ECUMENICO, MOVIMENTO (App. II, 1, p. 815)
Dopo l'assemblea di Amsterdam (22 agosto-4 settembre 1948) che decise la nascita giuridica del Consiglio ecumenico delle Chiese l'assemblea di Evanston (15-31 agosto 1954) fece conoscere il Consiglio ecumenico nel Nuovo Mondo. Attorno al tema centrale "Il Cristo, sola speranza del mondo", erano allora rivedute e riesaminate le dottrine "classiche"; fu particolarmente sottolineata la parte del laicato. Le correnti attuali sono emerse chiaramente con la spaccatura dell'assemblea tra "cristiani sociali" e "cristiani escatologisti". Infine i delegati ortodossi invitarono, con insistenza, l'assemblea ad approfondire sempre più il fondamento dottrinale e tradizionale dell'unità ecclesiastica. Frattanto nel 1952, il Movimento Fede e Costituzione, che ha conservato una certa indipendenza, ha tenuto la sua terza Conferenza a Lund (15-28 agosto 1952), conferenza più modesta delle due precedenti, ma di tono dottrinale senza dubbio notevole. I temi erano: "Natura della Chiesa", "Forme di culto", "Intercomunione".
Sarebbe inesatto parlare di una dottrina del Consiglio ecumenico, poiché autorità dottrinali sono soltanto le "Chiese" e queste non devono rinunciare ad alcunché del loro patrimonio dottrinale per far parte del Consiglio ecumenico delle Chiese (Documento di Toronto, 1950). Ma, in qualche modo, il movimento ecumenico comporta alcuni elementi dottrinali.
Ogni "chiesa" conserva interamente la sua ecclesiologia. Ma per essere ammessa al Consiglio ecumenico, ogni chiesa deve rispondere a certe condizioni, che sono piuttosto d'ordine sociologico. Infine, nell'insieme, sembra che le manifestazioni del Movimento ecumenico abbiano incontestabilmente fatto progredire l'idea di Chiesa, di una Chiesa, e di una Chiesa che deriva dal Cristo e che deve essere concepita secondo la volontà del Signore. Alcuni protestanti si sono perfino preoccupati per questo clima "ecclesiastico" del Consiglio ecumenico.
Il Movimento ecumenico ha messo in rilievo i fattori di disunione, che non sono teologici, ma politici, sociologici, psicologici, ecc. Ed è certo che questi fattori pesano ancora fortemente nel tenere divise le comunità cristiane.
Da qualche anno, il Movimento si preoccupa più particolarmente di "teologia ecumenica", cioè, prima di tutto, di infondere in tutte le discipline teologiche, e particolarmente, nella dommatica e nella storia ecclesiastica, nei libri e nell'insegnamento orale, un tono di sano irenismo, esente da ogni aggressività e da ogni spirito negativo.
In questo ultimo decennio (1949-1959) le molteplici attività del Consiglio Ecumenico sono state dominate dai punti seguenti: 1) Sul piano dottrinale si è cercato di fissare il pensiero comune delle Chiese partecipanti al Consiglio sulla Chiesa e la sua unità sulla base dell'articolo fondamentale di W. A. Visser't Hooft, Various meanings of unity and the unity which the World Council of Churchs seeks to promove (Ecumenical Review, ott. 1955,18-29). 2. Dal punto di vista unionista: moltiplicare i contatti tra le Chiese e particolarmente con i cattolici romani (corsi sul cattolicesimo romano all'Institut oecuménique di Bossey-Genève, contatti personali dei dirigenti del Consiglio Ecumenico con personalità ecclesiastiche). 3. Dal punto di vista interno: stabilire le relazioni tra il Consiglio ecumenico e il Consiglio internazionale delle Missioni, nel tentativo d'integrarlo nel Consiglio ecumenico; si può dire che questo è stato il problema organizzativo cruciale dell'ultimo decennio. 4. Per il futuro: preparare la terza Assemblea generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, che per ora è stata fissata alla fine del 1961, a Nuova-Delhi, nel cuore dell'Asia. Tema centrale sarà: "Il Cristo Luce del Mondo"; già tutte le Chiese partecipano attivamente alla sua preparazione. 5. Segnaliamo pure, in margine al Consiglio Ecumenico, l'esistenza della Chiesa unita dell'India del Sud, fatto ecclesiastico paradossale, di cui è difficile approvare la posizione dogmatica, ma il cui valore simbolico non può sfuggire. 6. Per quanto concerne i rapporti tra le Chiese, il Consiglio ecumenico si sforza quanto più è possibile di rendere più stretti i contatti con le Chiese ortodosse, greche e russe. È noto che gli Ortodossi, nonostante il loro profondo attaccamento alla causa dell'unità, si sentono spesso a disagio nelle assemblee dottrinali ecumeniche. I dirigenti del Consiglio ecumenico se ne rendono conto e moltiplicano i mezzi per evitare la rottura: visita al Patriarca di Mosca, presenza ortodossa a Ginevra e a Bossey, riunione a Rodi. 7. Si aggiunga che l'annuncio del Concilio ecumenico da parte di Giovanni XXIII ha destato in loro interesse e attenzione: tutto ciò che concerne il concilio è seguito con un prudente riserbo e sincera benevolenza.
La Chiesa Cattolica ha ritenuto di non poter partecipare al Consiglio ecumenico per ragioni pastorali e per ragioni d'ordine dogmatico. Ha proibito ai cattolici di partecipare, salvo autorizzazione, alle Assemblee del Consiglio ecumenico. Ha tuttavia dato una serie di consigli positivi nell'istruzione Ecclesia catholica del 1949, che dice in particolare che "i vescovi devono dare una sollecita particolare attenzione" ai problemi dell'unione dei cristiani, "devono conoscere questo movimento, promuoverlo, dirigerlo con prudenza". Nel fatto, nei cosiddetti paesi "misti" hanno luogo numerosi contatti, fecondi di risultati.
Bibl.: R. Rouse e St. Ch. Neill, A history of the ecumenical movement: 1517-1948, Londra 1954 (opera fondamentale, scritta dai dirigenti del movimento; grande ricchezza di notizie e di bibliografia); G. Thils, Histoire doctrinale du mouvement oecuménique, Lovanio 1955 (le dottrine teologiche del movimento e la teologia cattolica); Th. Sartory OSB, Die ökumenische Bewegung und die Einheit der Kirche, Meitigen 1955 (problemi teologici dell'unionismo, particolarmente in Germania); C. Boyer, Unità cristiana e movimento ecumenico, Roma 1955; A. Piolanti, Il Protestantesimo ieri e oggi, Roma 1958.