morfina
Alcaloide isolato (sin dal 1806) dall’oppio. La m. è utilizzata prevalentemente come analgesico nel dolore da moderato a severo associato a diverse patologie, come coadiuvante dell’anestesia generale negli interventi chirurgici e nella soppressione del dolore post-operatorio. Nelle tecniche di analgesia spinale, epidurale, o combinata spinale-epidurale, viene somministrata insieme a un anestetico locale. Solitamente non è efficace in quelle patologie dolorose causate da degenerazione dei nervi periferici (dolore del trigemino, nevralgia post-erpetica) e peggiora il dolore nelle coliche, soprattutto in quelle biliari. Trova impiego, per le sue proprietà costipanti, in certe forme di diarrea grave. Possiede anche proprietà bechiche sedative della tosse, ma per questa indicazione si utilizzano altri farmaci. Dopo somministrazione orale subisce un notevole effetto di primo passaggio epatico, per cui la sua biodisponibilità è bassa. È biotrasformata nel fegato in due derivati: m.-3-glucuronide (che non ha attività analgesica) e m.-6-glucuronide (che possiede attività analgesica paragonabile a quella della m.). La m. e i suoi principali metaboliti, pur essendo poco lipofili, riescono ad attraversare la barriera ematoencefalica. Le forme farmaceutiche orali disponibili sono due: quella a rilascio normale (ogni 4 ore) e quella a rilascio prolungato (ogni 12 ore). La m. può essere somministrata anche per vie endovenosa, sottocutanea e spinale
Le azioni della m. sono dovute all’interazione con recettori oppioidi (denominati mu, kappa e delta), che a loro volta si suddividono in sottotipi. La m. mostra una maggiore affinità per i recettori mu. La stimolazione del recettore mu giustifica le azioni analgesiche sopraspinali e spinali e la depressione respiratoria. Tra gli oppioidi la m. è un agonista puro, poiché ha un effetto stimolante sul loro recettore, che viene grandemente attivato. Presenta quindi una dose effetto lineare e non possiede un effetto-tetto: la dose può essere quindi aumentata fino a raggiungere l’effetto terapeutico. Il metodo più semplice per calcolare il dosaggio prevede una dose di m. a rilascio normale ogni 4 ore e la somministrazione della stessa dose per le riacutizzazioni dolorose improvvise (dose di ‘soccorso’). La dose necessaria, viene in seguito aggiustata sommando la quantità totale di morfina di ‘soccorso’. Secondo le linee guida OMS e le raccomandazione dell’ Associazione europea per le cure palliative (EAPC), validate da studi metanalitici, da trials clinici randomizzati e dal parere di esperti, la m. rappresenta la prima scelta tra gli oppiacei nel trattamento del dolore oncologico moderato-forte
I principali effetti collaterali della m. sono: stipsi, sedazione, nausea e vomito, prurito. La maggior parte di questi tende a ridursi dopo alcuni giorni di trattamento (tolleranza). In alcuni casi è necessario instaurare una terapia farmacologica specifica o ridurre la dose di morfina. Nell’intossicazione acuta, la m. determina prurito, vasodilatazione, miosi e depressione respiratoria che, in caso di sovradosaggio, causa la morte. È un evento raro nei pazienti trattati con m. per motivi terapeutici. La costipazione può rappresentare un effetto indesiderato durante la terapia del dolore che non tende a ridursi nel tempo per fenomeni di tolleranza, tale effetto dovrebbe essere trattato in profilassi con l’uso di farmaci lassativi. Vi sono inoltre farmaci nuovi in grado di contrastare la stipsi da oppioidi, come il metilnaltrexone (antagonista dei recettori mu, a livello intestinale), approvato nel 2008 dall’FDA (Food and Drug Administration) proprio nel trattamento della costipazione indotta da oppioidi. Può essere necessario invece interrompere la terapia con m. solamente nei casi dolore post-operatorio. In seguito a uso prolungato nel dolore cronico, la brusca interruzione di m. dà origine a sindrome da astinenza i cui sintomi (midriasi, tosse, diarrea, sudorazione) sono specularmente opposti agli effetti della m. stessa. Per l’avvelenamento acuto, l’antidoto è il naloxone, mentre per la dissuefazione, in caso di abuso, in genere si utilizzano metadone, buprenorfina o clonidina.