LIUZZI, Mondino de' (Mundinus, Raymundinus; de Leuciis, de Liuciis, de Luciis)
Nacque quasi sicuramente a Bologna da Rainerio (chiamato nei documenti per lo più Nerio o Nerino; era ancora vivo nel 1316) e da Bella di Guidone Gonelli (morta prima del 1305). Difficile precisare quando il L. sia nato; se fosse possibile confermare con documenti la notizia pubblicata nel 1623 dal non sempre affidabile Pasquali Alidosi, secondo la quale il L. si sarebbe laureato nel 1290, la sua nascita dovrebbe porsi attorno al 1270. In realtà da un'accusa per il tentato omicidio del ghibellino Niccolò da Pontecchio presentata il 25 ott. 1294 da "Mondinus sive Raymondinus filius Raynerii" contro Perolino "quondam Aliotti salaroli", che è anche il primo documento che lo riguarda (Arch. di Stato di Bologna, Curia del podestà, Giudici ad maleficia, Accusationes, b. 14, reg. 2, c. 95r), si ricava che nel 1294 il L. non era ancora magister, per cui sia la sua nascita sia, soprattutto, la fine del suo corso di studio dovrebbero essere posticipati di almeno quattro o cinque anni. In ogni modo il L. risulta menzionato come magister per la prima volta nel 1305.
I Liuzzi, ricordati per gli anni attorno al 1280 in una lista di famiglie solidali con la fazione dei Lambertazzi e di fede ghibellina (Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XVIII, 1, vol. 2, p. 205) e menzionati persino nel famoso Serventese dei Lambertazzi e dei Geremei (v. 271), erano di origine fiorentina: il nonno del L., Albizio di Rainerio di Liuzzo, morto prima del 1295, era quasi sicuramente nato a Firenze ("qui fuit de Florencia" come è indicato il 17 ott. 1295 in un atto di acquisto di beni rurali da parte del figlio Liuzzo, che parrebbe aver già acquisito la cittadinanza bolognese: Arch. di Stato di Bologna, Memoriali, 89, c. 179v [notaio Princivalle di Petrizolo de Blancuciis]) e potrebbe essere già stato presente a Bologna nel 1259 se, come pare, deve essere identificato con quell'"Albizus" figlio di Rainerio di Liuzzo e di "Domina Flore" che quell'anno risultava iscritto per Porta Ravegnana alla Società dei Toschi, una compagnia d'armi composta di gente originaria della Toscana, di cui il figlio di Albizio, il medico Liuzzo, fu ministerialis nel 1266, nel 1268, nel 1269 e nel 1271 (Statuti delle Società del Popolo di Bologna, a cura di A. Gaudenzi, Roma 1889, I, pp. 416, 422 s., 425, 431, 433, 435, 443 s.); entrambi ricompaiono nella matricola della società per gli anni 1272-74 (Arch. di Stato di Bologna, Comune, Capitano del Popolo, Società di arti e armi, Libri matricularum, 1: Società dei Toschi, c. 1r). Dall'origine fiorentina dei Liuzzi derivò l'opinione, perpetuatasi a Bologna sino all'inizio del XVI secolo, che il L. fosse fiorentino. La famiglia aveva connessioni con l'ambiente dei medici e degli speziali già prima della fama conquistata come professore dallo zio del L., Liuzzo: un contratto, ora irreperibile, del 1270 informa del fatto che il nonno del L., Albizio, probabilmente un commerciante di spezie e di erbe curative (come sarà poi il figlio Rainerio), e suo figlio Liuzzo, già chiamato "magister", si unirono in società con Bartolo di Rainerio, un medico di origine fiorentina che aveva curato re Enzo, per la conduzione di una farmacia (probabilmente quella presso la chiesa di S. Maria dell'Aurora chiamata sino al primo Settecento "spezieria del Mundino"), che una tradizione tarda e non confermata dice passata in gestione allo stesso L. (un regesto dell'atto, ora irreperibile, in Sarti - Fattorini).
