MENDELSSOHN, Moses
Filosofo, nato a Dessau il 6 settembre 1729 da povera famiglia ebraica; a 14 anni seguì a Berlino il suo maestro di Talmüd, rabbino Fraenkel. Acquistata una vasta cultura filosofica e letteraria, strinse amicizia coi giovani antesignani dell'illuminismo tedesco: Chr. Fr. Nicolai, K. W. Ramler, Th. Abbt, e soprattutto col Lessing, che conobbe nel 1754 e di cui divenne il più intimo amico e collaboratore. Migliorata la sua posizione economica mediante un impiego in un'azienda commerciale, la sua casa in Berlino divenne luogo di riunione degli ingegni più eletti del suo tempo. Nel 1755 il Lessing aveva pubblicati di lui, anonimi, alcuni Philosophische Gespräche; nello stesso anno uscirono le lettere Über die Empfindungen, a cui seguirono altri scritti d'estetica: Rhapsodie, oder Zusätze zu den Briefen über die Empfindungen; Über die Hauptgrundsätze der schönen Künste und Wissenschaften; Uber das Erhabene und Naive in den schönen Wissenschaften. Collaborò attivamente alla Bibliothek der schönen Wissenschaften und der freien Künste del Nicolai, ai Briefe, die neueste Litteratur betreffend, poi alla Allgemeine deutsche Bibliothek. Nel 1763 con lo scritto Über die Evidenz in metaphysischen Wissenschaften vinse un concorso bandito dall'Accademia delle scienze di Berlino (vi aveva partecipato anche Kant che non ebbe il premio). Nel 1767 uscì il Phädon, oder über die Unsterblichkeit der Seele, che fu accolto con entusiasmo nei circoli filosofici e letterarî per l'elevatezza del pensiero e l'eleganza dello stile, accrescendo enormemente la sua fama. Una polemica col teologo svizzero J. Kaspar Lavater (1769-70) lo costrinse a render pubblico il suo pensiero sui problemi religiosi; seguirono lavori di esegesi ebraica, lo scritto Ritualgesetz der Juden (1778), una traduzione tedesca del Pentateuco (uscita nel 1780-83 con un commento in ebraico, in senso riformatore, del dotto polacco Salomone Dubno, e accolta con ira dagli ortodossi) e dei Salmi (1783). Intanto gli ebrei dell'Alsazia, oppressi da ogni sorta di angherie, volendo chiedere al re Luigi XVI leggi più miti che li proteggessero dalle persecuzioni, si erano rivolti per consiglio al M.; il quale incaricò il suo amico W. Doh, di scrivere una memoria, pubblicata col titolo: Über die bürgerliche Verbesserung der Juden (1781), considerata come il primo scritto in favore dell'emancipazione degl'israeliti. Per meglio precisare il proprio pensiero il M. si decise quindi a scrivere l'opera sua principale: Jerusalem, oder über religiöse Macht und Judenthum (1783). L'atteggiamento liberale ivi assunto in materia religiosa gli procurò le lodi entusiastiche di Kant, ma lo trascinò in lotta con l'ortodossia. Negli stessi anni, venuto a morte l'amico Lessing (1781), un'altra polemica scoppiava tra il M. e Fr. H. Jacobi, il quale, riferendo una conversazione confidenziale avuta col Lessing, aveva accusato il celebre drammaturgo di "spinozismo", che per lui equivaleva ad ateismo. Le Lettere del Jacobi al M. sulla dottrina dello Spinoza (1783-85) sono un documento della reazione della coscienza mistica contro il razionalismo e l'illuminismo. Per precisare in modo definitivo il suo pensiero filosofico, il M. pubblicò l'ultima sua opera notevole, Morgenstunden, oder Vorlemngen über das Dasein Gotte (1785), compendio di lezioni tenute al figlio Giuseppe e ai fratelli Humboldt. Nel dicembre dello stesso anno scrisse ancora, contro il Jacobi, alcune pagine An die Freunde Lessings; e il 4 gennaio 1786 morì a Berlino quasi improvvisamente. Fu dal Lessing tolto a modello per il suo Nathan il Savio.
