IMPULSIVO, MOTO
Nel moto di un punto materiale libero si può verificare la circostanza cinematica, che in un brevissimo intervallo di tempo τ, successivo a un dato istante τ0, il punto subisca una brusca variazione finita di velocità, senza variare sensibilmente di posizione; p. es. una palla elastica, assimilabile a un punto materiale, lanciata contro una parete, nel brevissimo intervallo di tempo in cui si trova a contatto con la parete, subisce una variazione finita di velocità, mentre la sua posizione rimane sensibilmente immutata; analogamente, una palla da bigliardo che riceva un colpo di stecca o un martello che colpisca un'incudine, ecc. Tutte le volte che ha luogo l'anzidetta circostanza cinematica, è direttamente constatabile che il punto materiale è soggetto all'azione di speciali forze cui si dà il nome di percosse. Tali forze, agendo con intensità grandissima per un tempo brevissimo, sono atte a imprimere al punto materiale brusche variazioni finite di velocità, senza spostamento apprezzabile del loro punto di applicazione; si chiama impulsivo il moto del punto materiale allorché intervengono percosse.
In ogni caso, di una percossa non si assegna l'intensità nei varî istanti dell'intervallo di tempo in cui essa agisce, né la brevissima durata della sua azione; una percossa F rimane globalmente caratterizzata dall'impulso istantaneo I (v. impulso), limite dell'impulso di F nell'intervallo di tempo (t0, t0 + τ), allorché τ converge a zero, sotto la condizione essenziale che tale limite sia finito e diverso da zero. Se invece F è una forza ordinaria, come ad esempio la forza peso, l'attrazione newtoniana di un punto fisso, ecc., l'impulso istantaneo I risulta nullo. Denotando con v+ e v- rispettìvamente i valori limiti delle velocità del punto negl'istanti immediatamente posteriori e immediatamente anteriori a t0 e ponendo Δv = v+ − v-, basta ricordare che per il teorema della quantità di moto (v. impulso) la variazione della quantità di moto mv di un punto nell'intervallo di tempo (t, t0 + τ) è eguale all'impulso della forza totale agente F e far tendere τ a zero, per ottenere l'equazione fondamentale
che consente di determinare la velocità posteriore v+, quando siano note la velocità anteriore v- e l'impulso I. Giova rilevare che se la forza totale F è la risultante di una percossa e di quante si vogliano forze ordinarie, queste ultime non hanno influenza alcuna sulla determinazione di v+, a causa dell'annullarsi dei corrispondenti impulsi istantanei. Nel caso di un punto o più generalmente di un sistema S di punti Pi (i =1, 2, ..., N) di masse mi, comunque vincolati, sul quale agiscano percosse direttamente applicate, si generano a causa dei vincoli, forze di reazione, fisicamente determinate, sul cui comportamento nulla si può dire a priori. V. Volterra ha dimostrato che per tutti i sistemi, per i quali vale il teorema delle forze vive (per es., i sistemi a legami privi di attrito e indipendenti dal tempo) i vincoli, sotto l'azione di percosse direttamente applicate, generano percosse reattive, che unitamente alle prime, dànno un effetto complessivo analogo a quello già messo in evidenza per le percosse applicate a un punto materiale libero. Più semplicemente, per le nostre ulteriori deduzioni ammetteremo come postulato caratteristico del moto impulsivo che il sistema S, sotto l'azione di percosse attive, mantenga configurazione sensibilmente invariata, mentre i singoli punti Pi possano subire brusche variazioni finite di velocità; in conseguenza supporremo applicabile a ciascun punto l'equazione fondamentale (1), ma con riferimento al risultante di tutti gl'impulsi attivi e reattivi agenti sul punto. Il problema del moto impulsivo di un qualsivoglia sistema vincolato consiste nel determinare l'atto di moto posteriore, cioè, data l'invariabilità della configurazione, le vi+ (valori limiti delle velocità dei punti Pi negl'istanti immediatamente successivi all'istante t0 in cui agiscono percosse) quando si conoscano, insieme agl'impulsi direttamente applicati, la configurazione del sistema all'istante t0 e le vi-.
