MORBILLO (lat. morbilli; fr. rougeole; sp. sarampión; ted. Masern; ingl. measles)
Malattia infettiva, o contagiosa, caratterizzata da eruzioni di macchie rosse su tutta la superficie cutanea e da transitorie manifestazioni catarrali della mucosa oculare, delle prime vie respiratorie (bocca, trachea, bronchi). È diffusa in tutto il mondo, e verosimilmente nota dall'antichità, sebbene solo nel sec. XVIII sia stata riconosciuta come entità nosologica a sé separandola dalla scarlattina e dal vaiolo. Il virus del morbillo è ancora ignoto; recentissime ricerche italiane dirette a identificarlo non hanno ricevuto conferma. Deve comunque trattarsi d'un virus di grande labilità, trasmesso da malato a sano a mezzo delle secrezioni delle mucose (sternuti, tosse), raramente trasmissibile a mezzo d'intermediarî, i quali vengano a contatto successivo o immediato con ammalato e sano; quasi certamente non trasmissibile a mezzo di oggetto.
Non è possibile, essendo ignoto il virus, stabilire se vi possano essere portatori sani: le osservazioni fatte alle Færøer lo escluderebbero. Il virus viene trasmesso da un ammalato a un sano durante il periodo d'incubazione e d'invasione, cioè da 10 a 14 giorni prima della comparsa delle macchie cutanee (esantema); la contagiosità diminuisce subito dopo la scomparsa dell'esantema. Tale contagiosità in un periodo d'assenza dei fenomeni morbosi spiega il rapido diffondersi, susseguirsi e moltiplicarsi dei casi tra i fanciulli degli asili, scuole, collegi, fra le giovani reclute provenienti da località isolate sì da costituire delle epidemie, le quali si presentano nelle città ogni tre o quattro anni; nei paesi più piccoli e isolati, a distanza di 8-10 e anche 20 anni. Nei centri molto popolosi s'osservano sempre casi isolati, che di continuo determinano piccole epidemie localizzate e di rado grandi epidemie. Le epidemie possono presentarsi in qualunque stagione dell'anno, con preferenza per l'inverno e la primavera. L'infezione determina un'immunità quasi assoluta e che dura per tutta la vita. Questa immunità spiega la rarità del ripetersi dell'infezione in uno stesso individuo (possibilità di errori diagnostici nei casi di cosiddette recidive) e il comparire della malattia quasi esclusivamente nell'età infantile. La disposizione ad ammalare esiste però in tutti i popoli e in tutte le età, eccettuati forse i primi quattro mesi di vita.
Nella malattia si possono distinguere i seguenti stadî: invasione, incubazione, stadio esantematico, convalescenza.
L'invasione, il periodo cioè che intercorre dall'avvenuta infezione alla comparsa dei prodromi, dura quasi regolarmente 10 giorni; in qualche caso 15-17 giorni. In tale periodo non si ha alterazione dello stato generale, solo, eccezionalmente, qualche lieve turba digestiva.
Il periodo d'incubazione o prodromico o stadio esantematico o preesantematico dura dai 3 ai 4 giorni, ed è caratterizzato da svogliatezza e malumore, arrossamento delle congiuntive, scolo dal naso, tosse secca e stizzosa, elevazione della temperatura (38°-39°,5). Le manifestazioni catarrali delle congiuntive (le quali dànno poi spesso luogo a secrezione purulenta), la coriza, la tosse, l'arrossamento della mucosa boccale e faringea ricordano in tale periodo il quadro dell'influenza. L'esame attento della bocca permette fino dal 2°-3° giorno dello stadio d'incubazione di rilevare sul triangolo della mucosa arrossata, che sta tra le due arcate dentarie, piccole macchie bianche, della grossezza della punta d'uno spillo, appena rilevate, in numero di 3-8-10 per parte, come uno spruzzo di calce (macchie di Koplik). Queste macchie, non confondibili col mughetto e con residui alimentari (latte), non sono sempre nettamente visibili, sono talora piccolissime e scarsissime, e in talune epidemie non sono per nulla costanti. Verso la fine del periodo prodromico, 1 o 2 giorni prima dell'esantema, la febbre cede e appare l'esantema cioè macchie rosse sul palato molle e duro, rilevate, tondeggianti o allungate, in tutto analoghe alle macchie cutanee del periodo esantematico o di efflorescenza cutanea.
Con un peggioramento dello stato generale e della congiuntiva (per il quale si unisce fotofobia), della coriza, che diviene mucopurulenta, della tosse, che diviene secca, la febbre sale rapidamente di nuovo a 39°, 40° e anche a 41°, e compaiono macchie rade, rotondeggianti, dietro le orecchie, al volto, al collo, al cuoio capelluto, di colorito roseo (stadio esantematico), macchie le quali rapidamente aumentano in numero e dimensioni, si fanno un poco rilevate sulla cute e si avviano a confondere i loro margini producendo delle formazioni irregolari, invadono tutto il volto, il collo, s'estendono nel giorno successivo al tronco, specie al dorso, poi nel terzo giorno agli arti, lasciando tra loro appena qualche tratto di cute di colorito normale. Nel frattempo la febbre perdura alta; si rilevano note di catarro bronchiale diffuso; la lingua è impaniata, si hanno feci fetide e diarroiche.
