muovere
Per la morfologia, si rileva un uso assai frequente di forme non dittongate accentate sulla radice, per probabile influenza latina e lirico-siciliana. Con non meno di trecento occorrenze, il verbo presenta un vasto numero di significati, molti dei quali relativi alla concezione filosofico-teologica del poeta della Commedia.
Fondamentale è, innanzitutto, l'uso di m. in riferimento all'azione creatrice di Dio: quei che questo [il mondo] mosse (Rime LXVII 70; " il Creatore ", Contini); chi mosse l'universo (Cv III Amor che ne la mente 72, ripreso in VIII 22 e XV 15); colui che tutto move (Pd I 1) e, a suggello della Commedia, l'amor che move il sole e l'altre stelle (Pd XXXIII 145; cfr. anche If I 40).
Concepito aristotelicamente quale ‛ Motore immobile ' (cfr. Pd XIX 87 La prima volontà... da se', ch'è sommo ben, mai non si mosse, e XXIV 131-132 Io credo in uno Dio / solo ed etterno, che tutto 'l ciel move, / non moto, con amore e con disio), Dio è l'artefice del mondo e del movimento del cielo, lo quale tutte le cose genera e dal quale ogni movimento è principiato e mosso (Cv III XV 15). Tutto ciò che, immediatamente o mediatamente, è da lui creato, tende a ritornare alla fonte divina (cfr. Pg XVI 89 L'anima semplicetta... mossa da lieto fattore, / volontier torna a ciò che la trastulla, in cui mossa vale " uscita dalle mani " [v. 85] e quindi " creata "), la quale è quel mare cui tutto si move / ciò ch'ella crïa o che natura face (Pd III 86). E anche i beati sono soggetti a tale moto spirituale (cfr. Pd XVIII 99 cantando, credo, il ben ch'a sé le move). Dio regola l'armonia dell'universo nell'immensa vastità dei fini (cfr. il celebre onde si muovono a diversi porti / per lo gran mar de l'essere, I 112) e ciò che da lui è creato immediatamente (gli angeli, i cieli, la materia informe del mondo sublunare, l'anima razionale) gode d'immortalità: Pd VII 68 Ciò che da lei sanza mezzo distilla / non ha poi fine, perché non si move / la sua imprenta quand'ella sigilla (" è indelebile l'impronta che egli stampa di sé nella cosa creata ", Scartazzini-Vandelli). Nell'aderire a lui, desiderio e volontà sono perfettamente concordi sì come rota ch'igualmente è mossa (Pd XXXIII 144), ovvero come ruota la quale, in ogni sua parte, si muove di moto uniforme. Strumenti della volontà divina sono le Intelligenze angeliche (v. ANGELO; GERARCHIA ANGELICA) preposte al moto delle sfere celesti ruotanti intorno a un centro immobile, la terra (cfr. Pd XXVII 107). Ai motori del terzo cielo (identificati nel Convivio con i Troni, e nella Commedia, secondo una nuova gerarchia degli ordini angelici, con i Principati), D. si rivolge in particolare in Cv II Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete 1 (ripreso in II 5, VI 1, XII 9, Rime LXXXIV 4, Pd VIII 37; cfr. anche Cv II III 1 e IV 1). L'azione motrice delle Intelligenze, puramente intellettuale (Cv II V 18 Questi movitori muovono, solo intendendo, la circulazione in quello subietto propio che ciascuno muove; cfr. anche l'uso di m. in Pd VIII 110, sull'ordinata influenza dei beati motori), trasmessa ai cieli fa sì che questi, muovendosi, possano operare quali cause intermediarie di tutti i fenomeni del mondo sublunare (cfr. Pd XIII 66 le cose generate... produce / con seme e sanza seme il ciel movendo), influendo sulla vita umana (cfr. Pg XVII 13-18, in cui m. è usato due volte [ai vv. 16 e 17], col valore di " determinare ", relativamente al rapporto fra le influenze celesti e le visioni estatiche) e sugli stessi movimenti dell'anima, pur senza ledere la libertà di arbitrio e la responsabilità umana, massimo dono elargito da Dio alla sua creatura (cfr. Pg XVI 69, in cui m. è usato in espressione che vale " derivare ", " essere determinato ").