Equazioni cardinali del moto. - Distinguiamo l'insieme di tutte le forze, impulsive e ordinarie, agenti su un sistema materiale S, in interne ed esterne (v. dinamica: n. 16) e per il generico punto Pi denotiamo con Fi il risultante di tutte e sole le forze esterne; a tale classificazione si ricollegano, come per il moto continuo, alcuni teoremi cui vogliamo accennare. Per il principio di reazione, il complesso delle forze interne è a risultante e a momento risultante nulli, talché, ad ogni istante del brevissimo intervallo di tempo τ in cui agiscono percosse, sono verificate le equazioni cardinali del moto continuo (v. dinamica: n. 16) dQ/dt = R, dK/dt = M nell'ipotesi che il centro di riduzione dei momenti sia un punto fisso o coincida col baricentro. Moltiplicando tali equazioni per dt, integrando tra t0 e t0 + τ, tenendo conto che, per l'ammesso postulato caratteristico, i punti Pi conservano nel tempuscolo τ posizioni sensibilmente immutate, passando al limite, per τ tendente a zero, si ottengono le equazioni cardinali del moto impulsivo
ove ΔQ = Q+ − Q- e ΔK = K+ − K- denotano le differenze tra le determinazioni del risultante Q e del momento risultante K (rispetto a un punto fisso o al baricentro) delle quantità di moto del sistema, in corrispondenza agli atti di moto posteriore e anteriore; R* e M* denotano il risultante e l'analogo momento risultante degl'impulsi
di tutte e sole le forze esterne aventi carattere di percosse. Le (2), pur essendo necessariamente verificate per ogni sistema materiale S, non sono in generale sufficienti alla risoluzione del relativo problema di moto impulsivo. Però, se S è un solido, libero o vincolato, analogamente a quanto accade nel corrispondente caso di moto continuo (v. dinamica: n. 39), tali equazioni consentono la determinazione dell'atto di moto posteriore, quando siano noti insieme alla configurazione e alle velocità anteriori, i soli impulsi attivi di origine esterna.
Solido libero. - L'atto di moto di un solido è notoriamente determinato (v. cinematica: n. 25) dai vettori caratteristici v0 (velocità di un generico punto O solidale col solido) e w (velocità angolare); ove si assuma come punto solidale e centro di riduzione dei momenti il baricentro G, risulta Q = mvG, con m massa totale del sistema; inoltre il momento K delle quantità di moto, rispetto agli assi principali d'inerzia baricentrali ha per componenti: Kx = Ap, Ky = Bq, Kz = Cr, dove A, B, C denotano i momenti principali d'inerzia relativi al baricentro e p, q, r le componenti di ω; indicando con σ l'operazione invertibile o omografia vettoriale (v. vettore) che applicata al vettore ω dà il vettore K, si può scrivere K = σ (ω). Le equazioni cardinali (2) nel caso di un solido libero, essendo σ-1 l'operazione inversa di σ, assumono l'aspetto
con ΔvG = vG-+ − vG- e Δω = ω+ − ω-. Esse consentono la determinazione dell'atto di moto posteriore caratterizzato dai vettori vG+ ed ω+, quando siano noti i dati superiormente specificati.
Solido con un punto fisso. - Basta assumere il punto fisso come polo O, cui riferire i vettori caratteristici degli atti di moto, perché sia identicamente v0 = 0; si tratta allora di determinare solo la velocità angolare ω+ che compete all'atto di moto posteriore. A tale scopo basta la seconda delle (2′); ove pure si scelga il punto O come centro di riduzione dei momenti, il vettore M* s'identifica col momento risultante dei soli impulsi esterni direttamente applicati. Conosciuto ω+, si calcola agevolmente la velocità posteriore del baricentro e la prima delle (2′) permette la determinazione dell'impulso reattivo di origine esterna che si desta in O.
Solido con asse fisso. - Scelto come polo O e centro di riduzione dei momenti un punto dell'asse, risulta v0 = 0; resta inoltre definito l'atto di moto posteriore, non appena sia conosciuta la componente p+ di v+ secondo l'asse fisso, scelto come asse delle x. Proiettando la seconda delle (2) su tale asse, poiché notoriamente Kx = Ap (v. dinamica: n. 25), con A momento d'inerzia del solido rispetto all'asse, si può scrivere
che risolve il problema quando si conoscano, insieme ai dati cinematici più volte espressi, i soli impulsi esterni direttamente applicati. Il risultante R′ e il momento risultante M′ rispetto al punto O degl'impulsi reattivi lungo l'asse si calcolano in base alle (2), giacché le componenti di ΔQ e ΔK si lasciano esprimere in termini di Δp (e quindi di Mx*) e delle costanti strutturali del solido; resta però indeterminata la distribuzione di tali impulsi reattivi, anche quando dell'asse si fissino due soli punti. Un'applicazione notevole della (3) si ha nella misura delle velocità iniziali dei proiettili per mezzo del pendolo balistico, che è un robustissimo pendolo, al quale viene solidamente collegata l'arma, ortogonalmente all'asse di sospensione; avvenuto lo sparo, il pendolo subisce un impulso (impulso di rinculo) d'intensità uguale alla quantità di moto mv del proiettile. S'inizia allora una fase di moto oscillatorio continuo; dall'ampiezza massima della prima oscillazione è deducibile la velocità angolare posteriore con cui s'inizia tale moto; essendo nulla la velocità angolare anteriore, a norma della (3), si ricava la velocità v del proiettile.
