MONZA, Carlo, detto il Monzino
MONZA (Monsa, Monzia), Carlo, detto il Monzino. – Nacque a Milano attorno al 1735, datazione congetturale, basata sul primo lavoro datato, l’Olimpiade allestita a Milano; la provenienza («milanese ») è attestata nei libretti dal Sesostri, re d’Egitto (dicembre 1759) in poi.
In parallelo all’attività teatrale, l’almanacco Milano sacro testimonia a partire dal 1761 il servizio prestato da Monza in varie chiese di Milano: tra il 1761 e il 1773 fu maestro di cappella in S. Babila, S. Maria della Rosa, S. Maria Segreta, S. Nazaro degli Apostoli e S. Calimero (Riva, 2010, pp. 165-168). Nel luglio 1762 concorse per un incarico in S. Maria della Scala, vinto da Melchiorre Chiesa; gli esclusi fecero ricorso. Johann Christian Bach, organista in Duomo, chiese un parere sulla prova a Giovanni Battista Martini; Giovanni Andrea Fioroni, maestro di cappella in Duomo, in una lettera allo stesso Martini difese l’allievo Monza, «giovine di religiosissimi costumi, il quale soffre il carico d’una numerosa famiglia»; alla fine il prevosto, pur avendo ottenuto da Martini un parere tecnico favorevole a Monza, non ne tenne conto (cfr. Brofsky, 1977, p. 66).
L’8 novembre 1768 Monza, per «merito e singolare perizia nella musica» (cit. in Cattoretti, 2004, p. 610), fu nominato organista in S. Gottardo in Corte, sede della cappella ducale, passata proprio allora sotto la direzione di Giovanni Battista Sammartini (dall’Adriano in Siria, novembre 1769, Monza è indicato nei libretti «al servizio della Regia Ducale Cappella »). Presupposto della collaborazione con Sammartini furono forse le cantate quaresimali scritte da Monza nello stesso anno per la congregazione del Santissimo Entierro, retta dai Gesuiti nella casa professa di S. Fedele: quasi tutte furono musicate da Sammartini, che la dirigeva, tranne che nel 1768 e 1770, quando gli autori furono rispettivamente Monza e Fioroni (Vaccarini, 2002). S. Fedele ospitava anche una Congregazione de’ musici: nel 1773 Monza risultava capo della consulta.
Dal 1766 la sua fortuna di operista si impose anche fuori Milano: nell’aprile 1765 gli fu commissionata un’opera per il teatro Regio di Torino (Oreste, gennaio 1766); nel 1769 e 1770 compose drammi per Roma (Demetrio, Germanico in Germania) e Napoli (Adriano in Siria).
L’anziano Niccolò Jommelli, sentito l’Adriano in Siria a Napoli, espresse a Gaetano Martinelli (lettera del 14 novembre 1769; Mc- Clymonds, 1980) un giudizio sferzante su «l’innocente maestro Monza, o sia Monzia, come lo dicono nella celebre capitale della busecca [ossia trippa alla milanese], di cui egli si vanta figlio»: a suo dire, il successo del dramma era merito dei cantanti primari, Anna Lucia De Amicis e Giuseppe Millico, che gli avrebbero fornito arie per l’opera; quanto alla musica di Monza, «ogni ragazzo di questi conservatori può farla – e forse meglio». Il pubblico sembrò invece aver apprezzato la musica teatrale di Monza. Alla fine del Demetrio il giovane architetto bergamasco Giacomo Quarenghi, allora studente a Roma, fu addirittura arrestato per schiamazzi all’uscita del teatro Alibert: sosteneva d’essersi limitato a un lungo applauso, gridando «bravo Monza» come facevano tutti gli spettatori (cit. in Pastura Ruggiero, 1989). Alessandro Verri, in una lettera da Roma al fratello Piero (10 gennaio 1770), riferì l’apprezzamento per il Germanico: «i tratti arditi, i rinforzi d’orchestra, le scappate di genio del maestro di cappella vengono subito accompagnate da uno schiamazzo universale e momentaneo, perché subito succede un profondo silenzio. La musica del Monza piace!» (Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri, III, p. 156). I Verri conoscevano Monza: il 10 dicembre 1768, avvertendo Pietro dell’imminente Demetrio, Alessandro allude al fatto che la milanese Accademia dei Pugni avrebbe preso nome da un alterco tra Carlo Monza e Pietro, risalente all’estate 1763 (Verri, 1999, p. 8). A conferma del carattere vivace di Monza, in un’altra lettera al fratello (24 febbraio 1770) Alessandro Verri insinuava ch’egli avesse diffamato la suocera d’una nobildonna sua amica, Margherita Sparapani Gentili.
