DE MARINI, Montano
Nacque nella seconda metà del sec. XIII a Genova. Non si conosce il nome del padre; suoi fratelli furono Paganino e Percivalle. Nel 1274 è ricordata la sua galea "Bonaventura" in viaggio per la Romania (Impero bizantino). Tre anni dopo egli organizzò una spedizione commerciale diretta nella stessa zona. Nell'ottobre, prima della partenza, nominò il fratello Percivalle ed Enrico "de Goano" suoi procuratori per chiedere la restituzione di un credito in tarì al banchiere lucchese Dato del fu Arrigo Moricone. Il viaggio prevedeva uno scalo a Napoli, perché il D. si impegnava a consegnare in quella città ad un uomo d'affari lucchese, Feduccio Diversi, 25 onze in cambio di una partita di genovini da lui ricevuta a Genova. L'anno seguente, ritornato nella sua città, organizzò un convoglio di navi per l'Oriente.
Nel luglio, insieme con altri tre mercanti, noleggiò la nave detta "S. Michele", destinata a dirigersi su Tunisi, probabile scalo intermedio di un più lungo viaggio verso il Medio Oriente; nell'agosto, insieme con Giovanni Doria, prese a nolo la tarida "S. Enrico": meta del viaggio era l'Armenia, dove erano sorte alcune colonie genovesi. Nel febbraio del 1279 si trovava ancora a Laiazzo, nella Piccola Armenia, dove assistette nel fondaco genovese a un accordo tra alcuni uomini. Sempre a Laiazzo, nel marzo fu teste alla soluzione di un debito; consegnò a Enrico Grimaldi la somma di 1.300 bisanti "sarracenales" a lui dovuti come da un contratto precedente, e a Giovanni "Niger de Fontana" altri 450 bisanti, sempre sulla base di un precedente accordo finanziario. Ritornato quindi a Genova, probabilmente col convoglio che si organizzava di solito nei mesi estivi, nel marzo del 1280 ricevette da Giovanni Squarciafico 650 libre genovini, e da Enrico Squarciafico altre 30 che egli si impegnava a trafficare in Romania. Qui dovette andare incontro ad una disavventura giudiziaria connessa con la vendita di una tarida, dato che nel marzo dell'anno seguente il giudice ed assessore del podestà di Genova lo assolse dalla multa di 149 iperperi comminatagli da Bonifacio Embriaco, podestà "super Genuensibus in partibus Romanie". Nel 1284 partecipò all'organizzazione di un convoglio formato da 5 galee destinate in Oriente con un prezioso carico in argento e merci varie consegnate da un nutrito gruppo di nobili e di mercanti genovesi. Quando Pisa ne fu informata, allestì una flotta per catturare le galee rivali. Nonostante il pericolo, si decise di armare al soldo del Comune undici galere e due galeoni, che sarebbero stati comandati da Enrico De Mari e avrebbero avuto il compito di scortare il convoglio, partito da Genova il 22 aprile.
Seguita la rotta di Piombino, il convoglio riuscì ad incendiare alcune navi pisane che aveva incrociato. Tuttavia, la preda più grossa fu costituita da una nave veneta, catturata presso l'isola di Tavolara, nella quale erano imbarcati il conte Bonifacio Della Gherardesca di Donoratico e settanta cavalieri diretti in Sardegna per combattere contro i Genovesi nel giudicato di Torres. Per quanto riguarda la squadra pisana, composta da 24 galee, i Genovesi ebbero un netto successo: otto galee pisane furono catturate, una venne affondata, grazie anche al contributo delle navi allestite dai mercanti. Dopo lo scontro, mentre la squadra genovese da guerra ritornava indietro, facendo trionfale ingresso nel porto, le cinque navi da carico private, tra cui quella del D., ripresero la loro navigazione verso Costantinopoli, riuscendo anche a catturare al largo di Girgenti due navi pisane e a vendere come schiavi i prigionieri a Siracusa. A titolo di premio per la buona riuscita dell'impresa, il Comune di Genova liberò dalle avarie per quell'anno tutti coloro che avevano partecipato alla spedizione.