Caso di un unico impulso. Centro di percossa. - Nel caso di un unico impulso applicato I, affinché il complesso degl'impulsi reattivi lungo l'asse sia equivalente a zero (R′ = 0 ed M′ = 0) è innanzi tutto necessario che l'asse di rotazione sia principale rispetto a uno dei suoi punti O; se tale condizione è preliminarmente soddisfatta, l'impulso I deve risultare normale al piano determinato dall'asse e dal baricentro G del solido; la sua linea d'azione deve inoltre passare pel punto P di tale piano, proiezione di O sull'asse d'oscillazione del solido relativo all'asse di rotazione assunto come asse di sospensione (v. dinamica: n. 24); il punto P si chiama centro di percossa relativo all'asse fisso; per una lastra piana rotante attorno a un'asse del suo piano, l'anzidetta condizione preliminare è sempre soddisfatta; nel caso di una porta rettangolare omogenea di larghezza l, il centro di percossa rispetto all'asse dei perni si trova a metà dell'altezza, a una distanza dall'asse uguale a 2l/3.
Le precedenti conclusioni trovano anche pratica applicazione nella costruzione . dei martelli, quando si voglia realizzare la condizione che all'atto della percossa l'asse di rotazione del martello (cioè, in sostanza, la mano di chi lo manovra) non risenta contraccolpi troppo violenti.
Urto di due corpi. - I due corpi S1 ed S2 si urtino in un sol punto P regolare (cioè a piano tangente ben determinato) per le rispettive superficie terminali. In assenza d'attrito, ciascun corpo riceve un impulso applicato in P avente la direzione della normale comune alle due superficie e rivolto verso l'interno. Per il principio di reazione, l'intensità incognita I di tale impulso risulta la stessa per i due corpi; ove si denoti con nj il versore normale interno alla superficie del corpo Sj (j = 1, 2), le equazioni (2′) forniscono, col noto significato dei simboli, le quattro equazioni vettoriali:
la prima delle quali esprime la circostanza che la velocità posteriore baricentrale vGj+ di ciascun corpo differisce dall'analoga velocità anteriore vGj-, per un vettore normale alle due superficie in P; ne segue che la componente tangenziale di vGj- non subisce alcuna variazione. L'urto si dice dìretto se le velocità baricentrali anteriori vGj- hanno la direzione della normale comune alle due superficie in P; si dice centrale se tale normale comune contiene i rispettivi baricentri (urto di due sfere); in quest'ultimo caso risulta (P − Gj) ≿ nj = 0 onde Δωj = 0, sicché nell'urto centrale le velocità angolari si conservano inalterate. Le (4) non dànno l'impostazione completa del problema dell'urto di due corpi, perché contengono oltre alle quattro incognite vGj+ ed ωG+ (j = 1, 2) l'incognita ausiliaria I; occorre quindi un'altra equazione, che si può desumere dall'esame del fenomeno, a partire dall'istante in cui s'inizia il contatto. Dapprima i due corpi si deformano e secondo la loro natura fisica tale deformazione può essere permanente (corpi anelastici: cera, piombo) oppure, attenuandosi più o meno, fa sì che i corpi rimbalzino (corpi elastici). Nel caso notevole dell'urto centrale e diretto, per l'invariabilità delle velocità angolari ωj si può più semplicemente supporre che i due corpi siano animati di moto traslatorio secondo la direzione della retta r che congiunge i rispettivi baricentri, talché le componenti vj delle velocità dei due corpi secondo la r coincidono con le analoghe componenti vGj delle rispettive velocità baricentrali. Si può in tal caso schematizzare l'aspetto complessivo del fenomeno, introducendo col Newton l'ipotesi cinematica che la velocità relativa di allontanamento di uno dei due corpi rispetto all'altro, immediatamente dopo l'urto, sia una determinata frazione μ, compresa fra 0 e 1, dell'analoga velocità di avvicinamento, subito prima dell'urto. Ciò conduce ad assumere come legge empirica da aggiungere alle (4) la
e ad ammettere ulteriormente, in base all'esperienza, che la costante μ, chiamata coefficiente di restituzione, dipenda soltanto dalla costituzione fisica dei due corpi. Si ha μ = 0 se i corpi sono anelastici, μ = 1 se sono invece perfettamente elastici. Eliminando l'incognita ausiliaria I dalle prime delle (4) proiettate nella direzione orientata r si ottiene:
che esprime il teorema della conservazione della quantità di moto totale.
Le (5) e (6) manifestamente risolvono il problema dell'urto centrale e diretto: calcolando la variazione totale di forza viva per effetto dell'urto, si riconosce che, per μ 〈 1, si ha un'effettiva perdita di energia, di cui una parte è impiegata a produrre la deformazione permanente e una parte si trasforma in calore; solo per μ = 1 tale perdita si annulla. Il problema generale dell'urto di due corpi può essere trattato in maniera concettualmente analoga.
