MORAZZONE, Pier Francesco Mazzucchelli, detto il
Pittore, nato a Morazzone presso Varese nel 1571 (secondo alcuni nel 1573), morto a Piacenza nel 1626. Ventenne si recò a Roma, dove rimase parecchi anni, studiando, secondo il Borsieri, con Ventura Salimbeni, e conoscendo certo il Caravaggio, il cui influsso è evidente in molte sue opere. Degli affreschi da lui eseguiti per varie chiese romane si sono conservati soltanto la Visitazione e l'Adorazione dei Magi in S. Silvestro in Capite. Da Roma il M. passò forse a Venezia. Negli anni 1602-1605 e 1609-1612 fu a Varallo per affescare al Sacro Monte le cappelle della Salita al Calvario e dell'Ecce Homo; affrescò pure nel frattempo la cappella della Flagellazione al Sacro Monte di Varese dove lo ritroviamo alcuni anni dopo a decorare la cappella del Rosario in S. Vittore. Del 1620 sono i freschi della cappella della Buona Morte in S. Gaudenzio di Novara. Il M. dimorò anche a Milano, dove fu caro al cardinale Federico Borromeo e amico del Cerano e di G. C. Procaccini (in collaborazione con i quali compì il cosiddetto quadro delle Tre mani, ora a Brera), e, negli ultimi anni, a Torino al servizio del duca di Savoia, che lo onorò anche d'un titolo cavalleresco. La morte lasciò interrotta sul principio l'ultima grande fatica del M., la decorazione della cupola del duomo di Piacenza proseguita poi dal Guercino. Il M. svolse anche un'intensa attività specialmente come frescante nel Comasco e nel Varesotto, e attese a numerosi quadri d'altare e di cavalletto.
Nei grandi affreschi di Varallo e di Varese e altrove si mostra abilissimo e soprattutto decoratore facile e geniale sulle orme di Gaudenzio Ferrari, che si può considerare una delle fonti principali della sua arte per il gusto della composizione libera e mossa e il cromatismo stridulo e gaio, a cui però il M. aggiunse impetuosità di movenze e risalto plastico maggiori. Concorsero anche alla sua formazione il Tintoretto e il Caravaggio e, in limiti più ristretti, l'ambiente manieristico milanese, di cui il Cerano era il rappresentante maggiore. Ma tutti questi elementi nelle più schiette opere del M., tra cui si può indicare il Sogno di Giuseppe (Berlino, Kaiser-Friedrich - Museum), appaiono rivissuti in modo del tutto personale, secondo le esigenze espressive d'uno spirito inquieto e a volte morbosamente tormentato, e in un senso già pienamente romantico e barocco. Nel S. Francesco del Castello Sforzesco (Milano) è tale la libertà e novità del partito luministico, che si è creduto ravvisarvi un'opera giovanile del Magnasco. Appunto per questa geniale novità di ricerche, l'arte del M. presenta relazioni storiche assai più ampie che quella d'ogni altro manierista lombardo: a essa infatti variamente si ricollegano, per tacere dei minori, Francesco del Cairo, il Tanzio da Varallo, Alessandro Magnasco.
Bibl.: G. Nicodemi, P. F. M. detto il M., Varese 1927; W. Suida, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXV, Lipsia 1931 (con bibl.).