Nel 1287 si imbarcò ancora una volta per Costantinopoli e finanziò due mercanti che erano diretti in "Gazaria" (nome col quale si indicavano le colonie genovesi in Mar Nero).
Nel luglio del 1288 il D. vendette, in Genova, una partita di panni "franceschi" a Guidetto Di Negro, il quale si impegnava a pagare entro ottobre in Pera, il quartiere genovese di Costantinopoli, la somma di 6.145 iperperi e 20 carati di oro buono; è probabile, pertanto, che anche in quell'anno il D. abbia fatto la spola tra Genova e l'Oriente, dove lo troviamo l'anno dopo, a Caffa, l'attiva colonia genovese in Crimea. Infatti, nel giugno, Giovanni "Castanea" di Chiavari cedette a lui e ad altri due mercanti i suoi diritti su due pellicciai per la somma complessiva di 2.700 aspri baricati; sempre nello stesso mese, il D. riscosse una somma da un altro pellicciaio e vendette una grossa partita di vino, da lui trasportata, a due abitanti di Caffa per la somma di 8.470 aspri baricati.
Non abbiamo altre sue notizie per i mesi seguenti; egli dovette, comunque, prendere parte attiva alle vicende politiche della sua città, lacerata dal violento conflitto tra ghibellini, allora al potere, e guelfi, guidati dalle famiglie Fieschi e Grimaldi. A quest'ultima il D. era probabilmente legato anche da rapporti di affari, come un atto ricordato in precedenza lascia supporre. Nel 1296, i guelfi furono espulsi da Genova e si rifugiarono in Provenza sotto la protezione di Carlo II d'Angiò; il D. allora armò a Nizza una nave che si unì a quella allestita da Raniero Grimaldi per dare la caccia alle navi genovesi. Dopo la battaglia di Curzola (1298), mentre Genova era costretta a mantenersi in armi contro il nemico, Venezia si affrettò a stringere i suoi legami con gli "extrinseci" guelfi: a questa alleanza contribuì anche il D., allora rifugiatosi a Monaco. L'anno seguente, avendo Venezia fatto la pace con Genova, abbandonando al loro destino i guelfi, costoro reagirono, mettendosi in caccia anche delle navi venete; cosi come Sorleone Grimaldi, anche il D., allora in navigazione nelle acque orientali del Mediterraneo, fu catturato da navi veneziane. Non sappiamo, tuttavia, quando avvenne precisamente la sua cattura. Nel luglio del 1300 in sua difesa intervenne il Comune di Marsiglia, dal quale egli aveva ottenuto la cittadinanza. Nel febbraio del 1300 Marifredo De Marini, suo procuratore a Famagosta, nell'isola di Cipro, e Giacomo De Marini (di entrambi si ignorano i rapporti di parentela col D.) ricevettero da Rabella Grimaldi una somma in bisanti "albi" al peso di Cipro, impegnandosi a consegnargli in Provenza, entro giugno, 83 cantari di zucchero; sempre nello stesso tempo, ottennero da vari mercanti una partita di tornesi d'argento per i quali si impegnarono a dare a titolo di cambio, entro aprile, una somma di tornesi grossi a Cipro. Si ignora anche la durata della prigionia del D.; nel febbraio del 1301 o 1302 il doge veneziano, su pressione di re Carlo di Napoli, promise al mandatario del D. di restituire gli oggetti toltigli e di indennizzarlo per il carico di zucchero da lui perduto al momento della cattura. Probabilmente il D. dovette tuttavia guadagnarsi la fiducia del governo veneziano, che lo utilizzò per incarichi politici, come nel 1304, quando egli divenne podestà di Padova (nelle cronache locali è ricordato come "homo simplex").
Riconciliatosi in seguito con la madrepatria, il D. venne inviato nel 1316 a Costantinopoli come podestà di Pera, la colonia genovese sorta sulla costa orientale del Corno d'Oro.