Teoremi generali sul moto impulsivo. - Se il complesso delle forze agenti su un sistema S a vincoli bilaterali, si distingue in forze attive (o direttamente applicate) e vincolari, e si denotano per il generico punto Pi con F: il risultarite delle forze attive, a tale classificazione si ricollega un altro gruppo di teoremi di cui daremo un brevissimo cenno. Partiamo dall'equazione simbolica della dinamica (v. dinamica: n. 19)
valida in ogni istante dell'intervallo brevissimo di tempo τ in cui agiscono percosse; integriamo rispetto al tempo, fra t0 e t0 + τ, nell'ipotesi che gli spostamenti virtuali δPi; si riguardino come indipendenti dal tempo, e facciamo tendere τ a zero; ove si denotino per il generico punto Pi con Ii risultante degl'impulsi attivi e conΔvi la solita brusca variazione di velocità, si perviene all'equazione simbolica del moto impulsivo:
valida per tutti gli spostamenti virtuali a partire dalla configurazione all'istante t0 con l'ipotesi esplicita che i vincoli, durante il fenomeno impulsivo, si mantengano inalterati, talché qualunque brusca soppressione o introduzione di vincoli deve ritenersi realizzata anteriormente oppure posteriormente al fenomeno anzidetto. I vincoli esistenti nel tempuscolo τ in cui agiscono percosse, si dicono persistenti se si conservano anche per un intervallo di tempo finito successivo all'istante t0 + τ; in tale caso l'atto di moto posteriore vi+ è certamente compatibile con essi; i vincoli non persistenti sono invece quelli che, agendo durante il fenomeno impulsivo, cessano immediatamente dopo; così nell'urto di due corpi, il vincolo per contatto, che interviene durante l'urto, è persistente se i corpi sono anelastici, non persistente se sono anche imperfettamente elastici; in questo ultimo caso l'atto di moto posteriore non è compatibile con tale vincolo.
Ciò premesso, con riferimento al moto impulsivo del sistema S, si consideri la funzione quadratica
delle sole vi (distribuzione generica delle velocità. compatibile con i vincoli durante il fenomeno impulsivo) con Ii, mi, vi- quantità prefissate; supposto che l'atto di moto posteriore vi+ sia compatibile con i detti vincoli, ha luogo il teorema del Robin, in virtù del quale l'incognito atto di moto posteriore, rispetto a ogni atto di moto compatibile con i vincoli, è quello che rende minima la funzione G; tale teorema equivale al principio della minima costrizione del Gauss (v. dinamica: n. 21).
Più particolarmente, se il sistema S è a vincoli reversibili (tali cioè che insieme con ogni atto di moto compatibile con essi consentano l'atto di moto direttamente opposto) supposto che a un dato istante to, in assenza d'impulsi attivi, si determinino brusche variazioni di velocità, nelle ipotesi che l'atto di moto posteriore sia compatibile con i vincoli esistenti durante il fenomeno impulsivo, per un classico teorema del Carnot si ha sempre una perdita di forza viva del sistema, che eguaglia la forza viva dovuta alle brusche variazioni di velocità; così nell'urto di due sfere anelastiche, e solo in tal caso, in base a tale teorema è possibile calcolare agevolmente la perdita di forza viva per effetto dell'urto. Ferma restando l'ipotesi di vincoli reversibili, pur ammettendo l'esistenza di impulsi direttamente applicati, se l'atto di moto posteriore è compatibile coi vincoli durante l'urto, ha luogo il teorema di Lagrange-Bertrand, in virtù del quale si stabilisce il confronto tra la forza viva Tx del sistema, per l'effettivo atto di moto posteriore, e la forza viva T* che competerebbe al medesimo sistema, per un ipotetico atto di moto generato, mercé la brusca introduzione di nuovi vincoli reversibili, rimanendo immutati gl'impulsi attivi; il teorema stabilisce che Tx è massima rispetto a tutte le possibili determinazioni di T*. Infine nel caso di un sistema olonomo, l'equazione simbolica (7) conduce sempre alla risoluzione del relativo problema di moto impulsivo, quando sia conosciuto insieme all'atto di moto anteriore, il sistema degl'impulsi Ii direttamente applicati.
Bibl.: T. Levi-Civita e U. Amaldi, Lezioni di meccanica razionale, I, 2ª ed., Bologna 1920; II, i, 1926; II, ii, 1927; L. Lecornu, La mécanique, les idées et les faits, Parigi 1918; P. Appel, Traité de mécanique rationnelle, II, Parigi 1926; E. Mach, Die Mechanik in ihrer Entwicklung hist.-kritisch dargestellt, 8ª ed., Lipsia 1921; G. A. Maggi, Dinamica dei sistemi, 2ª ed., Pisa 1921.