MONCALIERI (A. T., 24-25-26)
Cittadina del Piemonte nella provincia di Torino, situata a S. del capoluogo, in amena posizione alla destra del Po sulle pendici della Collina del Po, a 241 m. s. m. L'abitato è dominato dal grandioso Castello reale. Conta circa 7000 ab. ed è un attivo centro industriale e commerciale, che forma un sobborgo della vicina Torino, cui Moncalieri è unita, oltre che dalla ferrovia, anche da una linea tramviaria. Il comune di Moncalieri contava 9907 ab. nel 1861, 11.379 nel 1881, 11.561 nel 1901, 14.761 nel 1921, di cui 4018 nelle case sparse; esso è stato recentemente ingrandito con l'annessione del vicino comune di Revigliasco Torinese (598 ab. nel 1921), sicché ora abbraccia una superficie di 47,62 kmq. e conta (1931) 21.241 ab. Il territorio del comune si estende parte sulla collina e parte sul piano, lungo le due sponde del Po, ed è coltivato prevalentemente a viti sulla collina, occupato da campi e prati nel piano. Stazione sulle linee per Torino provenienti da Alessandria e Cuneo. Moncalieri è sede di un importante osservatorio meteorologico.
Monumenti. - Nella città e nei dintorni esistono ancora parecchi avanzi di costruzioni medievali, fra cui, oltre i resti delle antiche mura, sono particolarmente notevoli: il campanile di S. Maria della Scala, risalente, nella parte inferiore, al secolo XIII (la chiesa è gotica e fu costruita fra il 1330-1336); il campanile di S. Francesco, del sec. XIV, rimasto intatto accanto alla chiesa ricostruita su disegno del Castelli nel 1789; e, nei dintorni, a Testona, gli avanzi della primitiva chiesa romanica, databili dalla prima metà del sec. XI, il campanile, e, incorporati nell'odierna chiesa parrocchiale, l'abside, un' absidiola e la cripta. A Testona esiste pure un castello medievale rimaneggiato, detto Castelvecchio, con marmi e transenna del secolo IX; e, nella pianura, il cosiddetto Castello della Rotta, ridotto ora a cascinale, antica dimora dei Valperga, ampliato su un edificio preesistente da Giorgio Valperga nel 1452. Caratteristica, al centro della città, la bella piazza Vittorio Emanuele II, contornata da edifici monumentali: oltre che dalle facciate delle due suddette chiese di S. Maria della Scala e S. Francesco, dal palazzone secentesco dei Duc. Ma il più importante e il più noto di tutti gli edifici di Moncalieri è il Castello reale, ora sede del collegio militare allievi ufficiali. Costruito sulle rovine di un castello più antico da Amedeo IX e Iolanda di Francia, fu successivamente ampliato e rimaneggiato: nel '600 da Carlo Emanuele I su disegni di Carlo Castellamonte, e da Carlo Emanuele II su disegni di Amedeo Castellamonte; nel '700 da Vittorio Amedeo III su progetti di Ferdinando Martinez, a cui si deve pure la cappella. Da ricordarsi ancora le chiese del Gesù (circa 1619) e delle monache carmelitane, settecentesca, decorate da M. A. Milocco; e parecchie bellissime ville, fra cui primeggia la Cardinala, eretta su disegno del Vittone.
Storia. - Frazione un tempo di Testona, vi fu trasportato il centro del comune nel 1230, scadendo sempre più d'importanza l'antica Testona. Si resse a comune indipendente sotto la protezione di Asti, passando sotto casa Savoia nel 1255 o 1256. Dal 1536 al 1559 fu soggetta ai Francesi come quasi tutto il resto del Piemnonte, ma fu restituita a Emanuele Filiberto col trattato di Cateau Cambrésis. Fu innalzata a città nel 1619. Il 23 luglio 1797, col pretesto della carestia, scoppiò una sedizione, dopo la quale fu fucilato il maestro Carlo Tenivelli, perché aveva pronunciato un discorso in onore del popolo ed era stato ritenuto uno dei capi del moto. Durante la seconda dominazione francese fu aggregata alla Francia, iitornando ai Savoia col resto dello stato nel 1814.
