Montevideo
Città, capitale dell’Uruguay e capoluogo del dipartimento omonimo. Derivò il nome da quello della vicina collina, così chiamata dai primi visitatori europei del luogo, i navigatori spagnoli di F. Magellano (1520). Il primo centro abitato sorse però solo nel 1726, per iniziativa di Mauricio de Zabala, governatore spagnolo di Buenos Aires, che volle farne una cittadella fortificata, posto avanzato, sulla Plata, contro la minaccia di una penetrazione portoghese dal Brasile. Il governatore don Joaquín del Pino (1773) ne promosse lo sviluppo quale centro cittadino. La partecipazione volontaria, in massa, alla riconquista di Buenos Aires caduta in mano agli inglesi (1806) le costò, a seguito di un sanguinoso assedio, l’occupazione britannica. Quando Buenos Aires dichiarò la volontà di indipendenza dalla Corona di Spagna (1810), le forze fedeli alla madrepatria, e quanti erano insofferenti della tutela bonaerense, si concentrarono in M. e riuscirono a resistere ai ripetuti attacchi dei rivoluzionari sino al giugno 1814. Nel 1817 la città cadeva in mano ai portoghesi del Brasile che l’abbandonarono solo quando, in virtù del trattato di pace tra Brasile e Province Unite del Rio della Plata (27 ag. 1828), fu dichiarata l’indipendenza dell’Uruguay, di cui M. divenne la capitale. Durante la Guerra grande contro J.M. de Rosas, divenuta il rifugio degli avversari del dittatore argentino, M. subì quasi ininterrottamente nove anni di assedio (1843-51), sostenuta da numerosi volontari europei, fra i quali si segnalarono i cinquecento italiani di G. Garibaldi, che concorsero validamente alla resistenza contro le forze assedianti del generale M. Oribe.
Costituì la settima Conferenza panamericana, dal dic. 1933 al genn. 1934. In tale occasione gli USA proposero un abbassamento delle barriere doganali; furono inoltre fatte pressioni sui governi di Bolivia e Paraguay, impegnati nella guerra del Chaco, perché giungessero a un armistizio; infine fu avanzata la proposta di un accordo col quale tutti i Paesi americani si impegnassero a rinunciare al metodo dell’intervento negli affari interni degli altri Stati. L’accoglimento di quest’ultima proposta da parte degli USA rappresentò uno dei primi esempi di quella «politica del buon vicinato» (good neighbor policy) perseguita da F. D. Roosevelt, a parziale modifica della dottrina di Monroe.