Dopo che ne erano stati precisati i confini col crisobullo imperiale del 1303, Pera si era sviluppata rapidamente, coprendosi nel decennio successivo di costruzioni quasi tutte in legno. L'anno precedente la nomina del D., tuttavia, un vasto incendio distrusse gran parte delle case e della cinta di difesa. La data di tale incendio deve collocarsi nel 1315, come induce a ritenere una iscrizione perota segnalata dallo Hasluck (cfr. Iscrizioni genovesi in Crimea e a Costantinopoli, p. 160).
Secondo il Maggiorotti, già nel 1286 il D. sarebbe stato inviato a Costantinopoli per trattare con l'imperatore la nuova concessione territoriale, e per studiare per essa un piano di costruzione. Sempre per il medesimo studioso, il D. si sarebbe recato a Pera ancora nel 1300, per erigervi il quartiere. La prima notizia non è documentata, e la seconda è probabilmente errata, dato che in quel periodo il D. si doveva trovare ancora prigioniero a Venezia.
Quando il D. giunse come podestà nella colonia, provvide a farla ricostruire in muratura secondo un piano urbanistico più razionale, edificandovi il palazzo del podestà, l'ospedale e una cinta muraria difesa da torri (benché gli accordi presi con l'imperatore non lo prevedessero).
Non abbiamo notizie del D. dopo questa data. Sposò Isabella, di casato ignoto, da cui ebbe Franceschino.
Fonti e Bibl.: Genova, Civica Bibl. Berio, Foliatium notariorum [ms. sec. XVIII], II, cc. 152, 156r, 252v, 259r, 273r; Continuazione della cronaca di Iacopo da Varagine dal 1297al 1332, a cura di V. Promis, in Atti della Soc. ligure di storia patria, X (1874), p. 500; Prima serie dei docum. riguardanti la colonia di Pera, a cura di L. T. Belgrano, ibid., XIII (1877), p. 116; C. Desimoni, Actes passés en 1271, 1274 et 1279à L'Aias (PetiteArmenie) et à Beyrouth par-devant les notaires génois, Gênes 1881, pp. 68, 80 s., 85; Id., Actes passés à Famagouste de 1299 à 1301 par-devant le notaire génois Lamberto de Sambuceto, Gênes 1883, pp. 29, 31; A. Ferretto, Codice diplom. delle relazioni fra la Liguria, la Toscana e la Lunigiana aitempi di Dante, in Atti della Soc. ligure di storiapatria, XXXI (1903), ad Indicem; Iscrizioni genovesi in Crimea e Costantinopoli, a cura di L. Volpicella-E. Skrzinska-E. Rossi, ibid., LVI (1928), pp. 160, 165; Annali genovesi di Caffaro e dei suoicontinuatori, a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo, Roma 1929, in Fonti per la storia d'Italia..., V, p. 48; M. Balard, Gênes et l'Outre-mer, I, Les actesde Caffa du notaire génois Lamberto de Sambuceto (1289-1290), Paris 1973, ad Indicem;C.Desimoni, IGenovesi e i loro quartieri in Costantinopolinel secolo XIII, in Giornale ligustico di archeol., storia e lett., III (1876), pp. 243, 245; M. de Mas Latrie, Commerce et expéditions militaires de laFrance et de Venise au Moyen Age, Paris 1879, pp. 14 s.; V. Poggi, Series rectorum ReipublicaeGenuensis, in Historiae patriae monumenta, XVIII, Augustae Taurinorum 1910, p.1130; L. A. Maggiorotti, Architetti e architetture militari, I, Roma 1933, ad Indicem;R. Doehaerd, Les relations commerciales entre Gênes, la Belgique et l'Outremontd'après les archives notariales génoises, III, Bruxelles-Rome 1941, pp. 816 s.; G. Caro, Genova e lasupremazia sul Mediterraneo (1257-1311), in Attidella Soc. ligure di storia patria, n. s., XV (1975), ad Indicem;M. Balard, La Romanie génoise (XIIe - début du XVe siècle), ibid., n. s., XVIII (1978), pp. 186, 193; L. Balletto, Da Chiavari al Levante ed al Mar Nero nei secc. XIII e XIV, in Atti delConvegno storico internazionale per l'VIII centenario dell'urbanizzazione di Chiavari, Chiavari 1980, pp. 238 s., 262 s., 265 s.