MORICO d'Assisi
MORICO d’Assisi. – Verosimilmente membro di una tra le famiglie eminenti del ceto consolare cittadino, come quasi tutti i canonici di S. Rufino fino alla prima metà del Duecento, Morico è attestato per la prima volta come priore in un documento di donazione del 16 agosto 1226.
Menzionato senza il riferimento all’officio in un’altra donazione dell’11 dicembre 1228, presenziò invece come priore alla concessione di beni fatta da Ugucio, rettore dell’ospedale di S. Rufino, il 30 settembre 1229 e, d’accordo e per conto del capitolo, cedette egli stesso in enfiteusi una casa situata nel territorio di Assisi a un tale Bartolo di Ranuccio (3 settembre 1232). Stipulò poi una permuta di beni del capitolo con Angelo di Somassolo (28 novembre 1232) e diede in enfiteusi due moggi di terra sul Monte Subasio (18 febbraio 1235). Proprio un’estesa porzione del Monte Subasio, che i canonici di S. Rufino avevano ricevuto a partire dal XII secolo per conto della civitas e la cui piena disponibilità il Comune ormai rivendicava a sé, costituì oggetto di una vertenza tra i due enti.
Il rappresentante del Comune Pietro Colvalgliente da una parte e dall’altra Morico, insieme con i canonici Ugolino di Meragone, Bernardo di Giovanni e Prendiparte e col consenso del vescovo Matteo, compromisero la causa nelle mani di frate Elia, allora ministro generale dei frati minori, e di frate Bono da Ferrara (27 aprile 1237). Quest’ultimo stabilì che solo una parte delle terre contese andasse al capitolo, riconoscendo al Comune il resto dei beni. Nessuna efficacia ebbero le proteste di Morico e dei canonici, che pretendevano dal Comune un rimborso di 100 libbre per la distruzione di alcune case di proprietà del capitolo, poste davanti alla chiesa di S. Niccolò, dove fu collocata la ‘catena’ del Comune stesso. Il lodo fu letto e pubblicato nel palazzo episcopale di Assisi davanti al vescovo Matteo e ai rappresentanti delle parti in causa (14 agosto 1237).
Morico è rappresentato in un medaglione della seicentesca serie dei vescovi dipinta nella sala della biblioteca dell’episcopio di Assisi, presso S. Maria Maggiore, sotto il millesimo 1238. Tale indicazione confligge con la documentazione archivistica, dalla quale si desume che il suo lungo e decisivo priorato si concluse nel 1239, quando, sempre in qualità di priore e per conto del capitolo, ricevette da Forte di Giovanni di Maria la donazione di tutti i suoi beni (2 gennaio 1239) e concedette l’usufrutto vitalizio dei beni che tale don Giovanni di Gennaro aveva donato alla Chiesa di S. Rufino (3 luglio 1239). Solo dal 1244 è attestato un nuovo priore del capitolo, Pietro, e non si può escludere che nel frattempo Morico fosse stato eletto vescovo. Forse l’autore della series episcoporum dipinta confuse la carica priorale di Morico con quella episcopale, ma non è da escludere che disponesse di documenti all’epoca ancora presenti nell’archivio vescovile antico, andato nel frattempo completamente perduto.
Inoltre per il periodo compreso fra l’unica attestazione dell’episcopato di Matteo (1237) e l’elezione di Niccolò da Calvi (1250) non conosciamo i nomi dei vescovi di Assisi, sui quali pure i registri vaticani di Innocenzo IV forniscono indicazioni di notevole interesse. Non è per altro impossibile che quale successore di Matteo (anch’egli canonico, ma di S. Maria Maggiore) fosse stato eletto un vescovo come Morico, di larga esperienza e fino ad allora al vertice dell’istituzione ecclesiastica più prestigiosa della diocesi.
Forse è Morico il vescovo coinvolto nella dura vertenza contro Pacifica, badessa del monastero di S. Donato di Flebulle, che si concluse con la sentenza promulgata il 17 giugno 1241 dal cardinale Rinaldo di Jenne, nominato da Gregorio IX come auditor della causa, e fatta eseguire per ordine di Innocenzo IV (31 luglio 1243), dall’abate di S. Benedetto del Monte Subasio.
