MOSTI TROTTI ESTENSE, Tancredi
– Nacque a Ferrara l’8 febbraio 1826, ultimo figlio del marchese Ercole (1786-1828) e di Giovanna Maffei (1799-1879).
Il padre fu il primo a portare il cognome Mosti Trotti Estense fondendo l’eredità di due famiglie – i Trotti e i Mosti Estense – che avevano rivestito un ruolo di rilievo nella società ferrarese fin dal tardo Medioevo. Tancredi ebbe un fratello e due sorelle: Guelfo (1822-1844), Malvina (nata nel 1819) ed Emma (nata nel 1821).
In gioventù, e in particolare negli anni 1846-47, Mosti compì diversi viaggi in Italia centrale, Francia, Inghilterra e Germania. Ritornato a Ferrara, il 14 settembre 1847 fu nominato dal legato apostolico della città membro della commissione di arruolamento della guardia civica. Ferrara era stata occupata il 17 luglio dalle truppe austriache al comando di Costantino d'Aspre e Laval Nugent, atto che aveva suscitato vive proteste da parte della Santa Sede, e in agosto il cardinale legato Luigi Ciacchi aveva lasciato la città affidandone il comando al marchese Giovanni Costabili – cognato di Mosti in quanto marito della sorella Malvina – di lì a poco colonnello della stessa guardia civica ferrarese. L'occupazione austriaca era finita nel dicembre dello stesso anno, quando la guarnigione imperiale si era ritirata nella fortezza cittadina e nelle caserme di S. Benedetto e S. Domenico e il cardinale legato aveva fatto ritorno in città.
L’11 aprile 1848, durante una riunione nel palazzo della famiglia Mosti, Tancredi e Costabili costituirono il corpo franco dei bersaglieri del Po, con l’obiettivo di unirsi nella guerra contro l’Austria alle truppe regolari dell’esercito pontificio, comandate da Giovanni Durando. Il corpo era composto da 73 uomini di varia estrazione sociale fra i quali figurava, oltre a Mosti e Costabili, il conte Achille Magnoni, capo di stato maggiore della guardia civica.
La divisa dei bersaglieri del Po era composta da una tunica celeste a sottili righe bianche con colletto e paramani rossi e una croce rossa sul petto, calzoni di panno blu con filetto rosso, cappotto color tabacco e cappello di feltro nero con coccarda tricolore; il comandante portava inoltre una piuma nera sul cappello e un gallone d’argento alla goletta. L’armamento dei bersaglieri e di altri corpi volontari era stato procurato da Mosti a Parigi nel dicembre 1847: 4000 fucili acquistati a nome della Commissione d’arruolamento della legazione grazie a un fido del Comune e della Provincia di Ferrara, dei Comuni di Copparo e Comacchio, della Camera di commercio.
Quando l'esercito di Durando giunse a Ferrara Mosti e Costabili proposero di assaltare gli austriaci asserragliati nella fortezza, ma Durando e Massimo d’Azeglio li dissuasero. Il 12 aprile gli uomini di Mosti, aumentati nel frattempo di 10 unità, partirono e passarono il Po, precedendo di alcuni giorni le truppe di Durando e unendosi a Onigo, nei pressi di Treviso, ai corpi di volontari comandati dal generale Andrea Ferrari, allo scopo di impedire agli austriaci il passaggio del Piave. Il 5 maggio un primo breve scontro si concluse con una ritirata a Cornuda e lo stesso avvenne nel secondo scontro, il 9 maggio, quando il mancato arrivo dei soccorsi di Durando convinse Ferrari e Mosti a ripiegare; il giorno seguente i volontari furono costretti a indietreggiare fino a Treviso, il che inflisse un duro colpo al morale delle truppe. I bersaglieri del Po, tuttavia, negli stessi giorni aumentarono di numero grazie all’arrivo di 46 nuovi volontari. Il 20 maggio anche Vicenza fu attaccata dagli austriaci, ma l’assalto fu respinto e il giorno seguente i bersaglieri del Po si unirono agli assediati nella difesa della città; fra il 23 e il 24 maggio fallì un altro attacco delle truppe imperiali, anche grazie agli uomini di Mosti che dal Monte Berico tiravano sugli austriaci permettendo agli altri battaglioni di attaccare il nemico sul fianco e respingerlo. Il 10 giugno, tuttavia, Vicenza fu investita da un esercito di 30.000 uomini e costretta a capitolare; il generale Durando trattò la resa con l’onore delle armi e il giorno seguente i difensori consegnarono la città agli austriaci. I bersaglieri del Po, che fra Cornuda e Vicenza avevano avuto 4 caduti e diversi feriti, rientrarono a Ferrara il 15 giugno; una buona parte del corpo il 31 luglio ottenne di essere riorganizzata e inserita nel battaglione mobile, composto di sole 4 compagnie.
