-27.
Questa creazione statuaria era dunque del tutto nuova quando Archelaos di Priene la copiava sul rilievo votivo.
21) Tutte e due le M., la cosiddetta Polimnia e la Musa di Venezia ricompaiono ancora una volta su un bassorilievo, la base circolare di Alicarnasso che è conservata al British Museum, come il rilievo di Archelaos. La base circolare dovrebbe essere un po' più recente del rilievo e dovrebbe essere situata cronologicamente a cavallo del II e del I secolo.
Entrambi i bassorilievi hanno evidentemente in comune una terza musa: nel rilievo di Archelaos in alto a destra la musa che danza e nel rilievo di Alicarnasso la musa che si appoggia ad un albero.
22) Questa danzatrice si ritrova anche tra le raffigurazioni statuarie delle M., e cioè tra le statue della sala delle M. delle Terme di Faustina a Mileto. Di questo gruppo di Mileto sono state conservate sei statue di M., nessuna delle quali però corrisponde ad alcuna delle M. vaticane; d'altra parte una è replica della Musa di Venezia. Il gruppo originale da cui dipendono entrambe le opere a rilievo e le M. di Mileto, deve essere stato creato nell'Asia Minore meridionale. Potrebbe forse trattarsi del gruppo che creò Philiskos di Rodi. Questo è tutto intorno alle rappresentazioni greche delle M. fino alla fine dell'ellenismo. Dall'epoca imperiale romana si conoscono rappresentazioni delle M., in primo luogo su sarcofagi e mosaici precedute da alcune raffigurazioni sporadiche nell'arte industriale e nella pittura.
23) Menzioniamo una pittura parietale pompeiana dalla Casa di Epidio Sabino. Per quanto lascia capire lo stato di conservazione le M. erano indicate con iscrizioni: Euterpe è caratterizzata da una lyra. Su questa pittura le M. circondano il citarista Orfeo che occasionalmente è detto figlio di Calliope. Nel cerchio delle M. ha trovato posto anche Eracle. In qual senso questa divinità sia entrata in collegamento con le M. è ignoto.
Fondati collegamenti sembrano tuttavia essere esistiti almeno in tempi romani: tanto è vero che le M. di Ambracia erano state collocate in un tempio di Eracle.
24) Raffigurazioni di M. s'incontrano nel corso della primissima epoca imperiale, nella ceramica a rilievo di Arezzo e cioè su vasi di M. Perennius Tigranus, i quali sono da collocare tra il 25 e il 10 a. C. I nomi delle M. sono aggiunti: occasionalmente una musa ha con sé un proprio attributo, così Tersicore un rotolo, Euterpe, come sulla pittura parietale pompeiana, una lyra; su un vaso Euterpe è raffigurata insieme con Clio e con Eracle, espressamente indicato come ΗΡΑΚΛΕC ΜΟCΩΝ.
Una pubblicazione sui sarcofagi delle M. è in preparazione da parte di M. Wegner, per il Corpus degli antichi bassorilievi dei sarcofagi.
25) Per primo bisogna nominare un notevole gruppo di sarcofagi provenienti dall'Urbe, sul cui lato visibile sono raffigurate esclusivamente le nove Muse. Sono tutte individualizzate da differenti attributi, talora anche dalla posizione e dal gesto. Ad esempio sul sarcofago del Louvre, da sinistra a destra con un rotolo, maschera comica, il dìptychon, aulòi doppi, persona che si appoggia (Polimnia), lyra, cetra, globo e maschera tragica. A parte la cosiddetta Polimnia, nessun tipo statuario delle statue greche di M. menzionate sopra, è chiaramente riconoscibile. Tutt'al più si può confrontare la M. con la maschera tragica vaticana dal piede sinistro alzato, la quale è anch'essa munita di maschera tragica, e la terza M. del sarcofago del Louvre con la Musa di Venezia. Quest'ultimo confronto è tanto più fondato se la M. del sarcofago originariamente invece del rotolo, teneva nella destra almeno un dìptychon.
