PARCITADI, Montagna
de'. – Nacque a Rimini, probabilmente attorno alla metà del XIII secolo, da Parcitade IV e Pulcherrima, di cui non si conosce l'origine. La famiglia, il cui nome pare derivi da un antenato del 1133, che per le proprie imprese avrebbe acquisito l'appellativo di Patercivitatis (Zama, p. 17) era fra le più potenti famiglie ghibelline di Rimini; nel XIII secolo capeggiava la fazione imperiale degli Omodei.
Montagna aveva una sorella, Concordia, suora del monastero di S. Marino delle Abbadesse, e due fratelli, Parcitadino e Ugolino detto Cignatta. Un documento del 1299 stabilisce che il sindaco delle monache di S. Marino delle Abbadesse fosse autorizzato a impossessarsi dei beni degli eredi di Montagna e di Ugolino Cignatta, per un valore di centoquaranta lire ravennati, che nei testamenti di Parcitade IV e Parcitadino erano stati lasciati a Concordia.
Prozio di Montagna è Ugolino di Parcitade, al quale nel 1223 fu conferito, attraverso un diploma del 4 giugno, il titolo di visconte del contado di Rimini da Alberto arcivescovo di Magdeburgo e conte di Romagna per l'Impero. Assieme a lui rivestiva il medesimo ruolo tal Righetto o Enrighetto, che sposò la figlia di Ugolino. Da questa unione nacque una figlia, Concordia, che poi andò in sposa attorno al 1246 a Malatesta da Verucchio, portando in dote grandi beni e legando (seppur per poco) le due famiglie riminesi più potenti, i Parcitadi e i Malatesta. Concordia avrebbe poi dato alla luce Paolo detto "il bello", Giovanni "Gianciotto" e Malatestino "dall'occhio", grande avversario di Montagna.
I rapporti con i Parcitadi si sarebbero presto incrinati, non solo a causa della linea politica filopapale seguita da Malatesta da Verucchio: riportano infatti le Cronache Malatestiane che: «Quando miser Malatesta se vedde avere questa così rica dota, comenza a cresere la spesa e fare de grandi coredi e sempre onorare la parte guelfa. Miser Parcitado [Ugolino di Parcitade, prozio di Montagna], vedendo ch'el pensero gli era fallato, avea grande invidia, e senpre creseva odio fra lui e ditto misere Malatesta: e tanto venne, che non se fidava l'uno del'altro» (Cronache Malatestiane, 1922-1924, p. 5). La rottura definitiva fra le due famiglie si concretizzò con la morte di Concordia, avvenuta nel 1263.
Montagna aveva un figlio, Parcitadino, e due nipoti, figli del fratello Ugolino Cignatta: Galassino e Giovanni.
La prima attestazione di «Montagna quondam domini Parcitatis» è un atto di sottomissione al nuovo papa Niccolò III, del 27 luglio 1278 (Tonini 1862, doc.132, p. 601). Il pontefice aveva peraltro insignito due suoi nipoti di importanti cariche in regione, cioè Bertoldo Orsini conte di Romagna e il cardinale Latino dei Frangipane, legato apostolico per le Romagne, le Marche, la Toscana e la Lombardia. In questo clima di rinnovamento, si fecero conciliazioni e giuramenti: a Rimini si instaurò una tregua (probabilmente solo formale) fra Malatesta e Parcitadi, con Malatesta da Verucchio e Montagna a promettere sui Vangeli fedeltà alla Chiesa.
Dal 1282 al 1288 Malatesta da Verucchio ebbe il controllo della podesteria di Rimini: ciò lo portò a sentire la sottomissione al pontefice come un ostacolo al suo progetto di egemonia personale tanto da farlo arrivare ai ferri corti col rettore papale Pietro di Stefano: scoppiò la rivolta e il rettore punì duramente i capi di diverse fazioni, fra cui Malatesta, Malatestino e Gianciotto e, soprattutto, Ugolino Cignatta e Montagna Parcitadi, costretti a pagare un'ammenda di cento marchi d'argento a testa e condannati al confino. Sembra che, però, i due fratelli Parcitadi fossero rientrati presto a Rimini, perché il rettore di Romagna stabilì che coloro che erano rientrati dai luoghi di confino senza permesso dovessero presentarsi al suo cospetto, pena mille marchi d'argento, riferendosi chiaramente a Ugolino e Montagna; questi risposero sottoscrivendo una protesta nel capitolo dei frati minori di Rimini, affermando che era impossibile per loro recarsi al cospetto del rettore di Romagna, poiché le strade erano presidiate dalla gente del Malatesta e che a Raibano non si sentivano al sicuro (Tonini 1862, doc. 158, pp. 655 s.). Malatesta decise di accordarsi col neoeletto papa Niccolò IV, gesto, questo, che provocò il disappunto dei riminesi, pronti a ribellarsi, capeggiati da Ugolino e Montagna, e a espellere dalla città Malatesta e seguaci.