Nel 1849 Tancredi, ormai convinto della necessità di sostenere l’impresa sabauda, si arruolò nell’esercito piemontese come luogotenente dei bersaglieri, combattendo in Romagna e a Bologna. In quello stesso anno il comando militare di Ferrara avviò un’indagine su di lui per presunte attività sovversive e ordinò perquisizioni nel palazzo e nella tomba di famiglia; proprio per non aggravare la sua posizione nel processo, la medaglia d’argento decretata per la difesa di Vicenza non gli fu conferita. Tre anni più tardi, in conseguenza del ritrovamento di un deposito di armi in un suo possedimento a Polesella, Mosti fu arrestato e imprigionato a Verona, coinvolto nel processo che avrebbe portato l’anno successivo alla fucilazione di Giacomo Succi, Domenico Malagutti e Luigi Parmeggiani; in quell’occasione la madre, temendo che le perquisizioni portassero alla luce prove utili all’accusa, bruciò la maggior parte dei documenti del figlio e ne fece gettare nel Po le armi. Sempre grazie all’intercessione della madre, appartenente a un'antica famiglia marchionale veronese, Mosti ottenne poi l'ordine di scarcerazione e si rifugiò in Piemonte.
Con lo scoppio della II guerra d’indipendenza, nel 1859, rientrò in servizio nell’esercito del Regno di Sardegna e fu presente a diversi fatti d’arme: il passaggio della Sesia e le battaglie del 30 e 31 maggio a Palestro, gli scontri presso la Rocca d’Anfo il 22 giugno e, nello stesso mese, a Bagolino. L’8 settembre 1859 fu nominato capitano nell’esercito della Lega degli Stati centrali; fu poi aiutante di campo di Enrico Cialdini e nei due anni successivi combatté con lui a Pesaro, Senigallia, Castelfidardo, Ancona, Macerone, Garigliano e negli assedi di Gaeta e Messina.
Il 12 marzo 1860 fu nominato ufficiale d’ordinanza di Vittorio Emanuele II e il 14 ottobre 1865 ebbe la promozione a maggiore; con questo grado fu messo in congedo permanente il 6 marzo 1872.
Ebbe diverse onorificenze militari fra le quali la Medaille commémorative de la Campagne d’Italie, concessa da Napoleone III nel 1859, e fu decorato da Vittorio Emanuele II con 6 fascette (relative agli anni 1848, 1849, 1859, 1860, 1861, 1866) e da Umberto I per le campagne dal 1848 al 1870. Gli furono inoltre conferite: la medaglia d’argento al valor militare per gli scontri di Palestro (Ordine generale d’armata n. 28 del 19 giugno 1859) e la medaglia di bronzo al valor militare per Rocca d’Anfo (Ordine generale d’armata n. 43 del 12 luglio 1859), la croce di cavaliere dell’Ordine militare di Savoia per la campagna d’Ancona (Regio decreto 30 ottobre 1860), la medaglia d’argento al valor militare per gli assedi di Gaeta e Messina (Regio decreto 1° giugno 1861), la croce di cavaliere dell’Ordine della corona d’Italia (Regio decreto 22 aprile 1868, alla costituzione dell’Ordine), la croce di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (Regio decreto 3 giugno 1869), il titolo di cavaliere dello stesso Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (Regio decreto 2 gennaio 1873).
Il 18 ottobre 1862 sposò nella chiesa di S. Pietro a Bologna Paolina Pepoli, nata a Casalecchio di Reno nel 1831 da Guido Taddeo e da Letizia Murat (figlia di Gioacchino Murat e Carolina Bonaparte), già vedova nel 1854 del conte Mauro Giovanni Zucchini. Da lei, figura impegnata sui fronti della cultura e della filantropia oltre che vicepresidente del comitato ferrarese della Croce Rossa, Tancredi ebbe quattro figli: Ercole, che ebbe un posto di rilievo nella vita politica ferrarese e fu deputato per il Partito radicale, Giovanna detta Gianna, che sposò Alfredo Costabili, Maria Letizia, che sposò Carlo Andrea Guidi di Bagno, e Ercole Guelfo, morto a cinque mesi.
Parallelamente a quella militare, anche la carriera politica di Mosti a partire dagli anni Cinquanta fu legata al Regno di Sardegna. Eletto con Costabili e Carlo Mayr fra i 30 ferraresi all’Assemblea delle Romagne, fu anche questore e comparve fra i 10 firmatari della proposta – redatta in una prima forma già il 3 settembre 1859 – con cui i popoli delle Romagne dichiararono la loro volontà di non essere più sottoposti all’autorità temporale dello Stato pontificio; il 6 settembre, sulla base di quel documento, votò con l’Assemblea l’annessione al Regno di Sardegna. Il 28 agosto 1860, inviato in missione dal governo delle Romagne, assistette nel castello di Chambéry al teso colloquio con cui Luigi Farini ed Enrico Cialdini ottennero da Napoleone III un sostanziale consenso alle operazioni militari piemontesi nell’Italia centrale.
