LUZZATTO, Mošes Ḥayyim (Ramḥal)
Nacque nel 1707 a Padova da Jacob e da Diamante, appartenenti al ramo patavino della famiglia, i quali garantirono al figlio un'ottima educazione, introducendolo agli studi ebraici, del latino, delle lingue straniere e delle materie scientifiche.
La formazione del L., considerato un genio sin dall'infanzia, avvenne sotto l'egida di illustri maestri quali I.Ḥ. Cohen Cantarini, medico, noto poeta e studioso dei classici, e del rabbino Israel Bassani, che lo introdusse allo studio del Talmud e della qabbalah. Importante fu anche l'influenza esercitata sul L. dal rabbino di Reggio Emilia B. Cohen Vital, allievo di M. Zacuto e suocero del Bassani, con il quale egli intrattenne anche una corrispondenza epistolare.
L'interesse dimostrato nei confronti dello studio della lingua ebraica e della composizione poetica si concretizzò molto precocemente nella produzione di numerosi testi, soprattutto di carattere occasionale, la maggior parte dei quali non fu mai stampata e circolò a lungo manoscritta. Nel 1727 fu pubblicato a Mantova il trattato Lešon Limmudim (La lingua dei discepoli), dedicato alla retorica e alla versificazione, nel quale il L. teorizzava il ritorno alla semplicità e alla chiarezza del linguaggio biblico.
Nel medesimo anno egli completò il Sefer ha-Tehillim (Libro dei salmi, una raccolta di 115 inni modellati fedelmente sulla struttura sintattica e sul linguaggio del Salterio) e i due drammi poetici Šimson u-Felistim (Sansone e i Filistei, stampato in appendice al Lešon Limmudim) e Migdal 'Oz (Torre potente, Lipsia 1837, con note di S.D. Luzzatto), epitalamio in quattro atti scritto in occasione del matrimonio dell'amico Israel Benjamin, figlio del Bassani.
Queste ultime due opere testimoniano del fiorire, fra XVII e XVIII secolo, di testi teatrali in lingua ebraica ispirati a temi biblici e influenzati dal dramma pastorale coevo. La trama del Migdal 'Oz, per esempio, centrata sul tema del Midrash che comparava la ricerca della Torah a quella della figlia di un re imprigionata in una torre, risentiva sia per il forte senso allegorico sia per le vicende narrate dell'influenza del Pastor fido di Battista Guarini (1589).
Nel corso del 1727 iniziarono secondo il L. le apparizioni di un maggid, una guida celeste che, come egli stesso affermava, gli comunicava rivelazioni sulla Torah. L'entusiasmo legato alla conoscenza di questi segreti e allo studio della qabbalah sta senza dubbio alla base della partecipazione del L. alle attività di un circolo mistico ebraico a Padova, del quale egli divenne capo indiscusso, e alla redazione di numerose opere come lo Zohar Tinyana, un commento al Pentateuco scritto in aramaico nel medesimo stile dello Zohar (letteralmente "Splendore", opera fondamentale della tradizione cabbalistica) e il Qelaḥ pitḥe ḥokhmah (Le centotrentotto porte della sapienza), un'esposizione teologica e filosofica sistematica degli insegnamenti cabbalistici di Y. Luria.
Il circolo si dotò di un regolamento interno, redatto fra il 1727 e il 1731 in forma di decalogo e firmato da tutti i partecipanti. Fra gli intenti dichiarati figuravano lo studio dello Zohar e la restaurazione di Israele e della santa Šekinah (letteralmente "presenza", termine utilizzato per indicare l'immanenza di Dio). La vicinanza con le teorie legate al movimento messianico nato dalla predicazione di Š. 'evi, figura controversa che diede una vera e propria scossa al giudaismo del tempo proclamandosi messia, portarono l'autorità rabbinica a prendere provvedimenti nei confronti del L., accusato di essere troppo giovane per determinate esperienze mistiche e per di più di essere celibe. L'inchiesta sul circolo patavino da parte del rabbinato di Venezia nacque in seguito alla lettera inviata nel 1729 al mercante viennese M. Yaffe da Y. Gordon, in cui si parlava entusiasticamente dell'esperienza mistica del maestro L., delle attività del circolo segreto e delle opere da lui scritte. La lettera cadde nelle mani del rabbino di Altona M. Ḥagiz, acerrimo nemico delle teorie sabbatiane, il quale avvertì immediatamente i rabbini veneziani della pericolosità delle posizioni del Luzzatto. In seguito alla mediazione di I. Bassani, che si impegnò a custodirne le opere, il L. dovette sottoscrivere un accordo con cui gli si permetteva di continuare l'attività di insegnante dietro l'impegno ad astenersi dalla diffusione di scritti cabalistici.
Nel 1731 fu fatto rabbino e prese in sposa Zipporah, la figlia del rabbino D. Finzi di Mantova. Fino al 1734 il L. visse insegnando, curando gli affari di famiglia e scrivendo oltre quaranta fra libri e pamphlets. Fra le opere più significative sono da segnalare il Da'at Tebunot, un dialogo fra l'intelletto e l'anima riguardo al ruolo di Dio dalla creazione all'era messianica e il Derech Hašem (La via di Dio), un'esposizione sistematica delle credenze giudaiche. Ma l'entusiasmo per la qabbalah tornò presto a occupare il L., che comunicò al maestro la volontà di pubblicare il suo Ḥoker u-Mekubbal o Ma'amar ha-wikkuaḥ (Un dialogo fra un filosofo e un cabalista; vedi ora Le philosophe et le cabaliste. Exposition d'un débat, a cura di J. Hansel, Lagrasse 1991), nel quale polemizzava apertamente con l'Ari Nohem, opera anticabbalistica di Leone Modena (rimasta inedita fino all'edizione di Lipsia del 1840). Nel dicembre 1734 i rabbini veneziani pronunciarono la scomunica per il L. e le sue opere, di cui ordinarono la consegna da parte dei possessori.