Assai frequente è in D. l'uso di m. nella forma intransitiva pronominale, che vale " andare ", " avviarsi ", " dirigersi ", " partire ", " procedere ", " rivolgersi ", " spostarsi ", " venire avanti ", ecc., ed esprime l'azione di un movimento da un punto a un altro (anche con soggetto astratto).
Si vedano i luoghi di Vn XI 3 lo mio corpo... molte volte si movea come cosa grave inanimata; Rime L 53 vostra salute [il saluto, personificato, della donna amata] omai si mova; If I 136 Allor si mosse, II 101, VII 99, X 124, XII 100, XVII 97 moviti omai, XVIII 21 dietro mi mossi, XXII 126, XXVI 83, XXXIII 82 muovasi la Capraia e la Gorgona (con valore fortissimo); Pg IX 69 su per lo balzo / si mosse (" salì "), XII 10, XVIII 98 correndo / si movea, XXXIII 134 la bella donna mossesi; Pd XIV 110, XXV 13 si mosse un lume verso noi. Con gli stessi valori anche senza pronome: Rime XLIV 2 donde che mova chi con meco parla; Rime dubbie II 2 movi, ballata (con personificazione della parola, che ritorna, con l'identica forma verbale, in Vn XII 15 44); If II 67 Or movi; Pg X 92 anzi ch'io mova (nel significato di " partire "), e 113 quel ch'io veggio / muovere a noi; XIX 96 di là ond'io vivendo mossi.
Quali esempi dei due distinti gruppi di forme col medesimo valore possiamo citare le espressioni consimili: Pd VII 7 mossero a sua danza, e XVIII 79 a sua nota moviensi. Secondo i precedenti valori debbono essere intesi anche Vn V 2 (" dipartirsi "; v. inoltre If XVIII 17 e XXIII 135); Vn XXIII 1, XXXV 7 10 (con soggetto personificato; cfr. l'espressione consimile in Rime dubbie XIV 13, in cui m. vale " suscitare ", " causare "); Cv III II 11 (tre volte, con preciso riferimento alla facoltà stessa del moto; cfr. l'identico uso di m. in IV VII 11 [due volte] e Pg XXV 55); If II 141, VI 5, X 90, XII 7 (" precipitare ") e 29, XVII 130, XIX 29, XXI 77 e 91, XXII 11, XXVI 40, XXVII 59, XXXIV 51; Pg VIII 104 e 105, X 8 e 81, XV 27, XVIII 28 e 115, XX 4 (due volte), XXI 59, XXIII 19, XXIV 146, XXVIII 31 (" scorrere "), XXIX 7 e 59, XXXI 8; Pd VI 32 e 67, VIII 20, X 146, XI 116, XII 29, XIV 2 e 115, XVIII 41 e 49, XXI 38, XXVII 80; Fiore CLXVI 7 (in espressione che vale " muoversi con misura e con grazia ").
