MURARI DALLA CORTE, Girolamo
– Nacque a Mantova nel 1747 dal conte Ottavio, di origine veronese, e dalla contessa Alba Rambaldi.
Ricevette un’educazione linguistica tradizionale, in italiano e latino, da precettori privati, per poi passare al collegio dei somaschi di S. Zeno in monte di Verona, dove studiò letteratura e filosofia, dedicandosi precocemente alla poesia. Colpito sin da giovane età da un’invalidante malattia agli occhi, succeduta a un incidente di spada, perse prima l’occhio sinistro e poi intorno ai trent’anni anche il destro. Grazie all’aiuto di alcuni lettori, continuò gli studi e l’attività poetica; ebbe inoltre diversi incarichi pubblici, fu vicecustode della Colonia virgiliana di Mantova e dal 1792 al 1798 e poi dal 1801 al 1832 diresse come prefetto la Reale Accademia di scienze, belle lettere ed arti di Mantova, fondata nel 1768 dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria sulle radici di accademie procedenti da epoca rinascimentale (poi denominata Virgiliana per decisione di Napoleone Bonaparte). Antonio Lombardi (1827) lo ricorda quale autore delle Memorie della Reale Accademia.
Intrattenne un’ampia corrispondenza epistolare con altre accademie d’Italia, di cui divenne socio e ad alcune delle quali dedicò anche parte delle sue opere poetiche d’intento educativo. Le due centurie di Sonetti storici e filosofici, introdotte da Leopoldo Cammillo Volta e pubblicate nel 1789 a Guastalla dallo stampatore regio ducale Salvatore Costa, sono dedicate all’Accademia Fiorentina, alla quale fu associato nel 1787, e riguardano rispettivamente la storia romana da Romolo a Ottaviano Augusto e la storia della filosofia antica e moderna, sino ad Antonio Genovesi, all’invenzione del globo aerostatico dei fratelli Montgolfier e alla scoperta del pianeta Nettuno da parte di Wilhelm Herschel. Il doppio canzoniere ha quali fonti, esplicitamente dichiarate dall’autore nella prefazione, gli Elementi di storia generale antica e moderna dell’abate Claude-François Xavier Maillot e Della istoria e dell’indole di ogni filosofia di Agatopisto Cromaziano (pseudonimo di Appiano Buonafede).
Nel 1793 a Vicenza nella stamperia Turra pubblicò il poema in decima rima La grazia, in quattro canti, con incisioni di Giuseppe Dall’Acqua, dedicato all’Arcadia di Roma, che lo nominò vicecustode del Mincio con il nome di Rovildo Alfeonio. Nel 1795 diede alle stampe per i tipi di Alberto Pazzoni di Mantova i due volumi di Atti accademici, dei quali fanno parte le memorie dell’Accademia dalla sua fondazione sino a quell’anno (Sulla fondazione della R. Accademia e delle sue classi. Discorso preliminare del signor conte G. M. D. C. prefetto della medesima). Negli anni successivi si dedicò alla composizione di Pietro il Grande Imperadore I ed autocrata di tutte le Russie, un poema in dodici canti e in ottava rima in onore dello zar di Russia Pietro I, dedicato al successore Alessandro I e pubblicato a Verona nel 1803 (una seconda edizione, Verona 1814, reca un sonetto proemiale allusivo alle variazioni fatte dall’autore nell’ultimo canto del poema). L’opera rientrava nella produzione del periodo finalizzata alla celebrazione dell’assolutismo illuminato.
Nell’epoca decima, 1750-99, de I secoli della letteratura italiana Giovanni Battista Corniani menzionò il poemetto di Murari in relazione alla Russiade di Carlo Denina, pubblicata a Berlino nel 1796 e a Pavia tre anni dopo. Murari, che la cita nel suo poema, aveva ricevuto una copia in dono dall’autore. Corniani lega il poema di Murari anche a quello incompiuto dello scrittore francese Antoine-Léonard Thomas Le czar Pierre I, pubblicato postumo a Parigi nel 1802. Una Russiade compose anche il veronese Giovanni Girolamo Orti Manara, pubblicata a Verona nel 1814.
Nel 1813 uscirono a Mantova, per Pazzoni, i quattro canti in terza rima sdrucciola intitolati Quattro stagioni, dedicati all’apertura del nuovo passeggio della piazza Virgiliana. In occasione della scoperta delle acque termali di Weissemburg, Murari compose la novella in versi in tre canti Clotilde ossia La scoperta dell’acque termali di Weissemburgo, pubblicata a Mantova lo stesso anno con i tipi virgiliani di Luigi Caranenti.
Ormai quasi cieco dettò altre opere in prosa e in versi, tra cui una traduzione del Trattato della Natura e della Grazia del filosofo francese Nicolas Malebranche (1680), elogi e prose accademiche recitate nelle pubbliche adunanze dell’Accademia mantovana, un Capitolo in versi in occasione della morte di Vittorio Alfieri, nonché altri capitoli dedicati alla morte di personaggi celebri e della moglie, la contessa Vittoria Montanari. Compose inoltre più di 200 sonetti di vari argomenti e otto Visioni logiche e metafisiche in terza rima, dedicate agli effetti della fantasia, che si accrebbero in seguito attingendo ad argomenti di storia sacra e profana relativa alle quattro monarchie assira, medo-persiana, greca e romana, sino all’anno 1814, e presero il titolo di Visioni psicologiche e storiche. Negli ultimi anni di vita le cattive condizioni di salute lo costrinsero a rarefare l’attività letteraria.
Morì a Mantova il 2 gennaio 1832.
Fonti e Bibl.: D. Vaccolini, Necr., in Giornale arcadico di scienze lettere ed arti, LX (1833), pp. 365-368; S. Curtoni Verza, Ritratti di alcuni illustri amici, Verona 1807, pp. 39-41; A. Lombardi, Storia della letteratura italiana nel secolo XVIII, I, Modena 1827, p. 84; G. Capponi, [profilo biografico di M.D.C.], in Antologia: giornale di scienze, lettere e arti, XLVI (1832), p. 241; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, V, Venezia 1837, pp. 377 s.; G.B. Corniani, I secoli della letteratura italiana dopo il suo Risorgimento..., VI, Epoca decima [1750-1799], Torino 1855, p. 269; M. Ferrazzi, G. M.D.C. e il suo poema Pietro il Grande, imperadore I ed autocrata di tutte le Russie, in Studi di slavistica, VII (2010), pp. 43-65.