monomio
monomio espressione algebrica, non contenente addizioni o sottrazioni, costituita dal prodotto formale di più fattori dei quali uno (il coefficiente) è un numero e gli altri (la parte letterale) sono delle indeterminate eventualmente elevate a esponente non negativo. Il grado del monomio è la somma degli esponenti delle indeterminate. Per esempio, −5a2b è un monomio di terzo grado con coefficiente −5 e parte letterale a2b e di grado 3. In un monomio come a3b il coefficiente sottinteso è 1; un monomio con coefficiente 1 è detto monico; il segno del monomio è dato dal segno del coefficiente. Poiché le indeterminate che compaiono nella parte letterale possono avere esponente nullo, la parte letterale può anche non comparire: ne consegue che un numero reale qualsiasi può essere considerato un monomio di grado 0.
Due monomi che hanno la stessa parte letterale sono detti simili. Due monomi simili con coefficienti numerici opposti sono a loro volta detti monomi opposti. In generale, l’addizione e la sottrazione di due monomi è definita soltanto se i due monomi sono simili: il risultato di tale operazione, applicando la proprietà distributiva, è determinato operando sui coefficienti e lasciando invariata la parte letterale; per esempio: 2ab2 + 3ab2 = (2 + 3)ab2 = 5ab2. Tuttavia, ha senso considerare anche la somma di monomi non simili; tale somma va però considerata come una somma formale e costituisce un polinomio. Il prodotto di due monomi è invece sempre un monomio, che ha per coefficiente il prodotto dei coefficienti e come indeterminate le indeterminate dei due monomi, ciascuna elevata alla somma degli esponenti con cui essa compare nei due monomi; per esempio: 3a2bc ⋅ 5ab2d = 15a3b3cd. La potenza di un monomio si ottiene elevando a potenza il coefficiente e le singole indeterminate; per esempio: (3ab2c)3 = 27a3b6c3. Un monomio è divisibile per un secondo monomio soltanto se quest’ultimo (detto il divisore) contiene tutte le indeterminate del primo (detto il dividendo), ciascuna con esponente minore o uguale di quello con cui compare nel primo. Solo in questo caso è definito il quoziente della divisione tra i due monomi, che ha per coefficiente il quoziente della divisione del coefficiente del dividendo per il coefficiente del divisore, per parte letterale tutte le indeterminate del dividendo con esponente la differenza degli esponenti con cui esse compaiono nel dividendo e nel divisore; per esempio: 6a 5bx 7 : (−3a 3bx 3) = −2a 2x 4. Più in generale, dividendo un monomio per un altro monomio che non sia suo divisore non si ottiene un monomio, ma una frazione algebrica; per esempio 3ab : bc = 3a /c. Va osservato che taluni autori chiamano monomio frazionario o fratto una fraziona algebrica di questo tipo, indicando il monomio comunemente definito come monomio intero.
Il massimo comune divisore (indicato con il simbolo mcd) di due monomi a coefficienti interi è il monomio di maggior grado che li divide entrambi: esso è ottenuto prendendo le indeterminate comuni a entrambi i monomi con esponente il minimo degli esponenti con cui esse compaiono e come coefficiente il massimo comune divisore dei loro coefficienti. Il minimo comune multiplo (indicato con il simbolo mcm) è invece il monomio di minor grado divisibile per entrambi: esso è ottenuto prendendo le indeterminate comuni e non comuni a entrambi i monomi con esponente il massimo degli esponenti con cui esse compaiono e come coefficiente il minimo comune multiplo dei loro coefficienti.
Se i due monomi non sono entrambi a coefficienti interi, il loro massimo comune divisore è il monomio monico di maggior grado che li divide entrambi e il loro minimo comune multiplo è invece il monomio monico di minor grado divisibile per entrambi. Per esempio, dati i monomi
il loro mcd è x 2y3 mentre il loro mcm è x 2y 4z.
Due monomi si dicono primi tra loro (o coprimi) se il loro massimo comune divisore è uguale a 1, vale a dire se sono privi di indeterminate in comune e i loro coefficienti sono primi tra loro.