La forma intransitiva pronominale è poi usata da D. sia in riferimento agli ordinati moti astronomici delle sfere celesti e degli astri (Vn XXIX 2 li cieli che si muovono; Cv II III 5 l'ottava spera si movea per più movimenti; XIII 3 ciascun cielo mobile si volge intorno al suo centro, lo quale... non si muove; cfr., anche con diversi costrutti, Vn II 2; Cv II III 13 e 14, V 16 (tre volte) e 17, XIII 25, XIV 16; Pd XIII 24, in riferimento al Primo Mobile, e XXII 143), sia per esprimere il moto circolare delle Intelligenze angeliche intorno all'essenza divina (cfr. Pd XXVIII 35 e 44, con infinito sostantivato). " Allontanarsi dalla terra ", ovvero, in senso figurato, " morire ", significano le occorrenze di m. in Rime LXVII 32 e XVIII 39. Esprime anche un procedere spirituale ed è talvolta unito ad aggettivi che valgono a qualificarlo e a determinarlo: Pd V 73 Siate, Cristiani, a muovervi più gravi; XII 115 La sua famiglia... si mosse dritta (prima santa vita dei francescani); cfr. anche Vn XXV 6, Cv I X 5 (due volte), 7 e 10, XI 18, IV XXVIII 19, Pd XII 39 e 98, XIII 113 e 122, XXVI 34. È da notare Vn XIII 5 non è come l'altre donne, che leggeramente si muova del suo cuore, in cui l'espressione va intesa nel senso di " mutare con leggerezza i propri sentimenti ". " Prendere spunto ", " ispirarsi ", significa in Cv II XIV 5 si mossero da la favola di Fetonte, in cui D. ricerca le ragioni della teoria dei pitagorici intorno all'origine della Galassia (cfr. l'identico uso in IV XV 15). Movimento immateriale esprime ancora m. in Cv II XIII 3 (due volte), 26 e 27, dove D. istituisce un rapporto fra i cieli e le scienze e, in particolare, fra i moti del cielo di Giove e le caratteristiche della Geometria.
In forma quasi sempre attiva, m. è spesso riferito a uomini, e anche ad animali, e vale a esprimere l'atto di m. una parte del corpo.
Frequenti, in tal senso, espressioni del tipo: movemmo i piedi (If IX 104); Pg III 59, X 28 e 70; movo / li passi miei (If XII 91; cfr. anche Pg XXXI 135 Volgi, Beatrice, volgi li occhi santi / ... al tuo fedele / che, per vederti, ha mossi passi tanti!), tutte col significato di " incamminarsi ", " dirigersi ", oppure " allontanarsi ", e l'ultima anche con un uso traslato (qui col valore di " affaticarsi ", " sostenere ardue prove "), che si ritrova in Rime LXXXIII 51; Pg XIII 143 se tu vuo' ch'i' mova / di là per te ancor li mortai piedi (nel senso figurato di " adoperarsi per qualcuno con giovamento "); Pd V 6 nel bene appreso move 'l piede (" progredire ", " perfezionarsi "); VI 22 Tosto che con la Chiesa mossi i piedi (" procedere in pieno accordo spirituale "), e XXI 99 non presumma / a tanto segno più mover li piedi (sull'imperscrutabilità della predestinazione divina, alla cui comprensione gli uomini non debbono presumere di potersi innalzare). All'uso precedente si richiamano espressioni del tipo di If IV 4 l'occhio riposato intorno mossi, e XXIII 75; Pg IV 113 movendo 'l viso, X 49 mi mossi col viso, XIX 34 mossi li occhi, tutte nel senso fondamentale di " guardare ", " guardarsi intorno " (cfr. anche Vn XIX 12 51), e altre, di forma consimile, quali Pd XV 15 movendo li occhi (nel significato di " attrarre lo sguardo "), XXV 116 né... / mosser la vista sua di stare attenta, e XXXII 135 non move occhio per cantare osanna (entrambe esprimenti un guardare fisso, senza distrazioni). A tali usi si richiamano anche: Vn XIX 2 la mia lingua parlò quasi come per se stessa mossa; Cv I VIII 9 (seconda occorrenza), III III 6; If X 75, 88 e 133, XII 81, XVII 104, XXXI 96; Pg I 42, XV 51, XIX 49, XXIV 149, XXVII 101; Pd XIX 35 e 96 (l'espressione ‛ m. l'ali ', qui riferita, ricorre anche, col valore figurato di " innalzarsi ", in Pg XI 38 e Pd XXXII 146), XX 148. Da notare anche le espressioni di Rime dubbie VII 9 mossi parole; If V 80 mossi la voce; Pg VII 93 non move bocca, relative all'atto del parlare, nel senso di " mandar fuori la voce ", " proferire ".
Tra gli usi della forma attiva sarà da comprendere anche If XXII 1 vidi già cavalier muover campo, nel significato di " mettersi in marcia ", " partire ", che ricalca il latino castra movere. Da notare anche l'espressione ‛ far m. ', " far procedere ", che ricorre due volte in Cv II I 3, in senso proprio e figurato; cfr. l'analogo valore di m. in Pg XXXII 26.