Pacifica nel 1241 accusava il vescovo di Assisi di avere invaso il monastero con i suoi armati e di averla sostituita dopo averla cacciata, bastonata con le sue mani e fatta incarcerare. A titolo di risarcimento dei danni e delle offese subite, la badessa chiedeva di essere reintegrata e risarcita nella misura di 200 libbre lucchesi. Il procuratore del vescovo respinse l’accusa in primo luogo perché le monache e Pacifica, essendo state scomunicate dallo stesso presule, non potevano intentargli una causa. Oltre a ciò fece osservare che la posizione di Pacifica non era mai stata riconosciuta dal vescovo e che la sua versione dei fatti non era veritiera. Il cardinale Rinaldo compose la vertenza facendo liberare Pacifica, ma ponendo come condizione del suo reinsediamento la restituzione degli oggetti che aveva sottratto al monastero con l’aiuto di alcune monache sue complici. Anche al vescovo impose la restituzione di quanto aveva asportato da S. Donato e punì quattro monache responsabili dell’accaduto.
A Morico potrebbe riferirsi anche la documentazione pontificia che testimonia le difficoltà incontrate dal vescovo di Assisi durante la guerra tra Federico II e il Papato.
Di tali difficoltà è indice la concessione da parte di Innocenzo IV (6 ottobre 1243) al podestà, ai consiglieri e al popolo di Assisi di tutti i redditi e diritti della Sede apostolica in quella diocesi, che invece nel 1219 erano stati assegnati al vescovo Guido (II). Lo stesso Innocenzo IV indicava il vescovo di Assisi come l’unico dei clerici exulantes al cui mantenimento la Chiesa di Todi doveva provvedere ancora per un anno. Forse questo non meglio precisato presule, nell’impossibilità di prendere possesso della diocesi, risiedeva a Camerino ancora nel 1246, quando ricevette da Innocenzo IV l’ordine di procurare a un certo Paolo, figlio di Monalvino un beneficio ecclesiastico in quella diocesi. L’esilio del vescovo è testimoniato dal fatto che lo stesso pontefice si rivolgesse dapprima all’abate del monastero di S. Benedetto del Monte Subasio, quindi al vescovo di Perugia per reperire benefici nella diocesi di Assisi da assegnare a chierici vicini alla Curia papale.
L’ipotesi che dal 1243 al 1249 la cattedra episcopale fosse ricoperta da un prelato in esilio (forse Morico) è confermata dalla totale mancanza di documenti che attestino l’attività dei vescovi assisiati nella loro diocesi. Tale fase di incertezza terminò nel 1250, quando, dopo l’elezione di Crescenzio di Jesi da parte del capitolo, rigettata da Innocenzo IV, Niccolò da Calvi prese possesso della diocesi.
Non si conosce la data della morte di Morico.
Fonti e Bibl.: Assisi, Arch. capitolare di S. Rufino, Fondo pergamene, f. III, docc. 35, 38, 41, 43, 46, 47, 52, 58, 60; Ibid., Arch. stor. comunale, N 1, cc. 29-30; F. Ughelli, Italia Sacra, I, Roma 1644, col. 479; G.G. Di Costanzo, Disamina degli scrittori e dei monumenti risguardanti S. Rufino martire e vescovo d’Assisi, Assisi 1797, pp. 258 s.; P.B. Gams, Series episcoporum Ecclesiae catholicae, Regenburg 1873, p. 669; C. Eubel, Hierarchia catholica Medii Aevi, Münster 1913, I, p. 113; A. Fortini, Nova vita di San Francesco, Assisi 1959, II, p. 416; III, pp. 34, 640-645; N. D’Acunto, Vescovi e canonici ad Assisi nella prima metà del secolo XIII, in Assisi al tempo di Federico II, a cura di F. Santucci, in Atti dell’Acc. properziana del Subasio, s. 6, XXIII (1995), pp. 81-83.