Nulla si sa della prima formazione del L., ma è probabile che i suoi maestri siano stati lo zio Liuzzo (che nel luglio 1298 doveva essere già un affermato insegnante di medicina se prestò giuramento di obbedienza insieme con Bartolomeo da Varignana, Giovanni da Parma e Maglio de' Sulimani all'arcidiacono dello Studio Guido da Baisio) e, soprattutto, Taddeo Alderotti. Quest'ultimo discepolato pare confermato dal modo in cui il L. racconta (nel suo Mesue cum expositione Mondini super canones universalis, Venetiis 1508, c. 38) un episodio relativo all'Alderotti che insieme con alcuni suoi collaboratori cura un conte ad Arezzo: la vividezza della narrazione parrebbe presupporre la presenza del giovane L. tra i medici menzionati.
Nonostante la fede ghibellina della famiglia, non è possibile confermare e solidamente documentare la notizia data da Sighinolfi (Mondino de' Liucci, Anatomia riprodotta da un codice bolognese del sec. XIV e volgarizzata nel secolo XV, a cura di L. Sighinolfi, Bologna 1930, p. 13) secondo la quale negli anni 1302-03 il Consiglio del Popolo di Bologna avrebbe richiamato, insieme con altri, il ghibellino L. da un esilio che gli sarebbe stato comminato nel 1299.
Il coinvolgimento dei Liuzzi nelle lotte politiche di quegli anni è forse dimostrato dal tentativo di uccisione del padre del L. da parte di Giovanni "de Varola" avvenuto nel marzo 1303, durante gravi e sanguinosi scontri tra ghibellini e guelfi neri. La notizia si ricava da una accusatio presentata da Rainerio e Liuzzo, suo fratello, ora irreperibile ma regestata negli spogli fededegni conservati nella Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, Fondo Mazzoni Toselli, Cause giudiziarie, b. I, cc. 74v-75r.
Da un atto del 4 ag. 1305, con cui Rainerio, in accordo con i figli Mondino, Albizio e Francesco (questi due ultimi ancora minori di quattordici anni) vendeva, con patto di retrovendita (un larvato prestito ipotecario, dunque) alcuni beni rurali facenti parte della dote della sua defunta sposa Bella, si apprende che il L. abitava insieme con il padre nella parrocchia di S. Antolino di Porta Stiera in una casa di proprietà di Bitino Boccadicane e che era sposato con Giovanna di Giacomino Conversi, dalla quale non è noto se abbia avuto figli; è comunque certo che al momento della sua morte nessun figlio del primo matrimonio era in vita.
È probabile che, all'inizio del secolo XIV, già da parecchi anni il L. insegnasse medicina privatamente - fosse, cioè, pagato dagli stessi scolari - insieme con lo zio Liuzzo; ma la prima notizia sicura di sue lezioni si trova solo nell'estimo degli anni 1307-08, quando lo zio - che dal 31 luglio 1307 era stato assunto per un anno come lettore di medicina nello Studio (documento pubblicato in G. Zaccagnini, L'insegnamento privato a Bologna e altrove nei secoli XIII e XIV, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, XIV [1924], pp. 292 s.) - dichiarò di possedere, oltre la propria casa nella parrocchia di S. Vitale, anche un'abitazione nella parrocchia di S. Martino de' Caccianemici, in cui egli e il nipote tenevano scuola (documenti in Dallari, 1932).
Il L. deve essersi guadagnato in quegli anni una buona fama di medico e di insegnante, tanto da godere di privilegi analoghi e forse anche superiori a quelli che il Comune di Bologna aveva alcuni decenni prima concesso all'Alderotti. Quando, infatti, il L. fu denunciato insieme con Andrea da Viterbo, rettore degli artisti, da due scolari, Guglielmo e Ugolinuccio da Gubbio, per aver favorito Andrea durante una rissa in cui i due studenti avevano riportato varie ferite, e dovette presentarsi il 15 dic. 1311 al tribunale del podestà, dichiarò di essere persona privilegiata e fu subito stralciato dal novero dei possibili accusati. In seguito, il 20 luglio 1313, il L., insieme con il collega Giovanni da Parma, fu chiamato a testimoniare in un processo per l'uccisione di un certo Manfredino. L'insegnamento del L. doveva spaziare entro tutto il campo del cursus filosofico: nel 1314 fu designato nelle matricole della Società dei Toschi per Porta Ravegnana come "doctor in loyca" (Arch. di Stato di Bologna, Comune, Capitano del Popolo, Società di arti e armi, Libri matricularum, 3, c. 155v; a c. 153r l'immatricolazione dello zio Liuzzo per Porta Ravegnana e a c. 162v quella del padre Rainerio per Porta Stiera); questo si accorda abbastanza bene con l'interesse per la logica dimostrato in una quaestio - Utrum corpus sanum ut nunc habeat sanitatem acquisitam a rebus temporalibus, sive a tempore, vel ipsam habeat a generatione - disputata nel 1312, forse nella stessa occasione della discussione di un'analoga quaestio da parte di Giovanni da Parma.