In Cv IV XI 3 voi ricchezze, vilissima parte de le cose, moveste battaglia, che traduce il lucaneo " pars vilissima rerum / certamen movistis, opes " (Phars. III 120-121), l'espressione sarà da intendere in riferimento ai dannosi, e spesso funesti, tumulti suscitati fra gli uomini dalla cupidigia dei beni mondani.
Da notare l'espressione ‛ m. la penna ', per " far scrivere " o anche " essere registrato ", in Pd XIX 116.
M. è anche usato in riferimento al moto del vento e dell'aria e ai loro effetti, e vale " suscitare ", in If XXXIII 104 questo chi move?, Pg V 113 mosse il fummo e 'l vento; " scuotere ", " disperdere ", in Pg III 130 le bagna la pioggia e move il vento (detto delle spoglie mortali di Manfredi).
È da rilevare poi l'uso attivo di m. nelle espressioni gemelle: Cv III Amor che ne la mente 3 Amor... / move cose di lei, e III 13 move sovente cose (in ripresa del precedente), da interpretare nel significato di " ragionare ", " trattare ".
" Trarre ", " derivare ", è il significato del verbo in Rime XC 1.
" Essere tolto ", " provenire ", vale nella forma passiva, in If XVIII 114; mentre Pg XXIX 126 la terza parea neve testé mossa, sarà da interpretare nel significato di " caduta or ora ", in riferimento al supremo e intatto biancore della figura femminile simbolo della Fede nella processione mistica.
Ampio e vario è anche l'uso di m., con valore figurato, nel senso di " guidare ", " indurre ", " ispirare " (tale, soprattutto, in relazione all'intervento celeste in favore di D., anche con soggetto immateriale). Cfr. Vn XV 3 mosso da cotali pensamenti, e XXXVIII 2 da la ragione mosso; Cv I II 15 Movemi timore d'infamia, e movemi desiderio di dottrina dare (sulle ragioni della composizione del Convivio e della scelta del volgare; cfr. anche IX 11, X 5); VIII 9 la vertù dee muovere le cose sempre al migliore; If II 72 amor mi mosse, III 4 Giustizia mosse il mio alto fattore; Fiore VIII 7 Amor mi move. Altrettali valori figurati di m. si hanno in Vn XVI 1 e 2, XX 1, Rime LXXXVIII 7, CXVI 58; Cv I X 6, XII 7, II VIII 13, III XII 1, IV V 14, XXIII 10; Pg I 91, VII 24, X 51 e 75, XXXI 48, XXXIII 14; Pd XII 26 e 145, XIII 92, XX 111 (mossa col valore pregnante di " convertita al bene ", Sapegno), XXVI 118, XXXI 66, XXXII 137; Fiore XXV 12 (in espressione che vale " non t'ispira in modo conforme alla tua natura ").
In accezione affine, m., prevalentemente in forma intransitiva pronominale, significa " derivare ", " emanare ", " essere ispirato ", e vale, per lo più, a esprimere l'origine ispiratrice di un sentimento, di un affetto, o di un bene spirituale: Vn XXVI 7 12 par che de la sua labbia si mova / un spirito soave; Rime LXV 1 De gli occhi de la mia donna si move / un lume sì gentil (tipico tema stilnovistico della virtù ispiratrice degli occhi della donna; cfr. Vn XXXVIII 3, e 10 13); Rime XC 9 da te conven che ciascun ben si mova; Pg XXX 38 per occulta virtù che da lei mosse. Nell'ambito della medesima accezione, cfr. anche: Vn VII 5 14, XIV 11 2 (in forma impersonale); Rime XL 6, L 50, Cv I V 2, III VII 2, IV XV 15.
Da notare anche l'uso figurato di m. in riferimento a questione, col significato di " porre ", " sollevare ", in Cv IV XII 20 e XXIX 7.
