MONTEFELTRO (A. T., 24-25-26 bis)
Regione montuosa dell'Italia peninsulare, il cui nome ha oggi soltanto una significazione storica e non risponde a nessuna delle divisioni amministrative in cui è divisa l'Italia; per il che non riesce facile stabilire con precisione i suoi confini, che del resto mutarono nel tempo e che gli scrittori non considerarono sempre in modo uguale. Il Montefeltro spetta ora per gran parte alle Marche, mentre una minore parte d'esso giunge fino alla Romagna e alla repubblica di San Marino.
Esso è costituito dalle alture d'un contrafforte dell'Appennino, che si dirama dall'Alpe della Luna, e particolarmente dal Monte Maggiore (1384 m.), dirigendosi verso NE., fra le vallate della Marecchia e della Foglia e abbracciante dentro i suoi rami varie minori vallate.
Tale contrafforte, da M. Maggiore a Monte Bello (1076 m.), separa un affluente della Marecchia dal Metauro, poi a M. Bello invia un ramo quasi a oriente fra la Foglia e il Metauro; e questo contrafforte secondario costituisce la serie di monti non alti su cui è Urbino e che giunge fino all'Adriatico.
Il contrafforte principale, dopo M. Bello, procede verso nord e prende il nome di Alpi di S. Cristoforo fino al Sasso di Simone (1204 m.): poi si allarga nel nodo del M. Carpegna (1415 m.); da esso irraggiano tre diramazioni principali: l'orientale, che va a raggiungere l'Adriatico separando la Conca dalla Foglia; la centrale, fra la Conca e la Marecchia, che abbraccia i torrenti tributarî, fra questi due corsi d'acqua, dell'Adriatico (Marano, Ausa); l'occidentale, più breve, che forma il rilievo fra la Marecchia e il suo affluente Mazzocco, e costituisce quasi il cuore della regione Feltria; in essi si levano il M. Maiolo, il Sasso di S. Leo, il M. Pietramaura e il Tausano.
Più esattamente il Montefeltro si può delimitare tenendo conto dei confini della diocesi che ha appunto il nome di Feltria, i quali tuttavia non coincidono con i confini delle circoscrizioni comunali. La diocesi comprende infatti la maggioranza, ma non tutte le parrocchie di 17 comuni marchigiani - Acqualagna, Belforte allo Isauro, Borgo Pace, Carpegna, Casteldelci, Lunano, Macerata Feltria, Mercatino, Monte Cerignone, Monte Copiolo, Monte Grimano, Pennabilli, Piandicastello, Piandimeleto, San Leo, Sant'Agata Feltria e Sassocorvaro -, inoltre 6 delle 8 parrocchie di S. Marino e 14 parrocchie dei due comuni forlivesi di Sogliano al Rubicone e di Mercato Saraceno. Il territorio corrispondente ha, a un dipresso, la figura d'un quadrilatero con gli angoli rivolti ai quattro punti cardinali, che abbraccia un'area di circa 750 kmq. e rinserra dentro di sé una piccola zona (parrocchia di S. Sofia del comune di Badia Tedalda) che fa invece parte della diocesi di Sansepolcro. La popolazione calcolata in base al censimento del 1931 si aggira intorno a 65-67.000 ab., il che corrisponde a una densità di poco inferiore a 90 ab. per kmq.
Delle varie strade - non molte, però - che solcano il Montefeltro, la principale è quella che da Rimini per Sant'Arcangelo risale il Marecchia e giunge al passo di Viamaggio. Un'altra, più breve, pure parte da Rimini e raggiunge San Marino, donde si svolge per tutto il Montefeltro orientale, collegandosi con la precedente e saldandosi con l'altra che, partendo da Pesaro, rimonta la Foglia. Il Montefeltro ha economia agricola e pastorale; un tempo anche il taglio degli alberi dava un buon prodotto; ora quest'attività è quasi cessata e i boschi dànno solo carbone vegetale. Pure modesta è l'industria mineraria, che un tempo dava zolfo (Perticara) e ora dà solo travertino (Monte Titano). Vive, casalinga, l'industria dei cappelli di feltro in alcuni paesi. La sede vescovile della diocesi feretrana è in Pennabilli. Il centro principale è San Leo, che sorge a 639 m. s. m., su una roccia a picco (1991 abitanti); il comune contava 5156 ab. nel 1931. Altri centri sono Carpegna (1711 ab. a 748 m. s. m.) e Pennabilli (2279 ab.).
Storia. - Da Carpegna, che è il centro geografico della regione, ebbe nome una famiglia, dalla quale discesero come rami i conti di Montefeltro e di Pietrarubbia, e, forse, i signori della Faggiuola. Alla regione diede il nome l'antico Mons Feretri, oggi San Leo, dove risedevano, secondo la tradizione dal sec. IV, secondo notizie sicure dal IX, i vescovi della diocesi, ch'ebbero più tardi sede a Pennabilli. Dipese prima, ecclesiasticamente e politicamente, dall'arcivescovato di Ravenna; ma la diocesi fu poi dichiarata immediatamente soggetta alla Santa Sede e dal 1563 fatta suffraganea di Urbino; i conti di Montefeltro erano già dal sec. XII indipendenti. Il paese ebbe per gli affari amministrativi e finanziarî un parlamento, che si riuniva in San Leo; e per volere dell'Albornoz mandò deputati al parlamento di Romagna; durante la dominazione francese fece parte del dipartimento del Rubicone; ebbe dal 1831 un proprio consiglio provinciale. Appartiene oggi alla provincia di Pesaro e in piccola parte a quella di Forlì.