26) Non meno frequenti sono i sarcofagi romani sul cui lato visibile alle nove M. si aggiungono Apollo con la cetra e Atena con l'egida, l'elmo e la lancia. I sarcofagi di questo gruppo si distinguono l'uno dall'altro in modo significativo per il posto che Apollo ed Atena occupano tra le M., per tacere di altre differenze.
27) Ci restano sporadici sarcofagi, i quali mostrano le nove M. soltanto con Apollo o soltanto con Atena. Accanto a questi gruppi di sarcofagi di M., relativamente antichi, le cui raffigurazioni si limitano a figure della mitologia, compaiono, soprattutto nel III sec. d. C., esemplari in cui le M. sono raffigurate insieme a ritratti dei trapassati.
28) Su di un considerevole gruppo di sarcofagi il coro delle M. costituisce una fila serrata di figure in piedi avanti alle quali appaiono, seduti su poltrone, a destra il morto ed a sinistra la sua sposa. A guardar meglio si riconosce che il coro delle M. consiste solo di otto figure e che la sposa del morto deve essere considerata come una nona Musa. Come tale, è contrassegnata da una lyra, mentre l'uomo è caratterizzato come poeta, filosofo o scienziato, per mezzo di rotoli scritti.
29) Occasionalmente s'incontrano dei sarcofagi sui quali il morto è rappresentato come nona M. e cioè non solo come uomo che si occupa di rotoli scritti, ma anche come condottiero.
30) Anche sui sarcofagi sul cui lato visibile appaiono le nove M. in connessione con Apollo ed Atena, Apollo può essere sostituito da un ritratto maschile e perfino da uno femminile.
31) Esistono anche sarcofagi di M. di singolare particolàrità, per esempio un sarcofago a fregio dell'Urbe con le nove M., in primo piano tra esse, forse, un ritratto femminile (?), e sullo sfondo cinque teste di uomini con barba che A. García y Bellido vorrebbe identificare con Omero, Socrate, Esiodo, Platone e Pitagora. Che tale identificazione sia possibile, sarà confermato dallo studio dei mosaici delle Muse. Oppure il sarcofago del Museo Torlonia, il quale unisce le nove M. con sette saggi, in maniera che nella prima fila uno di essi è raffigurato come il morto e davanti a lui, secondo il tipo della cosiddetta Polimnia, appare la sua sposa come nona M., mentre le altre otto M. occupano la fila posteriore del fregio.
32) Ci sono poi su certi sarcofagi anche uno o due riquadri con poeta o filosofo e una musa, oppure in riquadri simmetrici, uomo e donna circondati ognuno da due Muse.
33) Dei diversi tipi artistici sotto cui possono apparire i sarcofagi delle M.: sarcofagi a fregio, sarcofagi ad arcate, sarcofagi a nicchie a forma di conchiglia, sarcofagi tipo Sidamara, ecc., qui non si parla, perché la cosa non rientra nell'argomento.
34) Di maggiore interesse sarebbe la seguente questione di carattere generale: quanto la richiesta di sarcofagi di M. nell'epoca imperiale romana si spieghi soltanto con ordinazioni dei rappresentanti della vita culturale (così come un condottiero richiede un sarcofago con scene di battaglia), oppure se in questi sarcofagi delle M. trovi espressione il concetto di un particolare legame delle M. col culto dei morti. A questo proposito vogliamo ricordare la definizione delle sirene come "M. dell'Aldilà". Popolari come i sarcofagi delle M., nell'epoca imperiale romana sono i mosaici delle Muse.
35) K. Parlasca ha pubblicato un'ottima raccolta delle rappresentazioni delle M. nei mosaici romani, giungendo a una differenziazione in tre gruppi: busti di M. in campo proprio; M. in piedi o sedute; M. in connessione con poeti o saggi. I numerosi mosaici con busti di M. sono scenografie decorative per lo più senza importanza nell' iconografia. Il secondo gruppo corrisponde all'incirca a sarcofagi con argomenti esclusivamente mitologici. Oltre ad Apollo in un'opera a Spalato, alle nove M. si aggiunge anche Saffo. Di eccezionale interesse sono quei mosaici in cui le M. sono unite a poeti o saggi, come nel caso del sarcofago del Museo Torlonia.
