Mononoke hime
(Giappone 1997, Principessa Mononoke, colore, 133m); regia: Miyazaki Hayao; produzione: Suzuki Toshio per Tokuma Shoten/Nippon Television Network/Dentsū/ Studio Ghibli; sceneggiatura: Miyazaki Hayao; montaggio: Seyama Takeshi, Miyazaki Hayao; scenografia: Oga Kazuo, Yamamoto Nizō, Tanaka Naoya, Kuroda Satoshi, Takeshige Yōji; animazione: Andō Masashi, Kosaka Kita-rō, Kondō Yoshifumi; musica: Jo Hisaishi.
Ashitaka, giovane principe degli Emishi, popolazione appartata del Nord-Est del Giappone, è costretto a difendere il suo villaggio dall'attacco di un demone (in originale tatarigami, termine coniato dal regista stesso, che indica una "divinità accecata dalla furia di vendetta"). Riesce ad abbatterlo, scoprendo che si tratta in realtà di un cinghiale di dimensioni gigantesche, ma il suo braccio ne rimane contaminato; questa piaga sarà destinata a espandersi lentamente e a segnare la sua fine. La sua unica speranza è partire alla ricerca delle ragioni che hanno spinto quella creatura a vagare con tanto odio, e porvi rimedio. Raggiunge la foresta del shishigami, il dio cervo che nella notte si trasforma in didara bochi, gigante immateriale che vaga per monti e per valli e che presiede ai segreti della vita e della morte. Salvando alcuni uomini attaccati dai lupi, scopre che proprio nel rapporto tra uomini e animali si cela il cuore del conflitto. Da una parte la popolazione umana di un villaggio fortificato, agli ordini della Signora Eboshi, abbatte alberi e uccide bestie per migliorare la propria condizione di vita attraverso la metallurgia e la produzione di armi da fuoco; dall'altro lato gli dèi animali (che gli umani designano con il termine generale di mononoke) li osteggiano per mantenere l'ancestrale stato delle cose. Il cinghiale demone che ha contaminato Ashitaka era impazzito di dolore fisico e di rabbia a causa di una pallottola umana che l'aveva penetrato. I peggiori nemici della Signora Eboshi e dei suoi sudditi sono i lupi, al cui gruppo appartiene la giovinetta San, adottata da loro nella più tenera infanzia. È San la Mononoke hime (principessa spirito animale) del titolo. Si giunge a una battaglia da cui sia uomini sia dèi animali escono decimati; la Signora Eboshi decapita il dio cervo, ma Ashitaka e San riescono a ricostituirne la vita e l'identità. Gli umani hanno tuttavia altri nemici, i loro simili: il villaggio fortificato subisce un attacco da parte di guerrieri di una diversa popolazione, e il finale è un paesaggio di devastazione su cui però la natura pian piano ricomincia a verdeggiare. San e Ashitaka (ora guarito) sanno di amarsi ma di essere troppo diversi per potersi unire, e quindi continueranno a vivere l'una nei pressi dell'altro per restare almeno vicini.
La vicenda del film di animazione di Miyazaki Hayao si svolge in epoca Muromachi (1392-1573), storicamente contraddistinta da un grande sviluppo economico e sociale e da guerre civili e devastazioni che spezzarono il legame antichissimo e ideale del giapponese con la natura. Miyazaki ha spesso sottolineato, nelle interviste, che questo va considerato come un jidai geki (film d'epoca) e non come un manifesto ecologista e conservazionista, proprio in considerazione della filosofia o religione (caratteristica ancora oggi dell'arcipelago estremo-orientale) per la quale il punto supremo della felicità non è antropocentrico, ma imperniato sulla fusione armonica tra uomo e mondo. In tale caratteristica giapponesità, oltre che nella potenza della sua arte, risiede l'importanza storica e critica di Miyazaki come cineasta.
Questo film in particolare segnò il passaggio tra la sua figura di regista 'di culto' e quella di star internazionale, conquistando nell'anno della sua uscita il record assoluto d'incassi del cinema in Giappone e superando kolossal stranieri del passato lontano e recente come Gone with the Wind e Titanic: e il trionfo, come è normale in una società di massa, fu ovunque considerato testimonianza di qualità.
Formatosi nella 'gavetta' delle serie televisive e dei lungometraggi di consumo di Tokyo, Miyazaki intraprese negli anni Ottanta la difficile transizione a un cinema d'animazione che, senza diventare di élite, fosse però d'arte e riflettesse valori originali e inediti. In questa traiettoria ebbe chiara la necessità di segnare un distacco rispetto alle formule di successo precedenti. Hollywood, per intenderci, andava completamente dimenticata. Mononoke hime in effetti non possiede nell'animazione, nel disegno, nel montaggio, nella sceneggiatura, e soprattutto nella mentalità, alcun elemento tradizionale dell'imperante cinema americano. Nessun personaggio è manicheisticamente buono o cattivo (la Signora Eboshi, che pure veste l'abbigliamento caratteristico della prostituta dell'epoca e sa uccidere senza esitazioni, cura però i lebbrosi e dà dignità e buon nutrimento alle donne, che in quel tempo vivevano in condizioni umilianti); nessuna magia è onnipotente; nessuna sciagura giunge per punizione di un peccato commesso o di una malvagità congenita; nessun lieto fine suggella in modo consolatorio uno stato di cose che si è protratto fra emozioni contrastanti per oltre due ore di proiezione. Grazie alla potenza delle immagini e della musica, e alla maestria della messa in scena (che talvolta ricorda Kurosawa), Mononoke hime vinse la sua scommessa e si pose come il vero e proprio giro di boa nella storia dell'animazione destinata al grande pubblico (diverso e ben più complicato sarebbe un ragionamento che coinvolgesse anche l'animazione 'd'autore').
Miyazaki nel 1997 chiuse in sostanza il capitolo aperto da Walt Disney esattamente sessant'anni prima con Snow White and the Seven Dwarfs. Tolse una volta per tutte il lungometraggio d'animazione dal giardino d'infanzia e lo impose, agli occhi di spettatori e critica, come un prodotto per adulti in grado di raccontare non più solo favole ma anche romanzi. Consacrazione definitiva di questa tendenza e del talento di Miyazaki è stato l'Orso d'oro vinto a Berlino nel 2002 con Sen to Chihiro no kamikakushi (La città incantata, 2001), noto anche con il titolo internazionale Spirited away.
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