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MOZAMBICO

di Guido Barbina, Giampaolo Calchi Novati - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)
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MOZAMBICO

Guido Barbina
Giampaolo Calchi Novati

(XXIII, p. 992; App. II, II, p. 368; III, II, p. 176; IV, II, p. 535)

Dopo le vicende che hanno portato all'indipendenza dal Portogallo (1975) e alla fine della guerra civile (1992), il M. non è ancora riuscito a realizzare le condizioni per uscire da una situazione di grave sottosviluppo determinata prima dalla politica coloniale portoghese, poi dalle ingerenze sull'economia nazionale da parte del Sudafrica e dalle incerte scelte politiche e sociali del governo nazionale.

La popolazione è in forte aumento: da 6.603.653 ab. del 1960 si è passati a 12.615.200 alla fine del 1981, con un incremento annuo dell'8,7%; secondo le stime recenti (1991), la popolazione del paese supera i 16 milioni, con il 44% di abitanti inferiore ai 14 anni; la natalità ha un tasso del 46‰ mentre la mortalità infantile raggiunge il 137‰, con punte del 300‰ nelle aree più colpite dalla guerra civile.

A nord del fiume Zambesi, che divide il M. nelle due grandi aree etniche dei Bantu centrali a Nord e dei Bantu meridionali a Sud, il gruppo etnico più importante è quello dei Makua-Lomwe, che rappresentano circa il 52% dell'intera popolazione e che sono per gran parte islamizzati; verso il confine con il Malawi si trova il gruppo degli Yao, mentre a Nord, verso la valle del Ruvuma, vivono i Makonde, che hanno condotto con particolare durezza la guerriglia contro i Portoghesi e che mantengono la loro cultura animista e fortemente xenofoba. A nord del fiume vivono anche i Nyanja e i Chewa, mentre sulla costa si trovano piccoli gruppi Swahili. A sud dello Zambesi il gruppo più importante è quello dei Thonga (24%), specializzati nel lavoro minerario in Sudafrica; sulla costa abitano i Chopi, di cultura più elevata della media, e gli Shona, che abitano anche gran parte del territorio dello Zimbabwe. Assieme a molti altri gruppi minori tutte queste etnie contribuiscono a complicare il quadro sociale e culturale del M. e a rendere difficile una coesione interna.

Dopo l'indipendenza l'economia subì una profonda crisi sia a causa della partenza dei tecnici e degli amministratori portoghesi, che non poterono essere sostituiti validamente dalla nuova classe dirigente indigena, sia perché immediatamente scoppiò una sanguinosa guerra civile fra il Frente de Libertação de Moçambique (FRELIMO) e la Resistência Nacional Moçambicana (RENAMO): poiché la guerriglia portò alla spartizione del territorio nazionale in due grandi aree controllate ciascuna dalle due forze belligeranti, sia l'agricoltura che i trasporti e la produzione di energia subirono gravissimi danni che resero inutili tutti i provvedimenti presi per sviluppare in forma autonoma l'economia del paese. Inoltre le posizioni ideologiche del FRELIMO avevano introdotto i modelli sociali ed economici ispirati al marxismo-leninismo, con la collettivizzazione delle terre, l'eliminazione del mercato libero e la concentrazione della popolazione agricola in villaggi comunitari (aldeias comunais). In conseguenza di queste scelte politiche, non accettate dalla popolazione, e a causa di lunghi periodi di siccità (1976, 1982-83) e di inondazioni che distrussero del tutto i raccolti di alcuni anni, sia le colture commerciali che quelle di sussistenza sono andate progressivamente declinando fino alla fine degli anni Ottanta.

Solo con la fine della guerra civile (1992) e col miglioramento delle relazioni diplomatiche con la Repubblica Sudafricana, e dopo che nell'agosto 1990 l'ideologia marxista venne ufficialmente abbandonata (nel 1991 il nome ufficiale dello stato, Repubblica Popolare del Mozambico, è stato modificato in Repubblica del Mozambico) l'economia ha incominciato lentamente a riprendersi, anche grazie ai più abbondanti aiuti che oggi vengono inviati dalla Comunità Europea e dagli Stati Uniti d'America.

Fra le colture commerciali si ricorda la noce di anacardio (fascia costiera settentrionale), il cotone (Cabo Delgado, Niassa, Nampula, Zambézia), la canna da zucchero (valle del fiume Sena, area a sud di Beira, costa a nord di Maputo). Buoni risultati ha dato la coltura del tè nelle aree collinari e montagnose verso il confine con il Malawi, mentre la noce di cocco, per la produzione della copra, dà ancora buoni risultati nelle grandi piantagioni costiere delle province di Zambézia e Nampula. In declino è la coltura dell'agave sisalana. Tra le colture di sussistenza prevalgono il mais, il sesamo, la frutta, le patate e il riso; l'allevamento ha un'importanza ridotta perché in due terzi del territorio del paese è presente la tripanosomiasi.