36) Un mosaico a medaglione di Baalbek mostra nella superficie mediana verisimilmente la musa Calliope circondata da otto scomparti nei quali sono raffigurati i sette saggi e Socrate.
37) Il mosaico di Monnus a Treviri presenta speciale interesse, perché da esso si possono dedurre gli specifici collegamenti tra date M. e dati poeti o saggi: Urania col globo terrestre forma una coppia con Arato; Euterpe che tiene in mano due flauti, con Hyagnis; Clio, senza attributo, con Cadmo; purtroppo non si possono stabilire il compagno e i possibili attributi di Melpomene e di Polimnia. La parte alta e centrale di tutto il mosaico, che si distingue per la firma dell'autore, stabilisce il collegamento di Calliope con Omero e Ingenium: presso Calliope non si vede alcun attributo: forse era definita ancora, come in origine, quale cantatrice e per questo come Musa primigenia specialmente destinata ad essere in connessione con Omero. La caratterizzazione delle M. nel mosaico di Monnus a Treviri offre alla fine l'occasione di porci nuovamente la domanda sulla individualizzazione delle nove Muse. In questo mosaico che è da datare intorno alla metà del III sec. d. C., la rappresentazione, proprio come nei sarcofagi romani (ad esempio quello del Louvre), ricorre all'espediente di distinguere chiaramente ogni M. dall'altra e di indicarne il campo di attività grazie all'aggiunta di differenti attributi o grazie a speciali atteggiamenti. Tale caratterizzazione individuale non è in alcun modo originaria. A prescindere dalla questione se un'unica M. originaria non abbia preceduto le altre nove (come lascia supporre l'invocazione alla M. di Omero), all'inizio le M. si presentano come un coro, come un'unità indifferenziata. Poiché soltanto Apollo le accompagna con la sua cetra, e nessuna di esse suona uno strumento, le abbiamo denominate in breve cantatrici. Tuttavia questa è una immagine troppo ristretta. La parola, creata nella poesia, appartiene al canto e parimenti è danzata nelle evoluzioni corali. Sicché nelle M. le arti come noi siamo soliti ripartire astrattamente, sono ancora una unità non distinta in musica, poesia e arte figurativa; poiché nella danza l'uomo rappresenta se stesso al vivo come più tardi nell'arte plastica. Al pari di altre zone dello spirito anche con le M. la storia si inizia con l'unità per giungere alla molteplicità attraverso la differenziazione. Davanti alle raffigurazioni delle M. nell'età arcaica e classica sembra evidente la concezione che le M. si siano specializzate nell'esercizio della musica strumentale. Questo dipende soltanto dal fatto che l'artista non possiede alcun mezzo, nella rappresentazione, all'infuori degli strumenti musicali, per rendere evidente l'invisibile carattere aspecifico delle M.: egli è costretto a ricorrere ad un mezzo così drastico.
Specifiche funzioni di singole M. non si possono cogliere nell'arte figurativa fino alla fine dell'età classica. Gli strumenti sono distribuiti del tutto a caso e ad una stessa M. possono essere dati diversi strumenti in diverse raffigurazioni. Nell'ellenismo sembra che questo fatto cambi: per documentare si deve fare maggior affidamento su due bassorilievi del tardo ellenismo (il rilievo di Archelaos e la base di Alicarnasso), che non sulle copie romane di originali perduti. Nelle due opere le M. presentano attributi che fino a quell'epoca non si erano incontrati: cioè maschera, dìptychon, rotolo scritto e globo del cielo. Ciò significa che acquistano maggior importanza il recitare, lo scrivere e leggere e la conoscenza delle sfere.