Difficile dire quando il L. abbia iniziato le lezioni di anatomia, tenute durante la dissezione di cadaveri (praticata a Bologna forse già ai tempi dell'Alderotti), che lo resero famoso e lo portarono alla composizione, nel 1316, dell'Anothomia, testo usato in parecchie università d'Europa sino alla metà del XVI secolo; certo è che nel capitolo De anothomia matricis il L. fa cenno a dissezioni di frequenza quasi mensile praticate non solo su esseri umani (giustiziati e anche, presumibilmente, povera gente morta negli ospedali), ma anche, come era in uso da parecchi secoli, su scrofe.
Almeno dal 1315 il L. abitò in una casa di proprietà dello zio Liuzzo nella parrocchia di S. Antolino del quartiere di Porta Stiera e tenne scuola in alcuni ambienti attigui a essa, come appare dalla dichiarazione d'estimo di Liuzzo per gli anni 1315-16; nello stesso quartiere (ma "in capella Sancte Tecle"), con una famiglia di otto persone, risiedeva allora anche il padre Rainerio, che doveva essere un non fortunato continuatore del commercio familiare di spezie, nel quale pare fossero investiti anche denari del L. e della moglie.
Alla notorietà scientifica del L. doveva corrispondere un certo rilievo pubblico, come dimostrano due episodi significativi. Il primo fu quando, il 10 ag. 1316, il L. garantì presso gli studenti del convento fiorentino di S. Marco che il maestro Uguccione, abitante in Padova, si sarebbe recato dal 1° settembre a Firenze a insegnare per un anno filosofia naturale, fatto che dimostra la stima da lui goduta nell'ambiente culturale della città di origine della sua famiglia (Zaccagnini, 1926, pp. 162 s.). Il secondo fu nel settembre 1316, quando gli fu affidata un'ambasceria pubblica: insieme con lo zio Liuzzo e maestro Castellano fu inviato dal Comune di Bologna presso il principe Giovanni d'Angiò, che accompagnava Caterina d'Austria neo sposa di Carlo duca di Calabria, per scusarsi di certe violenze subite in Bologna da un agente del principe.
Nel corso degli anni 1316-17 il L. commentò i Pronostica e il De regimine acutorum di Ippocrate: un ciclo di lezioni, terminate probabilmente il 21 ag. 1317, note dalle reportationes di uno scolaro, Nicola Bertuccio.
Il 30 ag. 1318 morì lo zio Liuzzo, che fu sepolto nella chiesa dei Ss. Vitale e Agricola entro un monumento scolpito da Roso da Parma, presso il quale anche il L. acquistò un sepolcro per sé e i suoi eredi; per quella spesa il L. - che fu presumibilmente, insieme con i fratelli Gerino, Benedetto e Lucio, erede dei beni dello zio - probabilmente contrasse con Bartolomeo de' Conforti il debito di 200 lire testimoniato da un rogito del 13 sett. 1318 (Arch. di Stato di Bologna, Memoriali, 136, c. 25v [notaio Antonio di Andrea Bernardini]). Da Liuzzo certo il L. ereditò un fondo a Barbiano che egli si trovò a difendere dalle rapine di un vicino, come appare da una denunzia presentata il 14 dic. 1321 (atto irreperibile, regestato in Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, Fondo Mazzoni Toselli, Cause giudiziarie, b. I, cc. 212v-213r).