Le teorie estetiche del M. si collegano a quelle di A. G. Baumgarten, ma ne costituiscono insieme una critica e un superamento. L'estetica, per il M., non può essere, come per il Baumgarten, teoria d'una forma inferiore di conoscenza, della conoscenza sensoriale, cioè, secondo la psicologia leibniziana, delle rappresentazioni oscure e confuse; perché allora la bellezza svanirebbe quando il lume della ragione venisse a render chiare e distinte le rappresentazioni: lo scienziato sarebbe insensibile alla bellezza e avrebbe quasi, il diritto di lamentarsi col Creatore perché, col dargli uno spirito illuminato, gli avrebbe chiuse le fonti del piacere. Il M. cerca di distinguere la rappresentazione chiara tanto da quella oscura (sensoriale) quanto da quella distinta (intellettiva): "la chiarezza occupa lo spazio intermedio tra il distinto e l'oscuro, e dentro i limiti di questo spazio si trova la bellezza. Quanto più chiara è la rappresentazione di un oggetto bello, tanto più vivo riesce il sentimento di bellezza, e più vivace il sentimento che ne risulta" (Briefe üb. die Empfindungen, III). Donde il motivo per dare al sentimento un posto a parte tra le attività dello spirito. Con maggiore chiarezza è riconosciuta l'autonomia della funzione estetica nelle Morgenstunden (cap. VII) dove perviene a definire una "funzione di apprezzamento" (Billigungsvermögen) distinta tanto dalla funzione conoscitiva quanto dall'attività pratica.
La metafisica, per il M., non può avere l'evidenza delle scienze matematiche, ma ha la medesima certezza: essendo la certezza (Gewissheit) basata sul rigore dclle dimostrazioni, e l'evidenza sulla chiara comprensibilità (Fasslichkeit) che determina l'immediata adesione. Dell'esistenza di Dio due prove gli sembrano più dimostrative (nello scritto Über die Evidenz, ecc., e nelle Mongenstunden): 1. l'argomento ontologico, ridotto in questa forma: l'ente perfettissimo, o è impossibile (ma ciò non è, perché nella sun idea manca ogni contraddizione), o, se è possibile, deve esistere necessariamente, perché, appunto in quanto perfettissimo, la sua esistenza non può dipendere da altro; 2. una prova a posteriori, di derivazione cartesiana: io esisto, ma, essendo imperfetto, non esisto da me solo, debbo avere la mia ragion d'essere fuori di me, e fuori di ogni essere contingente: dunque in un ente necessario.
Il Fedone è un rifacimento del celebre dialogo di Platone. Nella prima parte segue da vicino il testo greco, con qualche sviluppo, ma attenuando la famosa apostrofe contro il corpo umano, giacché, come dichiara la prefazione, "bisognava molto addolcirla secondo il nostro miglior concetto del valore di questa divina creatura". Nella seconda, comincia ad allontanarsi dall'originale, aggiungendo nuove prove dell'immortalità dell'anima; nella terza poi fa parlare Socrate "come un filosofo del sec. XVII o XVIII", importandogli di esporre non tanto come Socrate pensava, quanto come penserebbe se rivivesse, col suo animo retto e pieno di fede nell'immortalità. Due le prove che gli sembrano più stringenti: con l'una si afferma che le varie attività psichiche non possono essere funzioni di una sostanza materiale, decomponibile e corruttibile, ma debbono inerire a una realtà semplice, inestesa, spirituale e perciò immortale; con l'altra si afferma che l'anima, essendo imperfetta ma aspirando con tutte le sue forze verso la perfezione, deve avere innanzi a sé l'eternità per potersi avvicinare indefinitamente alla sua meta.
