MONOCROMI (μονοχρώματα, monochromata "pitture d'un solo colore")
Tecnica pittorica usata dagli antichi, menzionata incidentalmente da Quintiliano (Inst. Orat., XI, 3, 46) e più volte da Plinio.
Questi, nel riferire (Nat. Hist., XXXV, 15 seg.) le origini e le fasi iniziali dello sviluppo della pittura in Grecia, espone una storia un po' troppo semplice e logica perché non vi si riconosca il carattere di una ricostruzione teorica: ma la testimonianza è tuttavia preziosa e, per quanto sia stata diversamente valutata e commentata dai critici moderni, certo attendibile nel suo insieme. Plinio dunque dice che, dopo il procedimento primordiale di tracciare il solo contorno dell'ombra proiettata dai corpi su un fondo chiaro (disegno a ombra portata), si passò a quello di riempire l'interno dello schizzo lineare col colore, cioè con una tinta uniforme, producendo così le pitture monocrome; l'inventore, Filocle egizio o Cleante corinzio, e i suoi seguaci, Aridice corinzio e Telefane sicionio, non avrebbero praticato che la pittura lineare senza colore, segnando tuttavia alcuni particolari interni delle figure (spargendo linias intus), mentre Ecfanto corinzio per primo avrebbe usato il colore ottenuto con polvere di mattone.
In verità è da credersi che già dal sec. VII a. C., ovvero da quando l'Egitto s'aprì largamente ai Greci, il procedimento di dipingere, che consisteva nel contornare d'un tratto l'ombra proiettata e riempire di colore lo spazio così circoscritto, divenisse comune in Grecia sotto l'influenza dell'arte egiziana; Filocle può a ragione considerarsi un greco, nativo di Naucrati, il quale insegnò ai suoi compatrioti (donde il nome di Cleante corinzio associato al suo) quanto aveva appreso in Egitto, e cioè il monocromo, non essendo presumibile ch'egli e i suoi seguaci abbiano praticato il rudimentale sistema della pittura lineare; a Corinto e Sicione si sviluppò quindi quest'arte, grazie ad Aridice e Telefane, che sulla tinta unita aggiunsero i ritocchi interni, graffiti o con altro colore.
È incerto quale fosse il colore usato da tali vetusti pittori: alcuni credono il nero, preferito nella ceramografia e più adatto a riprodurre l'ombra, altri invece ritengono il rosso bruno, che prevale nella pittura egizia, che fu adottato per renderli il nudo maschile nella convenzione cromatica dell'arte greca arcaica, e che confermerebbe inoltre la tradizione pliniana circa la tecnica d'Ecfanto.
Plinio menziona anche in altri brani (XXXV, 29) queste primitive pitture e ne nomina (XXXV, 56) gli autori: Igiemonte, Dinia e Carmada, quindi l'ateniese Eumaro e Cimone di Cleone (grandi innovatori questi ultimi), ma afferma che la tecnica del monocromo continuò anche in seguito e durava ancora ai suoi tempi; inoltre, parlando delle opere del celebre pittore Zeusi di Eraclea (XXXV, 64), dice che questi dipinse et monochromata ex albo. Si è pensato che esse fossero piuttosto pitture policrome scolorite dal tempo, ma non è affatto necessario imputare un tale errore a Plinio, mentre è del tutto possibile che i maestri greci, nell'età dell'arte matura e anche tarda, abbiano dipinto in qualche caso con un solo colore, il rosso (cinnabar, minium, ecc.) su fondo bianco (nel caso di Zeusi sarebbe forse il contrario), producendo opere affatto simili ai disegni a sanguigna tuttora in uso (cfr. Plinio, XXXIII, 117).
Molto si è infine discusso sui cosiddetti monocromi del Museo Nazionale di Napoli, provenienti cinque da Ercolano e uno da Pompei, e che sono pitture ormai molto attenuate su tavolette di marmo da inserirsi nelle pareti decorate: in alcune di esse si distinguono ancora Colori diversi oltre il rosso (giallo e violetto), e due sono da considerarsi vere pitture policrome, ma almeno un paio possono realmente definirsi monocromi e ritenersi dipendenti, sia per la tecnica sia per lo stile delle rappresentazioni, da pitture simili dell'età di Zeusi (vedi chiaroscuro, IX, p. 996, fig.).
Bibl.: W. Smith, W. Wayte e G.E. Marindin, Dictionary of Greek a. Roman Antiquities, Londra 1891, s. v. Pictura; K. Jex-Blake e E. Sellers, The Elder Pliny's Chapters, Londra 1896 (luoghi pliniani cit. nel testo); E. Ottier, Le dessin par ombre portée chez les Grecs, in Revue Études Grecques, 1898, p. 355 segg.; P. Girard, Pictura, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiquités gr. et rom., IV, i; G. Perrot e Ch. Chipiez, Histoire de l'Art, IX, Parigi 1911, p. 215 segg.; E. Pfuhl, Malerei u. Zeichnung der Griechen, Monaco 1923, I, par. 535 segg.; II, par. 747, cfr. anche par. 749 (ivi bibl. speciale anche per i monocromi ercolanesi e pompeiano).