Nella primavera del 1290 a Rimini scoppiò una rivolta popolare, contro il rettore Stefano Colonna: i Malatesta ne approfittarono e rientrarono in città, mentre i Parcitadi placavano gli animi. In particolare, Montagna cercò di tamponare l'impeto dei popolari. La resa dei conti fra Parcitadi e Malatesta era ormai al culmine, tanto che la famiglia ghibellina aveva persino richiesto l'aiuto dell'esercito di Guido da Montefeltro nella possibile lotta contro i vecchi nemici. La scintilla si accese il 13 dicembre 1295, festa di S. Lucia e giorno di fiera a Rimini: nella piazza del Comune si levò un «grande remore», tanto da mettere in allarme gli esponenti delle opposte fazioni (Cronache Malatestiane, 1922-1924, p. 5). Le cronache sono discordanti su quale membro dei Parcitadi fosse a capo di questa fazione: tutte parlano di Parcitade, il padre di Montagna, tranne quella di Pietro Cantinelli, che fa sapere che Parcitade era già morto, come testimonia anche il documento del 1278, di cui s'è detto, in cui è scritto «Montagna quondam domini Parcitatis». Non è quindi da escludere che potesse essere Montagna a guidare i ghibellini contro il Malatesta. A sostegno di questa ipotesi ci sono le affermazioni di Iacopo della Lana, che definisce Montagna «grande in Arimino», e di Benvenuto da Imola, il quale scrive che «Fuit enim Montagna nobilis miles de Parcitatis de Arimino, princeps partis ghibellinae» (Cantinelli, p. 82). Scoppiò lo scontro armato, che durò tre giorni e in cui rimase ucciso, tra gli altri, Lodovico dalle Caminate. Giunse notizia a Malatesta da Verucchio che l’esercito di Guido da Montefeltro, pronto a intervenire a sostegno dei Parcitadi, si era radunato a San Marino: ciò indusse Malatesta a seguire la via della tregua, che, però, durò poche ore. Mentre il popolo ancora festeggiava la pace, il capo dei guelfi radunò i suoi, che al grido di «Viva miser Malatesta e la parte ghelfa, e mora miser Parcitado e i ghebilini!» diedero la caccia agli avversari (Cronache Malatestiane, 1922-1924, p. 6). Ad avere la peggio fu Ugolino Cignatta, trucidato all'istante, mentre Montagna fu fatto prigioniero.
Di non molto altro siamo informati se non della terribile morte di Montagna, trucidato in carcere, probabilmente non molto dopo la sua cattura, nel dicembre 1295.
La leggenda vuole che Montagna fu ucciso per mano di Malatestino "dall'occhio"; il racconto è alimentato anche dai versi di Dante Alighieri, che inserisce Malatesta da Verucchio e Malatestino nel suo Inferno, nell'ottava bolgia fra i politici fraudolenti: «E 'l mastin vecchio e 'l nuovo da Verrucchio, che fecer di Montagna il mal governo, là dove soglion fan d'i denti succhio» (D. Alighieri, Inferno, XXVII, 46-47). Benvenuto da Imola afferma che entrambi i Malatesta, padre e figlio, concorsero nell'uccisione di Montagna, considerato pericoloso: «Quem (Montagnam) captum cum quibusdam aliis Malatesta tradidit custodiendum Malatestino filio. Postea petivit ab eo, quid factum esset de Montagna. Cui iste respondit: "Domine, est sub fida custodia; ita quod si vellet se suffocare, non posset, quamvis sit iuxta mare". Et dum iterum et iterum peteret, et replicaret, dixit: "Certe dubito quod nescies ipsum custodire". Malatestinus, notato verbo, fecit Montagnam mactari cum quibusdam aliis» (Cantinelli, p. 83).
Gabriele D'Annunzio, nel libretto per musica della sua tragedia Francesca da Rimini, con licenza poetica parla di Montagna, prima imprigionato poi ucciso, la cui testa mozzata viene esposta come macabro trofeo (D'Annunzio 1914, pp. 65 s.).
Fonti e Bibl.: D. Alighieri, Inferno, XXVII, 46-48; P. Cantinelli, Chronicon, a cura di F. Torraca, in Rerum Italicarum Scriptores, II ed., XVIII, 2, Città di Castello 1902, pp. 61, 82, 176; Marcha di Marco Battagli da Rimini (AA. 1212-1354), a cura di A.F. Massera, in Rerum Italicarum Scriptores, II ed., XVI, 3, Città di Castello 1912-13, pp. 28-30, 156; G. D'Annunzio, Francesca da Rimini, ridotta da Tito Ricordi, per la musica di Riccardo Zandonai, Milano 1914, pp. 37, 65 s.; Cronache malatestiane dei secoli XIV e XV (AA. 1295-1385 e 1416-1452), a cura di A.F. Massera, in Rerum Italicarum Scriptores, II ed., XV, 2, Bologna 1922-1924, pp. 4 s., in appendice: Cronaca malatestiana di ser Baldo Branchi (-a. 1474); L. Tonini, Della storia civile e sacra riminese, III, Rimini 1862, Appendice, doc. 83, p. 522, doc. 132, p. 601, doc. 153, pp. 648-651, doc. 158, pp. 655 s.; P. Zama, I Malatesti, Faenza 1956, pp. 17, 19-21, 26, 30-32, 35-38; A. Vasina, I Romagnoli fra autonomie cittadine e accentramento papale nell'età di Dante, Firenze 1965, pp. 207, 436 (con albero genealogico); A. Vasina, Malatesta, in Enciclopedia Dantesca, Roma 1970, III, p. 782; A. Vasina, M.P., in Enciclopedia Dantesca, Roma 1970, IV, p. 295, anche online http://www.treccani.it/enciclopedia/montagna-dei-parcitadi_(Enciclopedia-Dantesca)/; S. Pari, La signoria di Malatesta da Verucchio, Rimini 1998, pp. 55 s., 67 s., 71 s., 75, 79, 122, 125 s., 157 s.,163 s., 171 s., 191-197; A. Falcioni, Malatesta (de Malatestis), Malatesta detto Malatesta da Verucchio, in Dizionario Biografico degli Italiani, 68, Roma 2007 pp. 68-71, anche online; A. Falcioni, Malatesta (de Malatestis), Malatesta detto Malatestino dall'Occhio, ibid., pp. 71-74, anche online http://www.treccani.it/enciclopedia/malatesta-detto-malatestino-malatesta_(Dizionario-Biografico)/.