MONTEFELTRANO
. – Primo personaggio documentato della casa di Montefeltro, nacque verso il 1135, ma di lui si ignorano il luogo di nascita e il nome dei genitori. Il suo nome viene ricordato anche nelle forme Montefeltrino e Monfeltrino oppure, per distinguerlo da un nipote omonimo (1195 circa-1253), Montefeltrano I.
Nonostante le incertezze genealogiche, la storiografia è concorde nell’attribuire ai Montefeltro una filiazione dalla famiglia dei conti di Carpegna. Secondo una tradizione, i conti di Carpegna, tra i quali i fratelli Guido (o Nolfo) e Antonio, discordi sulla linea politica da tenere nello scontro tra Federico I Barbarossa e Alessandro III, avrebbero diviso i loro domini verso il 1180. Il primo avrebbe continuato la linea dei conti di Carpegna insieme con gli altri fratelli e avrebbe seguito la parte pontificia; Antonio avrebbe invece dato origine a un altro ramo con sede a Monte Copiolo. Insignorendosi di San Leo (Mons Fereter), cioè della città sede vescovile, e ricevendone l’investitura imperiale, Antonio avrebbe dato origine ai conti di Montefeltro: Montefeltrano sarebbe suo figlio o nipote.
In realtà questo primo conte Antonio non è documentato. È verosimile che il personaggio sia stato inventato, nella posizione di capostipite, nel periodo di governo del conte Antonio di Montefeltro (1375-1404), come un omaggio a quest’ultimo. Tuttavia questa tradizione, testimoniata nel XV secolo, contiene un nucleo attendibile, da rinvenirsi nel fatto che le due case dei Carpegna e dei Montefeltro appaiono collegate, come alleate e parti di un medesimo ambito parentale, fino agli anni Quaranta del secolo XIII. Ci si trova di fronte a un gruppo di consorti con estesi possedimenti e giurisdizioni signorili dislocati nell’area feretrana (corrispondenti soprattutto ai pivieri di Carpegna, Scavolino, S. Pietro in Messa, S. Marino e Corena), già attivo nella seconda metà del secolo XII e che non portava ancora un cognome. Questo gruppo parentale ebbe modo di emergere sulla scena politica andando a occupare il vuoto di potere determinato dalla scomparsa dei conti di Bertinoro, caduti in disgrazia agli occhi dell’imperatore ed estinti nel 1177. I conti di Bertinoro avevano avuto cospicui interessi nell’area feretrana e presumibilmente il gruppo dei Carpegna-Monte Copiolo era a essi imparentato per via cognatizia. Inoltre questo stesso gruppo di parenti, già dotato di giurisdizioni signorili di origine allodiale e di matrice monastica, ponendosi al seguito dell’imperatore nella fase acuta di lotta tra Alessandro III e il Barbarossa, dovette avere la possibilità di giungere a controllare direttamente anche gran parte delle giurisdizioni vescovili, tra cui diversi pivieri della diocesi di Montefeltro. Scavi archeologici nel sito di Monte Copiolo hanno restituito imponenti opere di fortificazione datate alla seconda metà del XII secolo, fornendo in tal modo un ulteriore elemento a conferma della tradizione, che considera questo castello la culla dei Montefeltro. Dai medesimi scavi pare evincersi che Monte Copiolo, e non San Leo, fosse stato la residenza delle prime generazioni di questo lignaggio.
Già Benvenuto da Imola nel suo Comentum alla Commedia dantesca (1374-75) nomina Montefeltrano come il più antico tra i conti di Montefeltro di cui si abbia memoria. Egli, dunque, va a occupare nella storia il ruolo che la tradizione successiva ha attribuito al suo non documentato e quasi certamente inesistente padre o avo Antonio. Appare molto probabile che Montefeltrano sia stato proprio colui che diede origine al ramo separato dei Montefeltro, dividendo i beni con gli altri congiunti e svolgendo una politica attiva a fianco dell’imperatore e dei suoi alleati. L’interpretazione prevalente, secondo la quale Montefeltrano sarebbe stato il primo conte di Montefeltro, avendo ottenuto questa giurisdizione da Federico Barbarossa, è da ritenersi attendibile, pur con qualche riserva.
Infatti Montefeltro comincia a essere chiamato comitatus proprio durante gli anni in cui vive Montefeltrano (come nell’atto del 1186 pubblicato da Bianchi, 2005, dove è anche ricordato un Feltrinus o Feltranus che potrebbe essere Montefeltrano). Ciononostante Montefeltrano, che portava certamente il titolo di conte, in nessun documento è mai chiamato «conte di Montefeltro»: l’ambiguità della locuzione Montefeltranus comes con il quale si trova citato nelle fonti è, in questo senso, significativa, poiché il titolo comitale vi appare collegato al nome proprio e non al territorio. Anche i suoi figli non vengono esplicitamente chiamati «conti di Montefeltro» anteriormente al 1226: prima di allora, infatti, negli atti imperiali essi vengono chiamati soltanto «de Montefeltrano », cioè figli di Montefeltrano.