Bibl.: C. Marcolini, Notizie storiche della provincia di Pesaro e Urbino, Pesaro 1868; O. Olivieri, Memorie storiche del Montefeltro, Pennabilli 1880; F. Gola, M., Cesena 1882; E. Rosetti, Montefeltro, in Bollettino della società geografica, 1902, pp. 493-523; E. Ricci, Marche, Torino 1929.
I conti di montefeltro. - Erano un ramo dei conti di Carpegna; signori dapprima, forse, di Monte Copiolo. Secondo i genealogisti, un Antonio avrebbe avuto dal Barbarossa la contea del Montefeltro; ma primo personaggio sicuro della famiglia si può ritenere Montefeltrano, vissuto sulla fine del sec. XII.
Certo, verso la metà del secolo, questi signori avevano occupato San Leo, e andarono poi stendendo il loro dominio nell'aspra regione. Buonconte aggiunse nel 1234 la signoria sopra Urbino e, combattendo per gli Svevi, iniziò la tradizione familiare di politica ghibellina. Dei ghibellini fu, sulla fine del secolo, capitano famoso Guido (v.), che nelle aspre lotte di parte perdette San Leo e per alcun tempo anche Urbino; e per quelli Buonconte, figliolo suo, combatté nell'esercito aretino alla Pieve del Toppo e morì a Campaldino (1289; cfr. Dante, Purg., V, 85-129), e Galasso, cugino di Guido, fu podestà d'Arezzo nel 1290 e 1291 e di nuovo nel 1298, capitano e podestà di Pisa nel 1292, capitano (1296) e podestà (1298) e nel fatto signore di Cesena fino alla morte (1300). Federico di Guido succedette a Galasso a Cesena, ma ne fu cacciato dal popolo (1301); ritenne invece Urbino e, per gran parte, il Montefeltro, e fu podestà d'Arezzo (1303-4), capitano di Iesi e di Osimo e vincitore degli Anconetani (1309), podestà e capitano di Pisa (1310-11), vicario di Enrico VII a Pisa (1312) e ad Arezzo (1313): contro il fiero ghibellino, Giovanni XXII bandì una crociata; Urbino ribellata lo uccise (1322). Ma Nolfo, suo figlio, ricuperò la signoria di Urbino (1323) e riebbe San Leo (1338); capitano dei Pisani, batté i Fiorentini presso Lucca (1341) e obbligò questa alla resa (1342); e fu poi condottiero di Giovanni Visconti: pacificatosi con la Chiesa, ebbe dall'Albornoz il riconoscimento della nuova signoria sopra Cagli e dell'antica su Urbino (1355); rottosi di nuovo, perdette queste e tutte le altre terre (1359). Un fratello di lui, Niccolò, ebbe titolo di conte d'Urbino, ma fu capo d'una compagnia di ventura. Ricuperò intera la signoria Antonio, nipote di Nolfo, nel generale sommovimento dello stato papale (1377), e vi aggiunse Gubbio (1388) e Cantiano (1393), formandone un dominio compatto, ch'ebbe riconoscimento dalla Chiesa. E Guidantonio, succedutogli (1403), ebbe titolo di vicario della Chiesa (1404) e come tale tenne per alcuna tempo anche Assisi (1408-19); unitosi poi in seconde nozze con Caterina Colonna (1424), ebbe da Martino V ogni favore e poté occupare (1424-26) la Massa Trabaria; combatté per i Fiorentini nella guerra di Lucca (1429-31) e per Eugenio IV contro i Malatesta, con poca fortuna, come quegli che "era gentile e nobile e di lealtà portava corona, ma di guerra non era apprezzato". Dei figlioli suoi, Sveva (morta nel 1478), moglie sfortunata di Alessandro Sforza di Pesaro, poi datasi a vita monastica, ebbe culto come beata; Oddantonio raccolse l'eredità paterna (1443) ed ebbe da Eugenio IV (26 aprile 1443) il titolo di duca d'Urbino, ma per le sue dissolutezze fu ucciso da una congiura (22 luglio 1444); Federico (v.), illegittimo, signore d'Urbino (1444) e di Fano (1463) e duca d'Urbino (1474), levò, non tanto per il valore nelle armi quanto per la protezione alla cultura e per le opere d'arte regali, assai alto il nome dei Montefeltro, che già vantava in Antonio e in Battista di Antonio, sposa a Galeotto Malatesta e poi francescana (morta nel 1448), autori di rime non spregevoli. Guidobaldo (v.) ereditò il ducato, lo perdette per opera del Borgia, infine lo riacquistò, e, pur in età tempestosa, continuò le nobili tradizioni di mecenatismo.
Essendo senza eredi maschi, adottò nel 1504 Francesco Maria della Rovere, figliolo della sorella Giovanna, che nel 1474 era stata promessa e nel 1478 sposata a Giovanni della Rovere, nipote di Sisto IV, prefetto di Roma e signore di Senigallia. Con Francesco Maria si spense nel 1508 la stirpe dei Montefeltro.
Bibl.: P. Litta, Famiglie celebri ital.: Conti di Montefeltro; F. Ugolini, Storia dei conti e dei duchi di Urbino, Firenze 1859.