Non infrequente l'uso di m. col valore figurato di " commuovere ", " impressionare profondamente ", per significare una causa, concreta o immateriale, che influisca sulla volontà e sul sentimento dell'uomo, determinandone lo stato d'essere. Tale accezione, mai occorrente nella prima cantica, si ritrova in Rime CI 9, dove vale " commuovere (ad amore) ", Contini; Cv I I 10, Pg I 89, VI 116, Pd XXII 12. All'opposto, sono da notare espressioni del tipo mosser le labbra mie un poco a riso (Pg IV 122) e Queste parole Stazio mover fenno / un poco a riso (XXII 25), entrambe col valore di " indurre al sorriso ".
Assai spesso m. è usato quale verbo reggente di una subordinata (sempre in forma implicita), prevalentemente di tipo finale. Nel qual caso assume il valore proprio di " andare ", per lo più espresso in forma intransitiva pronominale (cfr. Vn XVI 4 mi movea... per vedere; Rime LX 10 moviti a far ciò; Pd XXI 36 si movono a scaldar le fredde piume; v. anche Vn III 2, Cv I VI 3, Pd XII 68, Fiore CXXVIII 14), ma anche quello figurato di " indurre a " (che in forma intransitiva pronominale varrà " essere indotto "), " spingere a " (cfr. Rime L 32 l'ultima speme a cercar mi son mosso, " mi sono indotto a cercare l'ultima speranza "; Vn VIII 12 mi muovo a biasimarla; Cv I II 13 questa necessitate mosse Boezio di se medesimo a parlare; cfr. anche Vn XX 1, XXIII 17 6, XXIV 4, XXXI 4, XXXV 3; Rime LXXXV 10; Cv I II 14, V 2, X 7, 11 e 14, IV XXVIII 18; Pg II 78, Pd VI 136, VIII 75 e 92, XII 143). Altrove l'uso di m. quale reggente di subordinata implicita può ritenersi pleonastico: tale in If XXIV 69 ad ire parea mosso (per questo e per qualche altro luogo, cfr. Pagliaro, Ulisse 332), e Pg III 85 vid'io muovere a venir (entrambe le espressioni col valore di " avanzare "); cfr. anche Rime LXXXV 10, già citato, e Cv I X 3, con perifrasi che vale " comandare ".
Degno di nota è il participio movente, che D. usa, per lo più, insieme a cagione (cfr. Cv I II 16, IV IV 12, due volte), a significare la causa prima, vera ispiratrice di un'operazione. Si trova anche in Pd IV 1 due cibi, distanti e moventi, in cui vale " stimolanti il desiderio ".
Frequente è l'uso dell'infinito m. con valore sostantivato: If XXIII 72 ad ogne mover d'anca (" a ogni passo "); Pg II 18 'l muover suo nessun volar pareggia; XI 107 un muover di ciglia (" un attimo "); cfr. anche If XXX 107, Pg VI 63, XIII 14, XVII 67, Pd XIII 23, XXVIII 44 (già citato); Fiore CLXVI 8.
Controversa è la lezione di Pd IX 4 ma disse: " Taci e lascia muover li anni ", per cui alcuni manoscritti danno volger, che, riferito al tempo (col valore di " trascorrere "), è proprio dell'uso dantesco (cfr. If V 65, XXXIII 132). Nella scelta della lezione muover (in cui, oltre al significato di " procedere ", si può notare l'idea di " cominciare a produrre "), il Petrocchi interpreta il verbo nel significato, più definito, di " cominciare a produrre gli effetti ", affermando che D. allude qui non solo a vicende di poco successive al 1300 (la perdita della legittima successione al regno di Napoli, subita dal figlio di Carlo Martello nel 1309), ma a tutta la serie delle sventure degli Angioini, fino alla battaglia di Montecatini del 1315, data non contrastante con la cronologia dei primi canti del Paradiso. La lezione muover, pertanto, nel significato che si è detto, appare affine a volger, ma, secondo il Petrocchi, è " assai più rara e perspicua, e sembra meglio colorire la vaga profezia di Carlo Martello " (cfr. Introduzione 231-232).
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