Multinazionali
Le nuove imprese nate dall’apertura dei confini
Il progresso tecnico e finanziario ha permesso alle imprese di valicare i confini tra gli Stati. Le grandi imprese di tutto il mondo possono ora decidere dove è più conveniente per loro produrre i beni e, spostando la produzione all’estero, diventano multinazionali: facendo il proprio interesse, creano lavoro nei paesi ospitanti
Con il progresso tecnico è oggi possibile comunicare con tutti i continenti e raggiungere ogni parte del mondo con facilità. Queste nuove possibilità sono soprattutto utili alle imprese che possono produrre e vendere in un mercato molto più vasto di un tempo.
Il processo di internazionalizzazione però non è un evento recente; dura da quasi un secolo, coinvolgendo col passar degli anni un numero sempre maggiore di Stati. Oggi comprende tutto il globo e per questo si parla di globalizzazione; l’impresa multinazionale è figlia proprio di questo processo di apertura economica e commerciale dei confini tra le nazioni.
Con la parola multinazionale si indica una grande impresa che vende e produce in molti paesi del mondo. Di solito il ‘quartier generale’ rimane nello Stato di origine, mentre tutta o parte della produzione viene effettuata all’estero, stabilendo in altri paesi sedi secondarie.
Per capire meglio cosa sia una multinazionale supponiamo che vi sia una grande industria italiana, con un’ampia fetta del mercato mondiale, che produce cioccolatini. I dirigenti di questa impresa, per aumentare le vendite, cercheranno di rivolgersi al maggior numero possibile di persone in tutto il mondo.
Se l’industria in questione volesse vendere i suoi prodotti, per esempio, in India, si troverebbe davanti a un’alternativa: o produrre in Italia i cioccolatini per poi venderli a imprese indiane, oppure costruire uno stabilimento di produzione e di vendita (chiamato filiale) in India, per poter essere in grado di vendere direttamente ai consumatori indiani.
Costruendo una filiale direttamente in India l’industria avrebbe anche la possibilità di farsi conoscere meglio (in gergo tecnico si dice radicarsi nel territorio), e così vendere di più. Ma non solo. Per un’impresa è sempre meglio avere la possibilità di dirigere tutto il processo di produzione-distribuzione, fino all’ultimo anello della catena che porta i beni nelle mani dei consumatori. Se l’industria si limitasse a vendere i prodotti alle imprese indiane lasciando a esse il compito di rivenderli in tutta l’India, non potrebbe controllare come si svolge il processo di distribuzione e decidere il prezzo di vendita finale. Se, invece, costruisse una filiale avrebbe un maggiore controllo. Questo è, però, solo uno dei motivi di questo processo di delocalizzazione che porta le imprese a costruire filiali all’estero.
Consideriamo l’ipotesi che nel nostro paese il salario dato ai lavoratori (il costo del lavoro) o le tasse che dobbiamo pagare allo Stato siano molto alti. Se vogliamo aumentare i profitti dobbiamo trovare il modo di ridurre i costi di produzione, perciò dovremmo trovare il modo di ridurre anche il costo del lavoro. Una delle soluzioni sarebbe quella di cercare all’estero Stati che fanno pagare meno tasse, oppure lavoratori che chiedano un salario più basso.
Per essere una multinazionale non è sufficiente che un’impresa venda in tutto il mondo: occorre che anche la produzione sia fatta in più paesi. Inoltre, l’impresa deve avere determinate dimensioni. Se una piccola impresa familiare italiana aprisse una sede in Polonia, non per questo diventerebbe improvvisamente una multinazionale: quello che conta soprattutto è l’ampiezza del mercato in cui i prodotti vengono venduti e la misura del fatturato (cioè l’ammontare delle vendite effettuate da un’azienda in un dato periodo di tempo, per esempio un anno).
Le multinazionali, spesso, hanno una cattiva fama perché capita che chiudano uno stabilimento in un paese per aprirne un altro dove il lavoro costa meno. Ma la teoria economica dice che questo processo è inevitabile e che alla fine conviene a tutti: sia perché abbassa il prezzo dei prodotti sia perché aumenta le opportunità di lavoro nel paese dove si va a produrre . È però vero che c’è bisogno, nel paese dove gli stabilimenti vengono chiusi, di una rete di sicurezza sociale per facilitare lo spostamento di risorse dai settori in declino ai settori in espansione.