Lo sfruttamento delle foreste si è sviluppato soprattutto attorno alla ferrovia di Beira, mentre la pesca ha avuto un recente incremento con l'assistenza tecnica dei Cubani. Le risorse minerarie non rivestono grande importanza (miniere di carbone a Moatize vicino a Tete e giacimenti di gas naturale presso Inhambane) mentre la produzione di energia idroelettrica ha subito un forte incremento con il completamento dell'impianto di Cabora Bassa e di altri impianti minori. L'energia prodotta è in gran parte destinata al Sudafrica in quanto l'industria nazionale è assai poco sviluppata: essa è concentrata attorno alla capitale Maputo (circa 1.500.000 ab. nell'area urbana), che è anche il principale porto del paese e il secondo dell'Africa. Maputo, Beira e Quelimane sono i porti di sbocco sull'Oceano Indiano di Sudafrica, Swaziland, Zimbabwe, Zambia, Malawi e Zaire, ma le strade, le linee ferroviarie e l'oleodotto, che collega Beira con Umtali nello Zimbabwe, sono stati periodicamente danneggiati e bloccati dalle azioni dei guerriglieri, per cui la loro efficienza è oggi fortemente compromessa.

Bibl.: E. Mondlane, The struggle for Mozambique, Londra 1969; K. Middlemmas, Cabora Bassa, ivi 1975; L. Vail, L. White, Capitalism and colonialism in Mozambique, ivi 1981; M. Darmau, Mozambique: un pas timide vers la paix, in Les transports urbains en Afrique du Sud du Sahara, a cura di J.-P. Barbier, in Afrique contemporaine, 158 (1991), pp. 69-76.

Storia. - Indipendente dal 1975 dopo una lunga guerra di liberazione ispirata alla rivoluzione socialista, e governato da un sistema a partito unico retto sul FRELIMO, che nel iii Congresso del 1977 si è autoproclamato partito d'avanguardia marxista-leninista, il M. ha incontrato grandi difficoltà a conciliare le opzioni ideologiche di fondo con le condizioni dell'economia, la coscienza politica della popolazione, le limitate capacità tecniche e di amministrazione. La ricostruzione, inizialmente complicata dall'esodo in massa dei Portoghesi che avevano gestito pressoché per intero il settore ''moderno'', è stata poi decisamente sabotata dalla guerriglia condotta dal movimento della RENAMO, nato come proiezione del regime bianco della Rhodesia per destabilizzare il governo di Maputo e sostenuto successivamente dal Sudafrica. Le calamità naturali, fra cui gli effetti della carestia che dopo il 1980 ha infierito a lungo in tutta l'Africa australe, hanno aggiunto altri oneri.

Il regime di S. Machel ha cercato realisticamente di correre ai ripari. Il iv Congresso del FRELIMO (maggio 1983) ha introdotto le prime correzioni all'applicazione ortodossa dei principi socialisti: la struttura collettivistica è stata allentata per favorire con incentivi economici l'intraprendenza dei contadini e in genere dei produttori. Alla fine del 1983 Machel compì un lungo viaggio nei paesi occidentali per sollecitare aiuti, investimenti e una maggiore comprensione politica, e nel 1984 il M. aderì al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale.

Una svolta ancora più netta, e sofferta, è stato l'accordo di non aggressione e di buon vicinato con il Sudafrica firmato nel marzo 1984 a Nkomati, sul confine fra i due stati: in pratica, contro l'impegno di Pretoria a ritirare il suo appoggio alla RENAMO, e forse a mettere allo studio interventi di cooperazione economica, il M. chiudeva le basi operative dell'African National Congress sul proprio territorio. Il M. era così costretto a venire a patti con il Sudafrica razzista per far fronte a un momento di estrema gravità, ma senza conseguirne la pace sperata. La RENAMO continuò infatti la sua azione devastatrice e il M. dovette rivolgersi all'assistenza militare della Tanzania e soprattutto dello Zimbabwe.

Tutta la struttura del potere fu sovvertita dal tragico incidente che provocò la morte di S. Machel e di alcuni fra i suoi più stretti collaboratori: il 19 ottobre 1986 il suo aereo, che lo riportava a Maputo dalla Zambia dopo una consultazione fra i paesi ''del fronte'', precipitò in territorio sudafricano durante la fase di atterraggio, a quanto sembra per un errore del pilota ma secondo alcune testimonianze favorito dall'interferenza di segnali indebiti.

A capo del FRELIMO, e conseguentemente a presidente della Repubblica, fu eletto il ministro degli Esteri J. Chissano, personalità molto apprezzata per il talento politico, l'equilibrio e l'esperienza internazionale, che ha assicurato una successione indolore, nonostante la prepotente personalità di Machel, e ha introdotto un metodo di governo più attento ai dosaggi e alla collegialità.