Con le prove dell'esistenza di Dio e dell'immortalità dell'anima, il M., cui venne dato da Kant il nome di "filosofo popolare", divulgò il concetto della "religione naturale". Sulle sue idee politico-religiose è innegabile l'influsso dello Spinoza: se grande è il divario tra il personalismo etico del primo e il panteismo naturalistico del secondo, ambedue erano "spiriti illuminati" e tenevano in ugual grado alla libertà del pensiero. Per la sua Jerusalem il Kant il 16 agosto 1783 gli scriveva: "Io considero questo libro come l'annuncio d'una grande riforma che, sebbene si avanzi e progredisca lentamente, coglierà non soltanto la sua nazione, ma anche le altre. Ella ha saputo congiungere la sua religione con un tal grado di libertà di coscienza che nessuno avrebbe mai in essa sospettato, e della quale nessun'altra religione potrà mai vantarsi".
Ediz.: Oltre alle numerose ristampe delle singole opere abbiamo: Moses Mendelssohns gesammelte Schriften, voll. 7, Lipsia 1843-45. Nell'occasione del 2° centenario della nascita: Moses Mendelssohns gesammelte Schriften (voll. 16, Berlino 1929 segg.), ediz. critica completa a cura dell'Akademie für die Wissenschaft des Judentums e della Gesellschaft zur Forderung der Wissenschaft des Judentums; Die Hauptschriften zum Pantheismusstreit zwischen F. H. Jacobi und M. Mendelssohn, con un'introduzione storico-critica a cura di H. Scholz (Berlino 1916). Trad. ital.: Opere filosofiche di M. M., trad. del prof. F. Pizzetti (voll. 2, Pavia 1835); contiene le lettere sulle sensazioni, uno scritto sui sentimenti morali, quello sui principî delle belle lettere e delle belle arti, e un compendio della memoria sull'evidenza nelle scienze metafisiche; Fedone ossia della spiritualità e immortalità dell'anima, trad. dal ted. (Milano 1829).
Bibl.: V. Mirabeau, Sur Moses Mendelssohn, in la Réforme politique des Juifs, Londra 1787; M. Kayserling, M. Mendelssohns philosophische und religiöse Grundsätze, Lipsia 1856; id., M. Mendelssohn, sein Leben und Wirken, 2ª ed., Lipsia 1888; E. D. Bachi, Sulla vita e sulle opere di M. Mendelssohn, Torino 1872; M. Dessauer, Der deutsche Plato, Berlino 1879; Fr. Braitmaier, Geschichte der poetischen Theorie und Kritik, Frauenfeld 1888-89, II, pp. 72-279; J. Auerbach, M. Mendelssohn und das Judentum, in Zeitschr. fur die Geschichte der Juden in Deutschland, 1886; B. Cohen, Über die Erkenntnisslehre M. Mendelssohns, diss., Giessen 1921; N. Cahn, M. Mendelssohns Moralphilosophie, diss., ivi 1921; Fritz Pinkus, M. Mendelssohns Verhältnis zur englischen Philosophie, diss., Würzburg 1929; E. Cassirer, Die Idee der Religion bei Lessing und Mendelssohn, in Festgabe zum 10. Besthene der Akademie f. d. Wiss. des Judentums, Berlino 1929; F. Bamberger, Mendelssohns Begriff von Judentum, in Korrespondenzblatt des Vereins zur Gründung u. Erhaltung einer Akad. f. d. Wiss. des Judentum, Berlino 1929; Gedenkbuch für Moses Mendelssohn, Berlino 1929; Y. Colombo, Mendelssohn apologeta dell'ebraismo, in Riv. mensile di Israel, V, n. 9, gennaio 1931. - Sull'influsso esercitato dal M. sul giudaismo: J. H. Ritter, Geschichte der jüdischen Reformation, Berlino 1858; B. Hagani, L'émancipation des Juifs, Parigi 1927, con molte indicazioni bibliografiche.