Nel 1319 il L. tenne un corso sul capitolo De generatione embrionis del Canone di Avicenna, di cui sono rimaste le reportationes di Guccio di Mino da Siena. Il 23 ott. 1321, in un momento difficile per lo Studio, dovuto all'esodo generale degli studenti da Bologna provocato dalla condanna a morte di uno di loro, il Comune di Bologna assunse per un anno il L. con lo stipendio di 50 lire. Secondo un documento del 1322 (in Zaccagnini, 1926, p. 72) anche il L., come era uso di altri medici e come del resto aveva già fatto lo zio Liuzzo, teneva nella sua casa studenti a pensione. Nella casa del L. dovevano ritrovarsi anche molti medici famosi di passaggio a Bologna; è così che il 20 luglio 1323 nella dimora del L. fece testamento e presumibilmente morì uno degli amici che Dante frequentò a Ravenna, il ricco medico di Certaldo Fiduccio de' Milotti.
Il 18 maggio 1324 il Comune assunse il L. per un anno "ad legendum in praticha" col salario di 100 lire, cioè con un compenso doppio rispetto a quello del 1321; lettura in cui egli si trovò ad avere come collega Cecco d'Ascoli (Francesco Stabili).
Il L. morì a Bologna tra il 17 febbr. 1326 - giorno in cui, gravemente malato, fece testamento - e il 15 maggio, quando gli eredi compilarono l'inventario dei suoi beni.
Dal testamento, tra i cui testimoni risultano il collega Alberto de Zancari e Nicola Bertuccio, si apprende che il L. lasciò ai fratelli, oltre qualche bene immobile, anche i libri di medicina sopra i quali avevano studiato. Eredi delle discrete sostanze del L., gravate però da molti debiti, furono i figli maschi natigli dalla seconda moglie, Mina di Gandone de' Gandoni: Gabardino, Lodovico, Lucio (chiamato "Leucius", "Leoncius", "Leo" o "Leoncinus") e Mondino, quest'ultimo nato pochi giorni dopo la morte del padre. Con buone doti furono le figlie, Masia e Orabile.
Assolutamente destituita di ogni fondamento è la tradizione che il L. fosse coadiuvato nelle sue dissezioni da una coppia di assistenti, Alessandra Giliani da San Giovanni in Persiceto (che avrebbe trovato anche il segreto per preparare e conservare a uso didattico alcuni organi estratti dai cadaveri) e suo marito Ottone Seniore Ageni da Lustrola. La notizia fu inventata di sana pianta dal falsario bolognese Alessandro Macchiavelli, che nelle Effemeridi sacro-civili perpetue bolognesi, Bologna 1739, pp. 60 s., affermò di averla tratta da inesistenti "Framenti storici Persicetani" di Ranieri d'Arpinello dalla Foglia (il quale fu realmente un notaio bolognese della metà del XIV secolo). Falso è quindi anche il ritratto della Giliani - si tratta infatti della figura di un ragazzo dissettore rappresentato sul frontespizio dell'edizione lipsiense del 1493 dell'Anothomia - riprodotto in V. Ottani - G. Giuliani Piccari, L'opera di Anna Morandi Manzolini nella coroplastica bolognese, in Alma Mater Studiorum. La presenza femminile dal XVIII al XX secolo, Bologna 1988, p. 84.
Per stabilire l'elenco delle opere del L. occorre chiarire la questione preliminare del discernimento di esse da quelle di due altri medici del XIV secolo, Mondino da Cividale del Friuli ("de Foroiulio") e Mondino da Forlì ("de Forolivio"); il problema è stato posto, ma risolto solo in parte da E. Dall'Osso (1955).
