MOSTI TROTTI ESTENSE, Ercole
MOSTI TROTTI ESTENSE, Ercole. – Nacque a Bologna il 3 dicembre 1864, terzogenito e unico figlio maschio del marchese Tancredi (1826-1903) e di Paolina Pepoli (1831-1916). Ebbe il titolo di marchese con decreto regio del 20 settembre 1907.
L’omonimo avo paterno portò per primo il cognome Mosti Trotti Estense, derivante dalla fusione dell’eredità di due antiche famiglie ferraresi. Il padre Tancredi, patriota e uomo politico, ebbe oltre a Ercole le figlie Gianna, sposata ad Alfredo Costabili, e Maria Letizia, sposata a Carlo Andrea Guidi di Bagno.
Giovane dall’animo irrequieto, dopo la laurea in giurisprudenza – conseguita a Bologna il 4 luglio 1887 con una tesi sui partiti politici – si mostrò insofferente all’ambiente aristocratico ferrarese e intraprese viaggi in Europa e nel Nord e Sud America; durante uno di questi, rimasto privo di denaro in Messico, trovò lavoro come bigliettaio per pagare le spese del ritorno.
In Belgio conobbe Rachel Verset, di Chicago, che sposò con il solo rito religioso; ritornato a Ferrara con la donna, le diede un alloggio nei pressi del palazzo di famiglia. In seguito, tuttavia, intrecciò una relazione con una cameriera della moglie, Iole Fabbri, nativa di Copparo, dalla quale ebbe un figlio; il bambino, nato il 29 luglio 1902 e battezzato con il nome di Tancredi, fu registrato come illegittimo, ma ebbe il riconoscimento da entrambi i genitori e fu l’ultimo maschio a portare il cognome Mosti Trotti Estense. Rachel Verset, rimasta a Ferrara anche dopo la fine della relazione con Ercole Mosti, sposò nel 1908 il collezionista d’arte Stanislao Sgherbi, amministratore dei nobili ferraresi Gulinelli.
Al rientro in patria, dopo la stagione dei viaggi, si dedicò alla politica avvicinandosi agli ambienti del nascente socialismo ferrarese. Nel 1898, in particolare, sostenne il gruppo che vedeva fianco a fianco intellettuali come Ignazio Scarabelli, docente di diritto nell’Ateneo ferrarese, e Ugo Poledrelli, futuro sindaco di Portomaggiore, ma anche artigiani e operai provenienti da esperienze sindacali nelle industrie. Questo impegno in opposizione al fronte conservatore, all’epoca dominante, gli procurò attriti con l’ambiente aristocratico cittadino e con la stessa famiglia di provenienza, ma non gli impedì di partecipare, il 24 maggio 1898, alle celebrazioni organizzate in onore del padre e dei superstiti Bersaglieri del Po, in occasione del cinquantesimo anniversario degli scontri avvenuti a Vicenza nel 1848: i volontari ferraresi al comando di Tancredi Mosti, infatti, si erano distinti durante la difesa della città dalle truppe austriache, conclusasi in giugno con la capitolazione dopo tre settimane di assedio. Muovendo i primi passi sulla scena pubblica, fu anche membro della direzione del teatro Comunale di Ferrara, incarico da cui diede le dimissioni nel 1901.
L’esordio nella politica attiva non fu all’insegna del successo: candidato a Feltre, non fu eletto e dovette ripiegare su un seggio di consigliere di minoranza nel consiglio comunale di Ferrara. In questa veste sostenne la necessità di attuare un processo di moralizzazione nella vita pubblica del Paese e della città. Protagonista di accesi dibattiti, fu in diverse occasioni oggetto di querela da parte di personaggi pubblici, tanto che le spese giudiziarie – unite a una scarsa attenzione alla gestione delle proprietà di famiglia – consumarono il patrimonio ereditato dal padre. Fra i beni venduti per ripianare i debiti vi furono anche il palazzo cittadino della famiglia sull’allora corso Vittorio Emanuele, fatto decorare in stile liberty dal padre poco prima della morte, e l’ex delizia estense di Fossadalbero, di proprietà della famiglia Mosti fin dal 1527.
Confrontandosi per la prima volta con una condizione di ristrettezze economiche, si trasferì a Bologna, dove sposò Iole Fabbri (13 settembre 1906) e superò a 44 anni l’esame di abilitazione alla professione di avvocato; negli anni seguenti affiancò sempre l’impegno professionale a quello politico. Iniziò così l’ascesa nel Partito radicale italiano – già attivo dagli anni Settanta dell’Ottocento ma ufficialmente costituitosi nel 1904 – fino a raggiungere nel 1912 la carica di segretario politico, che tenne fino alla morte; in questo ruolo affiancò il segretario generale Giovanni Amici.