In seguito fu eletto per due volte al Parlamento nei seggi della destra per il I collegio di Ferrara: per la IX legislatura, con votazione il 20 gennaio 1867 e ballottaggio il 27 gennaio; la seconda volta, per la X legislatura, con votazione il 10 marzo 1867 e ballottaggio il 17 marzo. La sua attività parlamentare fu piuttosto ridotta: risultano solamente tre suoi interventi (9 luglio 1867, 31 gennaio 1868 e 3 maggio 1869), durante i quali si dichiarò solidale con domande o proposte di altri parlamentari.
Nominato senatore il 7 giugno 1886 (nella 21a categoria prevista dall’art. 33 dello Statuto Albertino: «persone che da tre anni pagano tre mila lire d’imposizione diretta, in ragione dei loro beni o della loro industria») avendo come relatore Francesco Ghiglieri, prestò giuramento il 5 febbraio 1887.
La passione giovanile per i viaggi, testimoniata da lettere e diari, non lo abbandonò mai: oltre ai già citati viaggi giovanili, nel 1850 visitò l’Egitto, nel 1851 Londra, fra il 1855 e il 1858 di nuovo l’Egitto, Parigi, la Nubia, l’Arabia e la Grecia, nel 1872 Roma, Napoli e la Sicilia, nel 1873 la Baviera, l’Austria e l’Ungheria, nel 1876 gli Stati Uniti, nel 1878 Spagna, Portogallo, Francia, Svezia, Danimarca e Norvegia. Intensa fu anche la sua partecipazione alla vita dell’alta società ferrarese. Nel 1872 fece restaurare il palazzo di famiglia, edificato nel XV secolo, e nel 1900 costruì nella tenuta di campagna a Fossadalbero – dove con la moglie era solito ricevere gli ospiti – il primo campo da tennis documentato nella provincia di Ferrara; intorno alla stessa tenuta trasformò i campi in un parco di circa 18 ettari. Nel 1903 avviò la ristrutturazione in stile liberty del palazzo di città, che di lì a poco fu venduto dal figlio Ercole.
Durante la vecchiaia continuò a seguire con interesse le vicende della politica italiana e internazionale, appassionandosi in particolare alle manovre militari in Africa, e il 24 maggio 1898 fu protagonista – assieme a 21 superstiti dei Bersaglieri del Po – delle celebrazioni in occasione del cinquantenario della difesa di Vicenza.
Morì a Ferrara il 16 maggio 1903.
Fonti e Bibl.: L'Archivio Trotti Estense Mosti (composto da 45 buste) è conservato nell'Arch. storico comunale di Ferrara. Cfr. inotre, Ibid., C.A. XIX sec., Militari e guerre, b. 358 (Bersaglieri del Po); ; Popolazione, b. 142 (Mosti); L’assemblea dei rappresentanti del popolo delle Romagne, Bologna 1859, pp. XVI, XXIV, 24, 42; L. Zini, Storia d'Italia dal 1850 al 1866 continuata da quella di Giuseppe La Farina, Milano 1869, pp. 2, parte II, p. 432; P. Niccolini, I Bersaglieri del Po. 12 aprile - 15 giugno 1848, Ferrara 1908; A. di Bagno, Ricordi della vecchia Ferrara, in Rivista di Ferrara, 1935, n. 3, pp. 118-129; n. 4, pp. 175-179; E. Bottrigari, Cronaca di Bologna, a cura di A. Berselli, Bologna 1960-62, pp. 353, 490, 501; E. Lanzoni - A. C. Venturini, Ferrara, una città nella storia, II, Ferrara 1984, p. 147; F. Giovanelli, Il conte bersagliere, in La Pianura, 1986, n. 3-4, pp. 59-61; G. Manni - M.P. Marzocchi - G. Pesci, Liberty in Emilia, Modena 1988, p. 228; L’Emilia Romagna in Parlamento. Elezioni, deputati, attività in Parlamento. 1861-1919, I-II, a cura di M.S. Piretti - G. Guidi, Bologna 1992, p. 222; E. Morelli, I fondi archivistici del Museo centrale del Risorgimento, a cura di F. Bartoccini et al., Roma 1993, pp. 41, 122; Atlante del giardino italiano 1750-1940. Diz. biografico di architetti, giardinieri, botanici, committenti, letterati e altri protagonisti. Italia settentrionale, a cura di V. Cazzato, I, Roma 2009, p. 499.