multiplicare
Verbo esclusivo del Convivio e del Paradiso, con una sola eccezione nella Vita Nuova e una nel Fiore.
Come transitivo, per indicare l'operazione matematica della moltiplicazione, in Cv II XIV 4 in nome [cioè per quello che riguarda il nome dei numeri], ... questo ‛ mille ' è lo maggior numero, e più crescere non si può se non questo multiplicando, vale a dire: " per designare quantità superiori al mille, bisogna ricorrere a multipli di quest'ultimo numero ". Quest'affermazione è giustificata dalla scarsa diffusione, ai tempi di D., del vocabolo ‛ milione ', quale risulta da G. Villani XI 20; e si veda anche quanto scrivono in proposito Busnelli-Vandelli (ad l.).
In Vn XXIX 3 si avrebbe un altro esempio del medesimo uso, se potesse essere accolta la variante, in passato largamente adottata dagli editori, lo numero del tre è radice del nove, però che... per se medesimo [moltiplicato] fa nove. Fu il Barbi (v. l'edizione critica, ad l.) a espungere il vocabolo moltiplicato in considerazione della scarsa autorevolezza dei codici che lo hanno tramandato, e soprattutto perché non richiesto in alcun modo dal contesto; questa tesi è stata poi universalmente accettata da tutti gli editori.
Nell'unica occorrenza del Fiore (VIII 6) m. è usato come transitivo nell'accezione estensiva di " calcolare ", " contare ": a qualsiasi matematico, pur valente, sarebbe forte e grave / multiplicar ben ogne mia quistione.
Usato come intransitivo, vale " crescere in numero, quantità, lunghezza o anche d'intensità ": Cv IV VII 3 come l'erba multiplica nel campo non cultato... così la mala oppinione ne la mente, non gastigata e corretta… cresce e multiplica; e così pure in I VI 4, III I 3, IV IX 11 (due volte), XXI 8 (due volte).
Il participio ‛ multiplicato ' compare in due passi del Paradiso. In II 137 indica il processo attraverso il quale l'intelligenza motrice del cielo stellato partecipa la sua virtù agli astri, producendo in essi virtù diverse pur mantenendosi una nella sostanza del suo essere: l'intelligenza sua bontate / multiplicata per le stelle spiega, / girando sé sovra sua unitale. Non interessa qui esaminare i problemi offerti all'esegesi da questa terzina (per cui si veda B. Nardi, Saggi di filosofia dantesca, Firenze 1967², 32 ss.): si osservi invece come multiplicata conservi tutti i valori semantici impliciti nell'etimo dell'aggettivo multiplex da cui il verbo deriva. Più che alludere a crescita d'intensità, il vocabolo intende esprimere l'idea di un " ordinato " e, aggiungeremmo noi, articolato " processo di arricchimento dell'uno nel molteplice " (Mattalia).
Con uso altrettanto estensivo in X 85 lo raggio de la grazia... / multiplicato in te tanto resplende, / che ti conduce su per quella scala / u' sanza risalir nessun discende. Non un solo, ma molti raggi; " grazia sovrabbondante ed eccezionale " (Mattalia); e appunto come sinonimo di " sovrabbondante " dovrà qui essere inteso il vocabolo.