A partire dalle recite romane degli intermezzi comici Il finto cavalier parigino (teatro Valle, Carnevale 1770) il compositore è spesso definito nei libretti «cavaliere», ma se ne ignora l’ordine.
Nell’estate 1770 a Milano il musicografo Charles Burney ebbe modo di ascoltare una messa composta e diretta da Monza in S. Maria Segreta; il 20 luglio annotò che la musica era «pretty» e «the whole was in good state and spirited», ma espresse riserve sugli esecutori, fra cui il fratello di Monza, Giovanni, violoncellista dotato di «much facility of execution, but neither in tone nor taste very pleasing» (Burney, 1773, p. 96 s.). Ai due fratelli alludono anche Leopold Mozart e il figlio Wolfgang Amadé in un elenco di personaggi che, tra gennaio e marzo, si ritrovarono nel convento milanese di S. Marco (Mozart: Briefe und Aufzeichnungen, I, 1962, p. 322).
In campo operistico il compositore mieté in quegli anni i maggiori successi: Burney (luglio 1770) intese a Milano che Monza, insieme a Chiesa, era uno dei migliori musicisti teatrali della città. Le recensioni lo confermano: la Gazzetta di Milano (23 gennaio 1771) riporta che la Nitteti, data al Regio Ducal Teatro, fu «con vero universale applauso gradita, […] sì per la novità de’ motivi che per la maestra artificiosa condotta dell’armonia […] per tutto il corrente carnovale hanno di che dilettarsi, non meno del pubblico, anche i più fini intendenti che non cessano di ammirare […] l’espressione della musica del suddetto signor Monza» (cit. in Carpani, 2000). Aristo e Temira, dato al Comunale di Bologna (primavera 1771), lo fece conoscere su una nuova piazza teatrale e contribuì forse all’aggregazione all’Accademia Filarmonica (maggio 1771); per tale occasione compose il mottetto Pulchra es et decora. Nel libretto per Antigono (Roma, Carnevale 1772) il compositore è infatti definito «Accademico Filarmonico».
Nel maggio 1773, con Sammartini e Giovanni Bernardo Zucchinetti, Monza fu commissario in un concorso per un posto di organista nel Duomo di Milano, vinto da Agostino Quaglia e anche stavolta oggetto di polemiche: sua la stesura del giudizio finale (Toffetti, 2004, pp. 446-448). Nello stesso anno prese l’incarico di maestro di cappella in S. Giovanni in Conca; nel gennaio 1775, morto Sammartini, gli subentrò nella direzione della cappella di corte in S. Gottardo, dov’era già organista (Barblan, 1962, p. 657; ma Milano sacro gli attribuisce tale incarico solo dal 1777).
A partire dalla rappresentazione dell’Antigono a Roma (febbraio 1772) la produzione operistica di Monza diminuì, a fronte di un impegno crescente nella musica sacra. Nel gennaio 1775 andò in scena a Milano Alessandro nelle Indie, e nel dicembre a Torino Cleopatra; nel 1777 a Venezia, dopo la replica della Nitteti, si diede Caio Mario; ai primi del 1778 doveva andare in scena Attilio Regolo alla corte di Baviera, ma l’allestimento fu cancellato per la morte dell’elettore Massimiliano (fine dicembre 1777; Mozart: Briefe und Aufzeichnungen, II, 1962, p. 113). Seguì un’assenza dai palcoscenici italiani, fino al 1784. Avviate nel 1777 collaborazioni con altre istituzioni ecclesiastiche milanesi (S. Maria del Carmine, S. Maria delle Grazie), nel 1779 Monza volle concorrere al posto di maestro di cappella più ambito, quello del Duomo, come successore di Fioroni.