Il proclama di Moncalieri. - Il 6 agosto 1849, dopo lunghe e difficili trattative, era stata conclusa a Milano la pace con l'Austria. I patti erano relativamente miti, ma nessuna palese garanzia s'era potuta ottenere, malgrado gli sforzi del conte di Pralormo, a tutela dei Lombardo-Veneti emigrati in Piemonte, poiché i plenipotenziarî austriaci, pure promettendo un generale indulto come atto di spontanea volontà dell'imperatore, non avevano acconsentito che un provvedimento di politica interna apparisse, quasi condizione di pace, negli articoli del trattato. La cosa era di certo spiacevole, ma, come disse il D'Azeglio, non si poteva dettare legge al vincitore. Tuttavia alla camera dei deputati, la sinistra e il centro sinistro combatterono con estrema violenza il trattato e il 16 novembre su proposta di Carlo Cadorna deliberarono (72 voti contro 66) di sospendere la discussione fino a che il ministero non avesse concesso agli emigrati lombardo-veneti la cittadinanza piemontese. Il D'Azeglio non credette di accettare una richiesta che, legittima in sé, assumeva in quel momento un carattere di ostilità contro l'Austria e soprattutto contro la corona. Perciò il 17 la camera fu prorogata e il 20 disciolta. Quel medesimo giorno Vittorio Emanuele II con un proclama, detto appunto di Moncalieri, dal castello dove venne firmato, si rivolse direttamente alla nazione deplorando con severe parole la condotta della disciolta Camera e ammonendo gli elettori ad accorrere tutti alle urne per dare il loro voto a cittadini serî, disposti a lavorare realmente con lui per il mantenimento e la difesa delle pubbliche libertà contro gli esterni e gl'interni nemici. "Ho promesso di salvare la nazione dalla tirannia dei partiti, qualunque siasi il nome, lo scopo, il grado degli uomini che li compongono. Questa promessa, questo giuramento li adempio disciogliendo una Camera divenuta impossibile, li adempio convocandone un'altra immediatamente; ma se il paese, se gli elettori mi negano il loro concorso, non su me ricadrà ormai la responsabilità del futuro; e nei disordini che potessero avvenire non avranno a dolersi di me, ma avranno a dolersi di loro". Il proclama di Moncalieri, contro il quale una parte della maggioranza mandò alle stampe una protesta, fu un gesto audace, provocato non dalla sola questione degli emigrati lombardo-veneti (il 4 dicembre fu incaricata un'apposita commissione di esaminare le domande di naturalità dei cittadini delle provincie unite al regno sardo con le leggi 27 maggio, 16 e 21 giugno e 11 luglio 1848), ma in genere, dall'atteggiamento fazioso o irriverente per la corona assunto dalla camera in quell'inizio di regno. Vittorio Emanuele II volle dimostrare all'interno e all'esterno che egli era sicuro sul suo trono e per nulla disposto a lasciarsi condurre alla deriva; e le sue franche parole sortirono l'effetto voluto, poiché, come fu detto, salvarono insieme l'autorità dello stato e la libertà dei cittadini. La nuova camera elesse a presidente Pier Dionigi Pinelli e ascoltò poi con deferenza Cesare Balbo che, riferendo sul trattato di pace, pregò di accettarlo per "la necessità certa, sentita da tutti, il cedere alla quale apertamente, direttamente è talora coraggio non minore che il non cedere a qualunque necessità falsa e dubbiosa". Così il trattato fu accolto dalla camera il 9 gennaio 1850 con 112 voti favorevoli, 17 contrarî e 7 astenuti; e poco dopo anche il senato l'approvò con 50 voti contro 5.
Bibl.: A. Manno, Bibliografia storica della monarchia di Savoia, IX, Torino 1913; F. Gabotto, L'adesione di Testona alla Lega Lombarda (1228), in Ateneo veneto, 1894; id., Un comune piemontese nel sec. XIII (Moncalieri), ibid., 1895; id., Moncalieri. Cenni di Guida pel visitatore, Torino 1898; E. Olivero, in Urbanistica, 1932, nn. 2-3.