Opere anatomiche: Anothomia scritta nel 1316. Un elenco provvisorio dei codici è in The "Fasciculo di medicina, Venice 1493", a cura di C. Singer, Firenze 1925, I, p. 55 e in L. Thorndike - P. Kibre, A catalogue of incipits of Medieval scientific writings in Latin, London 1963, coll. 1233, 1306. La prima edizione dell'Anothomia fu stampata a Pavia nel 1478 "apud Antonium de Carcano". Una lista provvisoria delle altre numerose edizioni quattrocentesche e cinquecentesche dell'opera, che fu presto compresa nel Fasciculus medicinae, è in A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte aller Zeiten und Völker, Berlin 1932, IV, p. 239. Dell'Anothomia esistono anche due antichi volgarizzamenti quattrocenteschi: uno di Sebastiano Manilio (L'Anatomia ovvero Dissectione del corpo umano, in Fasciculo de medicina vulgarizato da Sebastiano Manilio Romano, Venezia, Giovanni e Gregorio de' Gregori, 1493); l'altro, anonimo e probabilmente bolognese, è contenuto nel cod. B.1611 della Biblioteca comunale dell'Archiginnasio di Bologna, dove l'opera è attribuita a "Mundino de Florentia", e fu pubblicato nella già citata edizione curata da L. Sighinolfi: M. de' Liucci, Anatomia riprodotta da un codice bolognese. Mancando un'edizione critica moderna, si può ricorrere al già citato testo fondato su un solo e molto tardo manoscritto: M. de' Liuzzi, Anothomia, a cura di P.P. Giorgi e G.F. Pasini, Bologna 1992. Un'ottima traduzione inglese, con introduzione e note di grande rilievo, a opera di C. Singer, è nel citato primo volume di The "Fasciculo di medicina, Venice 1493".
Commenti: 1) Commento ai Pronostica di Ippocrate. Nei tre codici che lo tramandano è unito alla trascrizione fatta da Nicola Bertuccio delle lezioni del L. sul De regimine acutorum di Ippocrate: Cesena, Biblioteca Malatestiana, Mss., S.XXVII.5, cc. 53r-116r; Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 4466, cc. 1r-36r; Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm, 13020, cc. 1r-57r. 2) Commento al De regimine acutorum di Ippocrate: nei codd. cesenate, cc. 117-142; vaticano, cc. 37-55; monacense, cc. 57-72. 3) Commento Super librum Tegni Galieni; è contenuto nei codd. cesenate, cc. 143r-228r e vaticano, cc. 57r-156r; si tratta di recollectiones, ed è dunque probabile che anche questo ciclo di lezioni sia stato trascritto da Nicola Bertuccio negli anni intorno al 1317. 4) Expositio super capitulum de generatione embrionis Canonis Avicennae cum quibusdam quaestionibus. È la reportatio, divisa in quindici lectiones, fatta nel 1319 da Guccio di Mino da Siena. Le lezioni rappresentano vividamente quanto il L. continuasse a dibattere la sua materia e fosse capace di superare le sue precedenti concezioni: qui infatti, presa tempestiva conoscenza del De usu partium di Galeno nella traduzione fatta nel 1317 da Niccolò da Reggio, egli abbandonò la pseudogalenica descrizione dell'utero come composto da sette cellulae, da lui delineata nell'Anothomia del 1316, e corresse il suo precedente errore, pronunciandosi anche contro la genuinità del De spermate sino allora attribuito a Galeno. La reportatio è contenuta solo in Biblioteca apost. Vaticana, Reg. lat., 2000, cc. 1-23 ed è stata pubblicata in Mondini de Leuciis Expositio super capitulum de generatione embrionis Canonis Avicennae cum quibusdam quaestionibus, a cura di R. Martorelli Vico, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], CXVIII, Roma 1993. 5) Commento ai Canones universales di Mesue. Nonostante non ne sopravvivano manoscritti, esso è sicuramente genuino. Il testo è trasmesso solo dall'edizione veneziana del 1490 di Mesue (Indice generale degli incunaboli [IGI], 6391) e dalle molte da essa derivate. Alcuni passi sono stati editi da M.C. Welborn, Mondino de' Liuzzi's Commentary on the Canones generales of Mesue the Younger, in Isis, XXII (1934), pp. 8-11.