Non ci si deve meravigliare del sorgere di una" scienza" come l'astronomia poiché originariamente anche gli studî astronomici, specialmente quelli di Arato, erano recitati in forma epica, come rispettivamente l'epos di Omero era inteso come "storia"; comunque è pur sempre un tratto caratteristico dell'ellenismo. Malgrado l'arricchimento d'attributi, rimane difficile riconoscere nelle due opere a rilievo determinati nomi e caratteristiche di ciascuna Musa. Il nome di Urania era naturalmente adatto a farla diventare la M. dell'astronomia e perciò ad assegnarle come attributo il globo. Ma non si può finora riconoscere chi siano le M. con la maschera, con il dìptychon e con il rotolo scritto. Si spera di trovare sui sarcofagi di M. e sui mosaici dell'epoca imperiale un appiglio per la denominazione individuale delle M., ma anche qui è difficile giungere ad una chiara e fondata ripartizione e denominazione. La cosa meno difficile è ancora nominare le nove M. genericamente secondo la loro funzione. La M. della tragedia, quella genericamente con maschera tragica; la M. della commedia quella con maschera comica; la M. del canto cerimoniale quella con la grande cetra; la M. del canto conviviale, quella con la lyra; la M. della danza e dei cori tragici quella con il doppio aulòs; e ancora la M. dell'astronomia quella con il globo del cielo. La M. che legge un rotolo scritto potrebbe essere la M. della storia; colei che si serve della tavoletta per scrivere, sarebbe la M. che scrive versi; e colei che senza attributo si esprime solo con i gesti del corpo, sarebbe la musa della danza muta pantomimica. Questa potrebbe essere una partizione e una differenziazione logica. Ma se si vuole procedere a nominare una per una le M. identificate con gli oggetti, in base a raffigurazioni fornite d'iscrizioni, soprattutto sui mosaici o sulla base di testimonianze letterarie, s'incontrano grandi difficoltà. Per esempio sul mosaico di Monnus a Treviri, Euterpe è raffigurata con l'aulòs doppio e conformemente il poeta dell'Anthologia Graeca, ix, 505, le assegna questo strumento. Al contrario nella poesia precedente (ix, 504) lei appare come una M. del coro tragico. Sulla pittura murale di Pompei, della quale si è già parlato, sembra che lei tenga in mano la lyra; sul frammcnto aretino suona la cetra grande. Non in tutti i casi il materiale confonde come in questo, ma se ci sono più testimonianze di raffigurazioni o di scritti, non si giunge quasi mai ad una chiara definizione come con Urania, per la quale le già citate poesie dell'Anthologia, convalidano gli attributi delle raffigurazioni, o anche come con Jalia che nelle due poesie è la M. della commedia. Questo è confermato da una pittura murale di Ercolano indicata da iscrizione, se ci si può fidare (in tal caso la statua di M. del Vaticano, n. 503, avrebbe avuto una giusta denominazione). Secondo le pitture parietali ercolanesi e secondo l'Anthologia Graeca, v, 222, Melpomene sarebbe la M. della tragedia; secondo le due poesie dell'Anthologia Graeca, ix, 504 e 505, essa è: in una la M. del canto epico e nell'altra, in contraddizione alla prima, è fornita di un bàrbiton che è lo strumento del canto conviviale. Sul mosaico di Monnus non è più distinguibile alcun attributo.
38) Nella plastica compaiono diverse M. con maschera tragica, ma a giudicare dal tipo statuario almeno tre sono completamente diverse una dall'altra. Ma sembra che per ora non possa avere alcun esito il tentativo di determinare e di nominare le M. una per una nelle loro speciali particolarità neppure durante l'età imperiale romana.