È possibile che il titolo di conte di Montefeltro fosse stato conferito per la prima volta ai suoi figli da Ottone IV, verso il 1210. Fino a quel periodo i diritti di giurisdizione sul districtus – che quasi senza eccezioni viene chiamato nelle fonti territorium Feretranum e non comitatus Feretranus – dovevano essere esercitati (o comunque rivendicati) dal vescovo, benché di fatto il gruppo Carpegna-Monte Copiolo avesse già assunto gran parte delle funzioni pubbliche controllando numerosi pivieri, assumendo un rango comitale e probabilmente (ma non vi sono documenti espliciti in proposito fino al 1222 circa) facendo attribuire la carica vescovile a membri della propria consorteria. Il vescovo risiedeva a San Leo, la piccola città sede della diocesi che, provvista di una munitissima fortezza, non fece parte dei domini dei conti di Montefeltro fino alla metà circa del XIV secolo.
È verosimile che Montefeltrano con i suoi consorti abbia partecipato nel 1173 all’assedio di Ancona, liberata da Aldruda contessa di Bertinoro e dal ferrarese Guglielmo Marcheselli, ponendosi agli ordini del cancelliere imperiale Cristiano di Magonza, e che il nesso diretto con l’Impero risalga ad allora. Già negli anni Ottanta del secolo XII egli disponeva di una potenza che gli consentiva di giocare sull’ampio scacchiere dei territori di Montefeltro, Urbino, Pesaro e Rimini e di intervenire militarmente in tutta la Romagna e nelle odierne Marche settentrionali. Il 18 agosto 1181 guidò l’assalto al castello di Bulgaria nei pressi di Cesena, prendendolo ai cesenati e conferendolo ai riminesi, che da alcuni anni erano tornati fedeli all’Impero. La cronaca degli eventi, contenuta negli Annales Caesenates, lo vede al comando di «tota militia Montisfeltri». L’informazione appare notevole, sia perché mostra che Montefeltrano, pur non essendo già necessariamente il conte di Montefeltro, era però in grado di organizzare militarmente tutta quella diocesi, sia perché presenta come già in essere lo stretto legame tra i Montefeltro e la città di Rimini, che si sarebbe mantenuto nelle generazioni successive in un rapporto di scambievole alleanza. In quella occasione, infatti, comandò l’esercito in qualità di vessillifero del comune riminese.
Nel maggio-giugno 1185, Montefeltrano portò aiuto al vicario imperiale Bertoldo di Kunsberg che combatteva i faentini con un forte esercito di tedeschi, brabantini, toscani, marchigiani, spoletini e romagnoli e il 20 giugno partecipò all’assalto della città, che resistette facendo molti morti tra gli assalitori. Il 7 agosto 1186 si trovava a Gubbio, nominato tra gli intervenientes a un privilegio del re Enrico VI. Le testimonianze del rapporto diretto con la corte imperiale permangono anche in seguito, trovandosi egli ricordato in altri privilegi nel 1186, a Cesena, e nel 1191, a Bologna.
Benché le informazioni dirette su di lui si limitino a queste poche tracce, Montefeltrano va valutato anche in relazione con quanto è dato sapere sul territorio del Montefeltro nel tardo XII secolo. Agli anni della sua vita risalgono la ricostruzione del duomo di San Leo (1173) e di diverse pievi, che costituiscono il lascito più significativo dell’architettura medievale nella regione. Anche il fenomeno dell’incastellamento appare, durante questo periodo, decisamente accentuato, cosicché si può ben pensare che gli anni del dominio di Montefeltrano abbiano corrisposto, per la piccola regione appenninica, a una stagione espansiva. È possibile che il suo intervento abbia favorito questa situazione favorevole o, forse con altrettante probabilità, che la stagione positiva in cui viveva il Montefeltro lo abbia provvisto dei mezzi necessari per esprimere con maggior forza la propria azione politica.
L’ultima notizia di Montefeltrano è il ricordo – tramandato dall’erudito secentesco Orazio Olivieri – di un crocefisso ligneo risalente 1205 e posto sull’altar maggiore del duomo di San Leo, che prima di allora sarebbe stato collocato sul suo carroccio. Il primo documento in cui si nomina Montefeltrano come defunto risale solo al 1216, ma la morte doveva risalire a diverso tempo prima. La data presunta del 1202 si ricava da un documento datato ante febbraio 1203, in cui un abate di S. Gregorio in Conca diede a Rambertus Berardini alcune possessioni che erano state già in precedenza concesse in enfiteusi ai filii Montisferetrani. Questi furono Buonconte (1170 ca.-1241/42), Taddeo (1180 ca.- 1253 ca.) e, forse, Rolando vescovo di Montefeltro (attestato dal 1222 al 1227).
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Tommaso Di Carpegna Falconieri