Consilia: Il corpus più completo dei Consilia del L. è contenuto nel codice conservato a Cesena, Biblioteca Malatestiana, Mss., D.XXIV.3, cc. 163r-182r della metà del XIV secolo, probabilmente di origine bolognese. In esso sono contenuti 42 consilia: 1) De visus debilitate; 2) De stupore; 3) De vocis raucedine; 4) De epilensia matricali; 5) De melancholica passione; 6) De dispositione cancerosa; 7) De scotomia flegmatica cum melancholia; 8) De passione diabetica; 9) De fluxu sanguinis; 10) De cardiaca passione; 11) De mala stomaci dispositione; 12) De sterilitate propter frigiditatem et humiditatem; 13) De cataracta in oculo; 14) De urine ardore cum dispositione calculosa; 15) De mala conditione frigida et sicca cum debilitate coytus; 16) De egritudine longa cum lesione principalium; 17) De prohibitione impregnationis; 18) De aborsu; 19) De matricis inflatione; 20) De tinnitu aurium; 21) De lepra; 22) De melancholia merachia; 23) De mala dispositione renum et stomaci; 24) De febre quartana autunnali; 25) De febre putrida mixta ex flegmate et colera; 26) De scrophulis; 27) De vomitu secundando et lapide dissolvendo; 28) De unguento ad vomitum et excitando coitum; 29) De prohibitione ortus pilorum et de depilatione; 30) De asmate, de pillulis, de ambra; 31) De impregnando et purgando; 32) De sanitatis regimine; 33) De purgatorio bono; 34) De pulvere ad delendum maculas; 35) De multis et variis experimentis; 36) De generatione pilorum; 37) De corrosione gingivarum; 38) De dolore stomaci; 39) De preservatione estatis; 40) De tertiana et de fluxu impregnante; 41) De expellendo fetum mortuum; 42) De digestivo et de scabia. Una collezione più piccola formata da soli 18 consilia dei citati 42 (1-12, 15-19, 25) con l'aggiunta di un Regimen trauli a nativitate (posto tra i consilia 3 e 4) è in Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm, 77, cc. 46-59 e Clm, 250, cc. 217-229. Il consilium 24 è anche in Cesena, Biblioteca Malatestiana, Mss., D.XXVI.3, cc. 35v-36v. I consilia 5, 12, 15, 17-19 sono pubblicati in B. Vonderlage, Consilien des Mondino dei Liuzzi aus Bologna, Leipzig 1922; il consilium 24 è edito in E. Dall'Osso - L. Munster, Una lezione inedita di Mondino de' Liuzzi sulla febbre autunnale, in Castalia, XIV (1958), pp. 151-159. Particolarmente notevole lo spirito laico che anima il consilium 17 De prohibitione impregnationis, in cui si danno prescrizioni contraccettive. Il L. ritiene lecito per il medico dare consigli del genere alle donne troppo giovani o malate o esposte a possibili stupri, per evitare che esse siano costrette a ricorrere all'aborto, che è certo maggior peccato della contraccezione.
Ulteriori studi dovranno chiarire l'autenticità ed eventualmente l'appartenenza parziale di questi consilia al citato primo corpus: del gruppo contenuto, insieme con quelli di Guglielmo da Brescia, nella Bayerische Staatsbibliothek, Clm, 23912, cc. 208-247, del Consilium ad retentionem menstruorum in Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Lat., 2300, cc. 84v-85r (incipit: "Quia ex constitutione habitudine et etate et regimine") e dei due consilia in Cesena, Biblioteca Malatestiana, Mss., D.XXIII.5, cc. 57 (incipit: "Quoniam regimen sanitatis et preservationis eiusdem") e 82r-85r (incipit: "Cum curatio omnis egritudinis").
Quaestiones: Sicuramente genuina pare la già citata quaestio discussa nel 1312 Utrum corpus sanum…, in Bayerische Staatsbibliothek, Clm, 244, cc. 135v-138r e Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 2418, cc. 168r-169r.