Monumenti considerati. - i) Pyxis Boston 98.887: J. D. Beazley, Red-fig., p. 458, Hesiod Painter, n. 1; W. Peek, in Philologus, ic, 1955, pp. 13 ss., 19 ss.; N. M. Kondoleon, in Eph. Arch., 1952, p. 32 ss. 2) Valle delle Muse: G. Roux, in Bull. Corr. Hell., lxxviii, 1954, p. 22 ss., fig. 1-23; E. Kirsten, in Pauly-Wissowa, xix, 1937, cc. 869-872, s. v. Permessos. 3) Tespie: P. Jamot, in Bull. Corr. Hell., xv, 1891, p. 659 4) Delfi: H. Pomptow, in Pauly-Wissowa, Suppl. iv, 1924, c. 1342 ss.; F. Courby, Fouilles de Delphes, ii, Topographie et architecture, 2, La terrasse du temple, Parigi 1927, pp. 183, 187. 5) Trezene: G. Welter, Troizen und Kalaureia, Berlino 1941, p. 13. 6) Atene, Accademia di Platone: W. Judeich, Topographie von Athen, 2a ed., Monaco 1931, p. 414. 7) Arca di Kypselos: W. v. Massow, in Ath. Mitt., xli, 1916, p. 66 ss. 8) Cratere di Kleitias: J. D. Beazley, Black-fig., p. 76; A. Furtwängler-K. Reichhold, Griechische Vasenmalerei, Monaco 1904, tavv. 1-2. 9) Vasi con M.: J. D. Beazley, Black-fig., Index, ii, p. 727; id., Red-fig., Index, ii, p. 983; M. Wegner, Das Musikleben der Griechen, Berlino 1949, pp. 11 ss., 220, passim. 10) J. D. Beazley, Black-fig., p. 682, pp. 76-78. 11) Anthologia Graeca, xvi, n. 220; G. Lippold, in Handbuch der Archäologie, iii, 1, Die Plastik, Monaco 1950, p. 86 ss. 12) Delfi, tempio di Apollo: T. Homolle, in Fouilles de Delphes, iv, fasc. 3, Parigi 1909, p. 15, tavv. 32-36; P. de la Coste-Messelière, Delphes, Parigi 1957, p. 324 ss., tavv. 138-147; G. Lippold, op. cit., p. 80 ss. 13) J. Overbeck, Schriftquellen, n. 2083; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, xii, 1925, c. 2133. 14) M. Mayer, loc. cit. in bibl., cc. 735-736; id., Die Musen des Praxiteles, in Ath. Mitt., xvii, 1892, p. 262-264. 15) O. Bie, Die Musen in der antiken Kunst, Berlino 1887, p. 24 ss., figg. 2-14; G. B. de Rossi, in Bullettino dell'Instituto, 1869, p. 7 ss.; S. B. Platner-Th. Ashby, A Topographical Dictionary of Ancient Rome, Londra 1929, p. 255, s. v. Hercules Musarum Aedes. 16) Philiskos: Plin., Nat. hist., xxxvi, 34; W. Amelung, Die Basis des Praxiteles aus Mantinea, Monaco 1894, p. 34 ss.; M. Schede, in Röm. Mitt., xxxv, 1920, p. 65 ss.; I. v. L., in Thieme-Becker, xxvi, Lipsia 1932, p. 552; A. Adriani, in Bull. Com., lix, 1931, p. 188 ss.; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, xix, 1938, c. 2388; id., op. cit., p. 383; M. Bieber, The Sculpture of the Hellenistic Age, New York 1955, p. 128 ss. Iscrizione di Philiskos: Th. Macridy Bey, in Arch. Anz., 1910, c. 144; id., in Gomptes Rendus de l'Académie des inscriptions, 1912, pp. 223, 226, 227, fig. 11, n. 1; G. Mendel, Catalogue des Sculptures Crecques, Romaines et Byzantines (Musées Impériaux Ottomans), i, Costantinopoli 1912, p. 345 ss., n. 136; iii, 1914, p. 557 ss., n. 1352; M. Schede, op. cit., pp. 65-69.17) G. Lippold, Die Skulpturen des Vaticanischen Museums, iii, 1, Berlino-Lipsia 1936, p. 21 ss., tavv. 4-7: Sala delle Muse nn. 499, 503, 505, 508, 511, 515, 517; id., in Röm. Mitt., xxxiii, 1918, pp. 91-101; R. Horn, Stehende weibliche Gewandstatuen in der hellenistischen Plastik, Monaco 1931, pp. 67-71. 