Alcuni degli esponenti più anziani vennero relegati a ruoli di prestigio ma con poco potere (è il caso di M. Dos Santos, nominato segretario della Commissione permanente dell'Assemblea popolare), per far posto a dirigenti più giovani e pragmatici. Il partito rimane la fonte principale del potere, superiore gerarchicamente anche al governo, malgrado formalmente funzioni un'Assemblea, eletta una prima volta nel 1977 e una seconda nel 1986 con una selezione dei candidati, tutti del FRELIMO, che nelle intenzioni dovrebbe rappresentare un momento importante di partecipazione e di mobilitazione.

Nel luglio 1989 si svolse il v Congresso che ha trasformato il FRELIMO in ''partito d'avanguardia del popolo'' e, abbandonati i dogmi marxisti, ha messo in secondo piano gli obiettivi del socialismo, considerati per il momento irrealizzabili, rispetto all'aumento della produzione e alla creazione di ricchezza. Tuttavia non fu spezzato il circolo vizioso determinato dalla guerra della RENAMO, che, pur non avendo un identificabile programma di alternativa, ha finito per raccogliere tutte le forme di dissidenza e di dissociazione, vaste in un paese allo sbando. Il M. cercò di richiamare il Sudafrica all'osservanza dell'accordo di Nkomati, ribadito da altre intese bilaterali, fra cui quella del giugno 1988, per ripristinare il pieno funzionamento e in prospettiva aumentare la potenzialità della diga di Cabora Bassa. In questo clima di apparente distensione il presidente sudafricano P. W. Botha visitò il M. nel settembre 1988. Non migliorò sostanzialmente le condizioni generali neppure la ''legge di condono'', una specie di amnistia, promulgata nel dicembre 1987, per tutti i ''ribelli'' che si fossero pentiti consegnando le armi. Nel 1989 il governo autorizzò la Chiesa a intavolare un negoziato con la RENAMO, proseguito poi con la mediazione di Kenya e Zimbabwe, mentre gli ultimi tratti di socialismo venivano abbandonati dal FRELIMO con il Congresso del 1991, sulla base di quanto disposto dalla Costituzione del 1990, che aveva liberalizzato l'attività politica e abrogato il ruolo guida dello stesso FRELIMO. Dal 1990 le trattative tra governo e RENAMO divennero dirette con l'assistenza dell'Italia e si conclusero con la firma, a Roma il 4 ottobre 1992, di un accordo di pace. L'accordo prevedeva l'immediato cessate il fuoco, il ritiro degli eserciti stranieri e la creazione di un esercito nazionale per il 50% composto da militari della RENAMO. Venne pure stabilito il termine di un anno per le elezioni. Sotto gli auspici dell'ONU, che assunse il ruolo di garante degli accordi di pace attraverso l'invio di truppe e la creazione di un'apposita Commissione di verifica, si definirono inoltre un piano generale di aiuti e una serie di misure volte a promuovere la conciliazione nazionale, come incentivi economici agli ex combattenti della RENAMO e garanzie alla RENAMO e agli altri partiti e movimenti di opposizione. Venne pure elaborato un piano per il progressivo rientro dei rifugiati (stimati in 1.700.000) e il ritorno ai luoghi di origine dei profughi non espatriati (circa 4 milioni). Gli accordi furono ratificati dal Parlamento il 15 ottobre. Nel dicembre dello stesso anno il Consiglio di sicurezza dell'ONU diede inizio all'''operazione Mozambico'' mentre la conferenza dei paesi ''donatori'', tenutasi a Roma nel dicembre, stanziava la prima parte di fondi necessari. Il processo di pace prese avvio, ma la situazione economica e sociale del paese rimase grave. Infatti a un modesto incremento dell'attività agricola, favorito anche dalla ripresa delle piogge dopo anni di siccità, facevano riscontro la quasi totale distruzione delle infrastrutture e le migliaia di mine inesplose nei campi e lungo le strade. Per altro verso perdurava la tensione politica fra le parti anche perché la RENAMO manteneva un'autonoma presenza militare nei territori sotto il suo controllo. Già in aprile l'ONU aveva comunque riscontrato l'impossibilità di far svolgere le elezioni entro i termini previsti e deciso il loro rinvio alla seconda metà del 1994.

Bibl.: J. Hanlon, Mozambique: the revolution under fire, Londra 1974; T. H. Henriksen, Revolution and counterrevolution: Mozambique's war of independence 1964-74, Westport 1983; A. e B. Isaacman, Mozambique from colonialism to revolution 1900-1982, Boulder 1983; B. Munslow, Mozambique: The revolution and its origins, New York 1983; G. Morosini, Il Mozambico indipendente, Milano 1984; M. Cahen, Mozambique. La révolution implosée, Parigi 1987; C. Darch, C. Pacheleke, Mozambique, Oxford 1987; J. Quan, Mozambique. A cry for peace, ivi 1987; J. E. Torp, Mozambique, New York 1989; L. Magaia, Doppio massacro. Storie tragiche del banditismo politico in Mozambico, Roma 1990; G. Geffray, La cause des armes au Mozambique, Parigi 1990.

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