Da accertare invece l'autenticità - o eventualmente l'appartenenza al testo dei sopra citati commenti - delle seguenti quaestiones: 1) il gruppo riguardante le "febres ethice", che potrebbero essere testi diversi o diverse redazioni dello stesso testo con titolo via via mutato: Utrum species febris ethice sint tantum quatuor vel plures sive pauciores in Parigi, Bibliothèque de la Sorbonne, Mss., 128, cc. 128r-130r; Questio de speciebus febrium ethicorum in Cesena, Biblioteca Malatestiana, Mss., S.XXVII.4, cc. 173v-174v; Utrum differentie maxime et principalissime febrium sint tantum tres (che potrebbe appartenere ad Alberto Zancari) e Utrum febris ethica possit incipere et permanere singularis, in S. Lorenzo de El Escorial, Real Biblioteca, Mss., f I 4., rispettivamente alle cc. 4r-5r e 9v. 2) Utrum in antrace competat somnus in Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. XIV, 59 (=534), cc. 21r-22r. 3) Quodlibet disputato a Bologna nel 1323 nel cod. escorialense, cc. 5r-7v. 4) Utrum generentur peiores morbi ab humoribus peccantibus in quantitate quam in qualitate in Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 4466, c. 157v. 5) Utrum in humano corpore sit dari malam complexionem simpliciter, Vat. lat., 3144, c. 12r. 6) Questio de cerusa, Vat. lat., 4455, c. 41. Sono dubbie o di autenticità da accertare le seguenti opere: 1) De accidentibus morborum o Practica de accidentibus attribuita nei codici o semplicemente a un "Mundinus" o più esplicitamente a Mondino da Forlì o a Mondino "de Foroiulio": un elenco di questi codici è in Thorndike - Kibre, A catalogue, cit., coll. 278 e 1700, cui sarà da aggiungere: Padova, Biblioteca universitaria, Mss., 1933. È stata pubblicata, attribuendola troppo sicuramente al L., in G. Caturegli, Pratica de accidentibus secundum magistrum Mundinum, in Scientia veterum, XVI (1967), pp. 9-14. 2) Un brevissimo Tractatus de dosi medicinae o Tractatus ad inveniendam dosim cuiuscumque medicinae. Un elenco di codici è in Thorndike - Kibre, A catalogue, cit., col. 49, cui saranno da aggiungersi: Cesena, Biblioteca Malatestiana, Mss., D.XXIV.3, cc. 161v-162r; Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 2418, cc. 163-164; Padova, Biblioteca capitolare, Mss., B.64; Londra, Wellcome historical medical Library, Mss., 535; Danzica, Biblioteca dell'Accademia polacca delle scienze, Mss., 200; Memmingen, Stadtbibliothek, Mss., 2°.2.34 (attribuita a Gentile da Foligno). È stato stampato tra le opere di Bartolomeo da Montagnana (il quale usa spesso, senza citarli, i consilia del L.) come secondo capitolo del suo De modo componendi medicinas et de dosi earum invenienda: Consilia Montagnanae cum tabula, Venezia, Lucantonio Giunta, 1525, cc. 345v-346r. Potrebbe trattarsi di uno scritto genuino del L., essendo contenuto nel citato Cesena, Biblioteca Malatestiana, Mss., D.XXIV.3. 3) Una Compilatio de morbis iniziante con un Consilium pro magistro curie in Arras, Bibliothèque de la Ville, Mss., 597, cc. 1r-34r. 4) Un Consilium de morsu serpentis, attribuito al L. in Erfurt, Wissenschaftliche Allgemeinbibliothek, Codices Amploniani, Q.222, c. 227r, ha verosimilmente come autore Gentile da Foligno, cui è dato in Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm, 77, cc. 79v-80r e Cesena, Biblioteca Malatestiana, Mss., D.XXVI.3, cc. 39v-40v. È stato pubblicato, attribuendolo a Gentile, in Medical History, IV (1960), pp. 90-95. 5) Una Practica in dieci libri in Bayerische Staatsbibliothek, Clm, 27007, cc. 1r-235r. 6) Un Compendium cirurgie in Basilea, Stadtbibliothek, Mss., D.I.48, c. 102. 7) Gli Annotata magistri Mundini in Galieni Librum qui incipit: "Initio huius libri morbum diffiniri oportet" cioè delle annotazioni al De accidente et morbo di Galeno in Bayerische Staatsbibliothek, Clm, 13020, cc. 88r-95r.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Curia del podestà, Giudici ad maleficia, Carte di corredo, 15 dic. 1311; 29 dic. 1322; Memoriali, 111, cc. 48v-49r (notaio Azzolino di Pietro Montanari); Ufficio dei riformatori degli estimi, Estimo 1307-1308, b. 133, S. Vitale, cedola 59; ibid., Estimo 1315-1316, b. 186, S. Antolino, cedola 27; Bologna, Biblioteca dell'Archiginnasio, Fondo Mazzoni Toselli, Cause giudiziarie, b. IV, pp. 974r-975r.