Di fronte a tale situazione, il L. decise di partire dall'Italia con la famiglia. Trascorse un breve periodo a Francoforte, dove fu sottoposto all'ulteriore umiliazione di essere costretto dal tribunale rabbinico della città a sottoscrivere un accordo in cui prometteva di non insegnare e non pubblicare testi di argomento mistico fino al raggiungimento dei quaranta anni. Quindi, alla fine del 1735, giunse ad Amsterdam, dove fu accolto con favore dalla ricca e fiorente comunità ebraica della città, scegliendo di mantenersi con la lavorazione delle lenti ottiche. Sembra che in quegli anni il L. avesse focalizzato la sua attenzione su argomenti di carattere rabbinico, producendo testi quali il trattato talmudico Derech Tebunot (La via della sapienza, Amsterdam 1742).
Nel 1740 fu pubblicata in formato tascabile la sua opera più importante di carattere etico, il Mesillat Yešarim (Il sentiero dei giusti, a cura di M. Giuliani, Cinisello Balsamo 2000). Il libro, strutturato per mezzo dell'illustrazione del passaggio da comportamenti peccaminosi a quelli moralmente accettabili e giusti, ebbe grande popolarità per la sua sistematica esposizione di ogni tipo di problema che avrebbe potuto ostacolare la perfezione religiosa ed etica e il raggiungimento della comunione mistica con Dio. Anche la passione per il dramma allegorico tornò con il La-Yešarim Tehillah (Preghiera per i giusti, Amsterdam 1743), opera considerata un esempio illustre della moderna letteratura ebraica.
In data imprecisata il L. si spostò in Palestina, ad Akko (San Giovanni d'Acri), insieme con la moglie e i due figli, con il proponimento di ricominciare lo studio della qabbalah.
Il L. morì il 6 maggio 1746, insieme con tutta la famiglia, a causa di un'epidemia di colera e fu seppellito presso il lago di Tiberiade.
L'eredità spirituale del L. fu accolta dal movimento Musar, fondato nel tardo XIX secolo nell'Europa orientale, che fece del Mesillat Yešarim uno dei testi base di insegnamento nelle proprie Yešyvot, i collegi talmudici dove gli studenti maschi studiavano fino alla maggiore età.
Fonti e Bibl.: Molte opere manoscritte furono raccolte e riordinate negli anni Trenta del XX secolo da S. Ginzburg sotto il nome di Dossier Luzzatto, conservato presso la biblioteca del Jewish Theological Seminary di New York: cfr. S. Ginzburg, Rabbi M.Ḥ. L. u-bene doro. Osef Iggerot u-te'udot, I-II, Tel Aviv 1937. Autobiografia di S.D. Luzzatto preceduta da alcune notizie storico-letterarie sulla famiglia Luzzato a datare dal secolo decimosesto(, Padova 1882, pp. 14-16; D. Kaufmann, Contributions à la biographie de Mose Ḥayim L., Yequtiel Gordon et Moses Heges, in Revue des études juives, XXIII (1891), pp. 256-264; A. Kahana, Rabbi M.H. L. (in ebraico), Varsavia 1898; S. Ginzburg, The life and works of M.Ḥ. L., founder of modern Hebrew literature, Philadelphia 1931; M. Benayahu, The "Maggid" of M.Ḥ. L. (in ebraico), in Sefunot, V (1961), pp. 297-336; I. Tishby, Les traces de r. M.Ḥ. L. dans l'enseignement du hassidisme, in Hommage à Georges Vajda, a cura di G. Nahon - C. Touati, Louvain 1980, pp. 427-439; E. Carlebach, Redemption and persecution in the eyes of M.Ḥ. L., in Proceedings of the American Academy of Jewish research, LIV (1987), pp. 1-30; M. Benayahu, The character of r. M.H. L. as reflected in new sources. Studies and texts (in ebraico), in Italia Judaica. Gli ebrei in Italia dalla segregazione alla prima emancipazione. Atti del III Convegno, Tel Aviv( 1986, Roma 1989, pp. 11-25; E. Carlebach, The pursuit of heresy. Rabbi M. Ḥagiz and the Sabbatian controversies, New York 1990, pp. 195-255, 323-334; Y. Bindman, Rabbi Moshe Chaim L.: his life and works, Northvale 1995; E.L. Wolfson, "Tiqqun ha-Šhekhinah": redemption and the overcoming of gender dimorphism in the Messianic kabbalah of Mose Ḥ. L., in History of religions, XXXVI (1997), pp. 289-332; N. Danieli, Il circolo cabbalistico patavino di Mošeh Ḥ. L., in Materia giudaica, VII (2002), pp. 145-154; Id., L'epistolario di Mošeh Ḥ. L. (1707-1747), ibid., VIII (2003), pp. 361-366; The Jewish Encyclopedia, VIII, New York-London 1904, coll. 226 s. (E. Neumann); Enc. Judaica, XI, Jerusalem 1971, coll. 599-604 (J. Dan).