Quando l'efflorescenza ha invaso tutta la superficie cutanea, la febbre cade, spesso per crisi, le macchie cominciano a impallidire, prima alla fronte e al volto, poi al tronco e infine agli arti, cosicché l'esantema 4-5 giorni dopo l'inizio può dirsi scomparso, reliquando solo un colorito più scuro della cute là dove erano le macchie, pigmentazione che in individui forti e robusti può essere accentuata e perdurare anche 10-12 giorni. Ben di rado segue una desquamazione furfuracea al volto e all'addome.
Con l'impallidire dell'esantema, i fatti catarrali a carico delle mucose recedono, lo stato generale si fa buono, l'appetito ritorna e si entra nello stadio di convalescenza, il quale è di maggiore o minore durata a seconda della gravità della forma morbosa, ma anche e soprattutto delle cure igieniche e in specie alimentari che furono praticate all'infermo.
Il decorso clinico del morbillo può presentare delle anomalie o essere alterato da complicazioni. Le anomalie possono essere rappresentate dall'andamento lieve dei singoli stadî: febbre lieve, fenomeni catarrali appena accennati, esantema pallido; decorso più grave, è ciò che si verifica nei lattanti. Oppure l'andamento può essere gravissimo: fino dall'inizio febbre violenta, sonnolenza, polso piccolo, esantema a macchie rade bluastre, mucose cianotiche, bolle di pemfigo e morte in pochi giorni; è ciò che si verifica talora negli affetti da diatesi essudativa: questa forma tossica del morbillo pare sia dovuta a streptococcemia.
Le anomalie relative all'esantema sono rappresentate dal precedere in casi rarissimi di un rash scarlattiniforme; dall'assenza di esantema (morbilli sine morbillis) della cui possibilità la maggioranza degli autori dubita, dall'arrestarsi e regredire dell'efflorescenza, ciò che s'osserva quando dall'inizio vi sono complicazioni gravi, polmonari; dall'aspetto emorragico dell'esantema; dall'inversione della forma d'eruzione e cioè prima agli arti e al tronco e poi al volto.
Le complicazioni sono nella maggior parte a carico degli organi respiratorî. La laringite può assumere carattere pseudocrupale e determinare durevoli stenosi secondarie. Il catarro bronchiale si trasforma spesso, soprattutto negli affetti da diatesi essudativa, in bronchite capillare soffocativa, e con grande frequenza s'osservano bronchiti gravi e broncopolmoniti polimicrobiche le quali terminano in empiemi, e sono la causa precipua della mortalità del morbillo. Otiti, stomatiti ulcerose, ulcere aftose della bocca, persino il noma possono complicare il morbillo, soprattutto quando si è trascurata la pulizia e la disinfezione delle mucose colpite. Così alle congiuntiviti possono seguire ulcere corneali. Nei casi gravi albuminuria, di rado nefrite. Rare le complicazioni a carico del sistema nervoso. Per quanto nel morbillo il prurito sia di solito lieve, i grattamenti possono determinare piaghe cutanee e successive infezioni secondarie.
Una complicazione specialmente temibile è l'associarsi di difterite all'angina morbillosa; la difterite s'estende rapidamente alla trachea e ai bronchi, e in presenza di raucedine, segni di stenosi, sarà buon consiglio procedere senz'altro alla sieroterapia antidifterica, anche prima di avere posta la precisa diagnosi batteriologica. Il pericolo maggiore dell'infezione morbillosa sta però nel risveglio d'infezioni tubercolari latenti. Alle epidemie di morbillo seguono, a 3-4 mesi di distanza, frequenti i casi di meningite tubercolare.
La diagnosi di solito è facile; tuttavia non è sempre facile differenziare un esantema morbilloso dalla rosolia, dall'eruzione papulosa del vaiolo nei primi due giorni, dalla scarlattina quando si è di fronte a morbillo confluente, dagli esantemi morbillosi di alcune malattie infettive, di alcune intossicazioni d'origine alimentare e medicamentosa.
La prognosi del morbillo è buona se non intervengono complicazioni, grave se si complica a broncopolmonite, e nei tubercolosi.
La profilassi consisterebbe nell'isolamento dei colpiti. Dato quanto si è detto sulla lunghezza del periodo d'invasione, si comprende come tale profilassi sia in realtà impossibile, e come le nazioni le quali hanno soppresso l'obbligo della denuncia abbiano riconosciuto uno stato di fatto, il quale potrà cambiare solo quando si conoscerà con sicurezza l'agente morboso. Un'efficace profilassi, disgraziatamente non applicabile alla generalità dei casi, consiste nell'iniezione di 1-2 cmc. di siero di convalescente, tenendo presente che il donatore di siero sia un individuo sano. Egualmente il siero di convalescente può giovare alla cura se precocemente iniettato, specialmente per evitare le complicazioni.
La cura è specialmente igienica, aspettante e sintomatica. Disinfezione delle mucose, ambiente saturo di vapore acqueo proveniente da soluzioni alcaline, riposo in ambiente tranquillo e poco illuminato, alimentazione energetica, bevande tiepide. In presenza di fatti catarrali al torace, espettoranti e piccole dosi di cardiocinetici. Nelle broncopolmoniti morbillose sono utili i vaccini broncopolmonari polivalenti.