Una completa bibliografia sul L. è in M. de' Liuzzi, Anothomia, a cura di P.P. Giorgi - G.F. Pasini, cit.; M. Sarti - M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus…, a cura di C. Albicini - C. Malagola, I, Bologna 1888, pp. 550 s. n. 13; L. Frati - G. Pantanelli, Testamento ed inventario dei beni lasciati dall'anatomico M. de' L., in Bull. delle scienze mediche, LXXXIV (1913), pp. 3-11; G. Livi, Dante: suoi primi cultori, sua gente in Bologna, Bologna 1918, pp. 243 s.; F. Filippini, L'esodo degli studenti da Bologna nel 1321 e il "Polifemo" dantesco, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, VI (1921), pp. 180-184; G. Pantanelli, M. de' L. Episodio inedito, in Bull. delle scienze mediche, XCV (1923), pp. 276-278; G. Zaccagnini, La vita dei maestri e degli scolari nello Studio di Bologna nei secoli XIII e XIV, Genève 1926, pp. 72, 162 s.; F. Filippini, Cecco d'Ascoli a Bologna, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, X (1930), pp. 33-35; U. Dallari, Due documenti inediti riguardanti Liuzzo e M. de' L., in Riv. di storia delle scienze mediche e naturali, XXIII (1932), pp. 2-5; C. Ghirardacci, Della historia di Bologna, Bologna 1596, I, p. 591; G.N. Pasquali Alidosi, I dottori bolognesi di teologia, filosofia, medicina e d'arti liberali, Bologna 1623, p. 137; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna 1786, V, pp. 41-46; G. Martinotti, L'insegnamento dell'anatomia in Bologna, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, II (1911), pp. 56-72; E. Wickersheimer, Anatomies de M. dei L. et de Guido de Vigevano, Paris 1926; L.R. Crummer, La première traduction française de l'Anatomie de Mondini, in Aesculape, XX (1930), pp. 204-207; V. Putti, Ignota e forse prima edizione dell'Anatomia di Mondino de' Liuzzi, in La Bibliofilia, XXXIII (1931), p. 381; G. Forni, L'insegnamento della chirurgia nello Studio di Bologna dalle origini fino a tutto il secolo XIX, Bologna 1948; E. Dall'Osso, Una questione dibattuta: quanti anatomici e medici di nome "Mondino" esistevano all'inizio del '300, in Boll. dell'Accademia medica pistoiese "Filippo Pacini", XXVI (1955), pp. 245-256; L. Munster - E. Dall'Osso, M. de' L. lettore-clinico presso lo Studio di Bologna e le sue opere mediche ancora inedite, in Atti del XV Congresso italiano di storia della medicina,… 1957, Torino 1957, pp. 212-220; G. Ongaro, Il metodo settorio di M. de' L., in Atti del XXI Congresso internazionale di storia della medicina, Siena… 1968, Roma 1969, I, pp. 68-82; R.K. French, "De iuvamentis membrorum" and the reception of Galenic physiological anatomy, in Isis, XXV (1979), pp. 107-109; N.G. Siraisi, Taddeo Alderotti and his pupils. Two generations of Italian medical learning, Princeton 1981, ad ind.; R. Lambertini, La teoria delle "intentiones" da Gentile da Cingoli a Matteo da Gubbio. Fonti e linee di tendenza, in L'insegnamento della logica a Bologna nel XIV secolo, a cura di D. Buzzetti - M. Ferriani - A. Tabarroni, Bologna 1992, p. 290 n.; A. Tabarroni, Notizie biografiche su alcuni maestri di arti e medicina, ibid., p. 615; La biblioteca di un medico del Quattrocento. I codici di Giovanni di Marco da Rimini nella Biblioteca Malatestiana, a cura di A. Manfron, Torino 1998, pp. 189, 194 s., 211, 245 s.