MONOLATRIA (dal gr. μόνος e λατρεία "adorazione, culto")
È l'adorazione e il culto di un solo essere divino. Questo fenomeno può essere semplicemente temporaneo, e corrisponde allora all'enoteismo, o durevole, allorché una divinità singola è venerata come proprio unico patrono da una popolazione, che in essa trova l'unica e specifica espressione della sua religiosità e con essa tende quasi a identificarsi (p. es., Kemoš per i Moabiti, Aššur per gli Assiri, ecc.) senza che ciò escluda in certi casi la presenza di altre divinità (p. es., ‛Aštar, nella stessa iscrizione di Mesa re di Moab). In questo senso, il termine monolatria è usato da alcuni storici delle religioni per indicare quello ch'essi considerano come un primo stadio nell'evoluzione del monoteismo degli Ebrei: allorché cioè, secondo questi stessi critici, Jahvè sarebbe stato considerato come dio d'Israele allo stesso modo in cui Kemoš è il dio di Moab (Giudici, XI, 5), senza che apparisse neppure pensabile che i Moabiti potessero anch'essi adorare Jahvè. Checché sia di ciò, con questi secondo genere di monolatria si è abbastanza vicini al monoteismo vero e proprio, ma senza possibilità di confusione, giacché manca il carattere essenziale del monoteismo, che consiste non soltanto nell'affermazione di un dio solo, ma altresì nell'esclusione di tutti gli altri.
Bibl.: R. Mackintosh, Monolatry and henotheism, in Hastings, Encyclopedia of Religion and Ethics, VIII, Edimburgo 1915; R. Pettazzoni, Monolatrie, in Die Religion in Geschichte und Gegenwart, IV, Tubinga 1930.