18) Rilievo di Archelaos da Priene: A. H. Smith, Catalogue of Sculpture in the Department of Greek and Roman Antiquities (British Museum), vii, iii, Londra 1904, p. 244 ss., n. 2191; M. Schede, op. cit., p. 69 ss.; J. Sieveking, in Röm. Mitt., xxxii, 1917, p. 74 ss.; K. Schefold, Die Bildnisse der antiken Dichter, Redner und Denker, Basilea 1943, p. 148 con fig., p. 149, p. 213; C. Watzinger, Das Relief des Archelaos von Priene, in 63. Programm zum Winckelmannsfeste, Berlino 1903; R. Horn, op. cit., p. 67 Ss.; M. Bieber, op. cit., p. 127 s. 19) Polimnia: Kurze Beschreibung der antiken Skulpturen im Alten Museum (Staatliches Museum zu Berlin), Berlino-Lipsia 1920, p. 25, fig. 57, n. 221; K. A. Neugebauer, in Arch. Anz., 1929, c. 186 s.; D. Mustilli, Il Museo Mussolini, Roma 1939, p. 78, n. 24, tavv. 46, 186, 187. 20) Musa di Venezia: J. Sieveking, art. cit., p. 77, fig. 3; M. Bieber, in Antike Plastik. Walther Amelung zum 6o. Geburtstag, Berlino-Lipsia 1928, p. 19, nota 2; G. Lippold, op. cit., p. 333; L. Alscher, Griechische Plastik, iv, Berlino 1957, pp. 117-119, fig. 50. 21) Base di Alicarnasso: A. H. Smith, op. cit., ii, Londra 1900, p. 137 ss., n. 1106; A. Trendelenburg, Der Musenchor. Relief emer Marmorbasis aus Halikarnass, in 36. Programm zum Winckelmannsfest, Berlino 1876; W. Amelung, op. cit., p. 44; G. Lippold, op. cit., 375, nota 10.22) Muse delle Terme di Faustina da Mileto: K. A. Neugebauer, Milet. Ergebnisse der Ausgrabungen und Untersuchungen seit dem Jahre 1899, i, 9, Thermen und Palaestren, Berlino 1928, pp. 106 ss., tavv. 29-34; danzatrice: Milet, l. c., tav. 30; M. Bieber, Antike Plastik, p. 18, nota 3. 23) Pompei: K. Schefold, Die Wände Pompejis, Berlino 1957, p. 371 (Indice dei motivi figurati, s. v. Musen); Casa di Epidio Sabino: K. Schefold, in Theoria. Festschrift fur W.-H. Schuchhardt, Baden-Baden 1960, p. 209 ss. Pitture delle M. da Ercolano: Pitture d'Ercolano, ii, tavv. 13, 19, 25, 31, 41, 47, 53, 59; O. Bie, op. cit. in bibl., cc. 3273 ss., figg. 10 a-h; W. Helbig, Wandgemälde der vom Vesuv verschütteten Städte Campaniens, Lipsia 1868, p. 171 ss., n. 858 ss. 24) Fittili aretini: G. Fiorelli, in Not. Scavi, 1884, p. 377, tav. 8. 25) Sarcofagi delle M.: Parigi, Louvre, n. 475; Encyclopédie Photographique de l'Art, iii, Le Musée du Louvre, Parigi 1938, p. 313 B; Foto Marburg Neg. 180381. Roma, Museo Nazionale delle Terme n. 125353: G. Gullini, in Boll. d'Arte, xxxiv, 1949, pp. 52-55, fig. s. Roma, Palazzo Farnese: Rom. Inst., Neg. 35. 637. Tunisi, Musée Alaoui al Bardo, C 1113: Musée de l'Algérie, xv Suppl., p. 66, n. 1113, tav. 46, 2. 26) Roma, Museo del Vaticano, Belvedere 102; Monaco, Gliptoteca 326: Foto F. Kaufmann 169. Roma, Palazzo dei Conservatori, Orti Mecenaziani 13: Rom. Inst., Neg. 41.580; Londra, British Museum n. 2306; Vienna, Antikensammlung: E. v. Sacken, Die antiken Skulpturen... in Wien, Vienna 1873, p. 41 ss., tav. 20. Agliè in Piemonte: G. Pesce, Sarcofagi romani di Sardegna, p. 118 ss., n. 70, fig. 144. 