Alle elezioni politiche del 1913 per la XXIV legislatura, le prime a suffragio universale maschile, le diverse anime dell’opposizione al fronte conservatore ferrarese, rappresentato da Pietro Niccolini, si divisero nella scelta dei candidati. I sindacalisti proposero Michele Bianchi, portavoce della protesta contro l’impresa italiana in Libia, mentre i socialisti scelsero Raffaele Mazzanti, artefice e vertice del cooperativismo a Ferrara; i radicali puntarono su Mosti , che andò al ballottaggio. Dopo che i socialisti e i sindacalisti dichiararono le proprie intenzioni di voto a favore del candidato radicale e anche Bianchi, suscitando discussioni fra i propri sostenitori, si schierò dalla sua parte nonostante egli fosse dichiaratamente favorevole alla spedizione in Libia, Niccolini si ritirò e Mosti entrò così in Parlamento nelle file del Partito radicale italiano in quella che non fu solo l'unica affermazione parlamentare dei radicali nel collegio ferrarese, ma anche il maggiore successo elettorale nella storia del partito. La partecipazione dei radicali al quarto governo Giolitti ebbe per altro fine con il congresso di Roma del febbraio 1914, in cui, contrari all’alleanza fra liberali e cattolici sancita dal patto Gentiloni, scelsero di uscire dall'esecutivo, che cadde nel marzo successivo.
Come parlamentare, fra il 3 febbraio 1914 e il 20 febbraio 1915, Mosti fece 15 interpellanze e interrogazioni e 5 interventi, due dei quali con dichiarazioni di voto; fra gli argomenti trattati figurano l’istruzione degli analfabeti emigranti negli Stati Uniti, i disordini verificatisi ad Ancona il 7 giugno 1914, la disoccupazione nella provincia di Ferrara, le spese relative all’occupazione della Libia.
Allo scoppio della prima guerra mondiale il Partito radicale si trovò diviso al suo interno fra una corrente interventista, maggioritaria, e una neutralista, minoritaria ma sostenuta anche da figure di spicco come il ministro dell’Agricoltura, industria e commercio Francesco Saverio Nitti. Superato il dibattito interno, la direzione radicale – di cui facevano parte fra gli altri Gino Bandini, Scipione Borghese e lo stesso Mosti, nella veste di segretario politico – si pronunciò ufficialmente: il 6 agosto 1914 sostenne la necessità per l’Italia di passare dalla neutralità allo stato di guerra a fianco di Francia e Inghilterra, nonostante l’adesione alla Triplice alleanza. In due documenti successivi (14 settembre e 20 novembre) il partito ribadì la convinta posizione interventista, aumentando così la distanza dai socialisti fautori della neutralità. Mosti si schierò decisamente sul fronte interventista e intraprese una campagna di sensibilizzazione che lo portò a pronunciare discorsi e pubblicare lettere su giornali e riviste.
Nello stesso periodo la sua salute cominciò a declinare a causa di una flebite. Nonostante lo stadio avanzato della malattia, dopo il terremoto del 13 gennaio 1915 si recò nella Marsica per unirsi agli aiuti che accorrevano da tutta la penisola. Il 25 febbraio al teatro Lirico di Milano, durante un comizio interventista, pronunciò un vibrante discorso contro l’Austria, la Germania e la posizione assunta dai cattolici; colto da malore, morì durante la notte.
Trasportato a Ferrara il 1° marzo, per espressa volontà testamentaria ebbe funerale civile e fu sepolto in terra anziché nella cappella di famiglia.
Fonti e Bibl.: L'Archivio Trotti Estense Mosti, composto da 45 buste, è conservato nell'Arch. storico comunale di Ferrara. Reggio, Storia della Grande Guerra d’Italia, V, I veggenti: l’orientazione dei partiti, Milano 1916, pp. 75, 84 s., 212; A. di Bagno, Ricordi della vecchia Ferrara, in Rivista di Ferrara, 1935, n. 4, pp. 175-179; G. Longhi, Nel XX anniversario della morte di E. M., in Periodico sindacale corporativo, XII (1935), 5, p. 3; G. Bardellini, Socialismo ferrarese. Note sulle prime lotte operaie e dall’avvento del fascismo fino ai giorni nostri, Bologna 1963, passim; Id., Dall’officina a palazzo Madama. Battaglie e ricordi di un artigiano socialista, Bologna 1964, passim; A. Galante Garrone, I radicali in Italia (1849-1925), Milano 1973, pp. 360-394; L’Emilia Romagna in Parlamento. Elezioni, deputati, attività in Parlamento. 1861-1919, I-II, a cura di M. S. Piretti - G. Guidi, Bologna 1992, pp. 221 s.