Di questo concorso sono pervenuti i giudizi di Martini, la cui opinione sui lavori di Monza fu stavolta meno lusinghiera che nel 1762. Lodò la seconda prova «per l’intreccio e per la condotta, ma è forse troppo abbondante di vari pensieri fuori di proposito, i quali, essendo per se stessi deboli e triviali, formano una composizione anch’essa debole e triviale»; e della terza sottolineò la «poca attenzione dell’autore usata nel comporlo, stante ché non vi si riscontra alcuno di quegli artifici soliti praticarsi da concorrenti ad oggetto di far conoscere il loro valore» (cit. in Torri, 1895, pp. 276 s.).
L’incarico andò a Giuseppe Sarti e Monza dovette contentarsi di lavorare come maestro di cappella per altre chiese (S. Marco, S. Barnaba, S. Maria, S. Fedele): tra il 1784 e il 1786 sono ben 11 le collaborazioni attive, anche se in tutte queste chiese gli toccava di comporre e concertare solo nelle occasioni più importanti.
Dal Giornale enciclopedico di Milano e dalla Gazzetta enciclopedica di Milano si apprende che nel 1780 e nel 1782 Monza fu incaricato delle musiche per due eventi di spicco: le esequie dell’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo e quelle del conte Carlo Firmian, governatore della Lombardia. Nel 1783 fu tra i compositori milanesi che sottoscrissero la fondazione del Pio Istituto de’ professori di musica, sorto per assicurare ai musicisti milanesi un fondo previdenziale e assistenziale. Nei due anni seguenti scrisse gli ultimi lavori teatrali: Ifigenia in Tauride (Milano, teatro alla Scala, gennaio 1784) ed Erifile (Torino, teatro Regio, dicembre 1785).
Morto anche Sarti, nel 1787 si volle evitare un nuovo concorso per la cappella del Duomo e si ricorse a un ballottaggio fra milanesi che avevano partecipato all’esame del 1779. Nonostante il giudizio limitativo di Martini, i pareri preponderavano a favore del Monza: il 28 dicembre fu nominato maestro di cappella della chiesa metropolitana. Già il 6 gennaio diede una sua messa pontificale, come riporta il Giornale enciclopedico; lo stesso periodico dà notizia di brani composti per le esequie dell’imperatore Giuseppe II d’Asburgo (febbraio 1790) e loda in particolare il Miserere («il valoroso maestro ha saputo combinare la gravità del soggetto col buon gusto dell’arte»; Delpero, 1999, p. 86).
Con l’avvento di Napoleone le istituzioni di ancien régime vennero travolte; i musicisti della cappella ducale di S. Gottardo dovettero considerarsi licenziati (ordinanza del settembre 1796). La circostanza costrinse la Veneranda Fabbrica del Duomo a sfrattare Monza dalle stanze che aveva in affitto al Camposanto, dietro l’abside. Nel 1799 Monza firmò insieme agli ex cantori una supplica al temporaneo governo austriaco affinché la cappella ducale venisse riaperta e loro stessi reintegrati, ma il ritorno delle armate napoleoniche vanificò il progetto.
Il 17 settembre 1801 Monza chiese dispensa dal servizio per motivi di salute. Morì a Bologna il 19 dicembre dello stesso anno.
Oltre che nella musica da chiesa e da teatro, la versatilità del compositore si manifestò in quella strumentale: trii, quartetti, ouvertures, sinfonie, sonate solistiche o a tre. Di un gruppo di sinfonie, oggi nel Conservatorio di Milano (fondo Noseda), conosciamo sia la provenienza (famiglia Visconti Borromeo), sia l’epoca della composizione (anni Settanta): si suppone che fossero destinate a concerti privati o accademie.
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