27) Arles, Musée Lapidaire: E. Espérandieu, Recueil Général des Bas-Reliefs de la Gaule Romaine, i, Parigi 1907, p. 119, n. 141, con fig.; Foto Marburg, Neg. 42874. Tarragona, Museo Diocesano: A. García y Bellido, Esculturas Romanas de España y Portugal, Madrid 1949, p. 228 ss., n. 254, tav. 188. Roma, S. Crisogono. 28) Palermo, cripta della Cattedrale: Alinari 33182. Roma, S. Paolo fuori le Mura, chiostro: Rom. Inst., Neg. 54.615. Roma, Museo del Vaticano, Belvedere, n. 13. Parigi, Louvre, Foto Marburg, Neg. 180380. 29) Verona, Museo Maffeiano: H. Dütschke, iv, n. 518. Lisbona, Museu do Cormo: García y Bellido, op. cit., p. 233 s., tavv. 191-193, n. 256. 30) Roma, Palazzo Mattei: Matz-Duhn, ii, n. 3281; Rom. Inst., Neg. 29.397. Roma, Casino Rospigliosi: Matz-Duhn, ii, n. 3282; Rom. Inst., Neg. 38.784. 31) Sarcofago da Murcia: García y Bellido, op. cit., p. 230 ss., tavv. 189-190, n. 255. Sarcofago del Museo Torlonia: Rom. Inst., Neg. 8026, 31.958. 32) Roma, Museo Vaticano, Belvedere, n. 48. 33) H. Speier, in Miscellanea Giulio Belvederi, p. 473 ss. 34) E. Pfuhl, Jahrbuch, xx, 1905, p. 83; H. Dütschke, in Jahrbuch, xxvii, 1912, p. 136 ss.; E. Buschor, Die Musen des Jenseits, Monaco 1944. 35) K. Parlasca, Die Römischen Mosaiken in Deutschland, Berlino 1959, pp. 141-143. Saffo come decima musa: Platone, in Anthologia Graeca, ix, 506. 36) Mosaico da Baalbek: M. H. Chéhab, Fasti Arch., ii, 1947, p. 209, n. 1788, fig. 45. 37) K. Parlasca, op. cit., pp. 41-43, tavv. 44; 45, J. Fink, in Gymnasium, lxvi, 1959, p. 491 ss., tav. 21. 38) Mileto, Terme di Faustina: K. A. Neugebauer, op. cit., Mileto, i, 9, p. 112 ss., tav. 32; Napoli, Museo Nazionale: Guida Ruesch, n. 515; O. Brendel, in Arch. Anz., c. 457, fig. 12; Roma, Museo Vaticano, Sala delle Muse 499.
Monumenti non considerati. - Base di Mantinea, Atene, Museo Nazionale nn. 215-217: G. Lippold, in Handbuch, p. 238, con bibl., tav. 85. - Brocca di bronzo Berlino, Antikenabteilung der ehem. Staatl. Museen F 1628: A. Greifenhagen, in Berliner Museum, Berichte, N. S., 10, 1961, pp. 3-8, figg. 1-5. - Pulpito del teatro di Sabratha: G. Guidi, in Africa Italiana, iii, 1930, p. 40 ss., figg. 34 e 35. - Statue di marmo da Wörlitz: P. Arndt, in Photographische Einzel-Aufnahmen antiker Skulpturen, S ii, Monaco 1895, pp. 26 ss., n. 397. - Statue varie: G. Lippold, Musengruppen, in Röm. Mitt., xxxiii, 1918, pp. 64 ss.
Bibl.: O. Bie, Die Musen in der antiken Kunst, Berlino 1887; id., in Roscher, II, 1894-97, cc. 3238-3295; M. Mayer, in Pauly-Wissowa, XVI, 1933, cc. 680-757; P. Boyancé, Le Culte des Muses chez les philosophes grecs, Parigi 1936; W. F. Otto, Die Musen und der göttliche Ursprung des Singens und Sagens, Darmstadt 1954. Per Eracle e le Muse: A. Furtwängler, in Roscher II, 1886-90, c. 2190; J. Gagé, Apollon romain, Parigi 1955, pp. 335-338.