Si intendono per motivi tutte le rappresentazioni mentali che determinano un soggetto a dare una certa regola ai propri interessi, ponendo in essere un negozio giuridico (ad esempio, l’acquisto di un appartamento in una città diversa da quella di residenza può essere motivato dall’intenzione di compiere un investimento pecuniario, di trasferirsi per ragioni di studio o di lavoro e così via). I motivi possono essere esplicitati nel negozio giuridico (ad esempio, attraverso una condizione), ma se ciò non accade sono in genere irrilevanti, poiché l’ordinamento tutela il regolamento d’interessi di cui deve essere valutata la rispondenza ad una funzione obiettiva, socialmente apprezzabile, a maggior difesa dei principi della certezza dei rapporti giuridici, della buona fede delle parti e dell’affidamento dei terzi. Questo principio generale è pertanto attenuato in materia di testamento e donazione, laddove gli interessi del disponente non urtano in un controinteresse dei destinatari degno di peculiare riconoscimento. Tra i principali casi di rilevanza dei motivi di un negozio giuridico si segnala il motivo illecito, che rende nulla la disposizione testamentaria e la donazione se è il solo che abbia determinato il testatore o il donante e se risulta dal testamento o dalla donazione (artt. 626 e 788 c.c.); nel contratto, il motivo illecito e comune ad entrambe le parti provoca l’illiceità, e quindi la nullità, del contratto medesimo se è stato il solo ad aver determinato il consenso (art. 1345 c.c.). L’errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, è causa di annullamento della disposizione testamentaria o della donazione se risulta dal testamento o dalla donazione ed è il solo ad aver determinato il testatore o il donante (artt. 624 e 787 c.c.). Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ove la stabilità non sia assicurata da norme di legge, di regolamento e di contratto collettivo o individuale, il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c. o per giustificato motivo; il prestatore di lavoro può chiedere, entro otto giorni dalla comunicazione, i motivi che hanno determinato il recesso; in tal caso l’imprenditore deve, nei cinque giorni dalla richiesta, comunicarli per iscritto, altrimenti il licenziamento stesso è inefficace (artt. 1-2 l. 15 luglio 1966, n. 604).