MOLTIPLICATORE
1. - Il moltiplicatore è uno strumento analitico che fu elaborato inizialmente da R. F. Kahn per determinare l'incremento complessivo di occupazione indotto dall'esecuzione di un programma di lavori pubblici.
J. M. Keynes, nella General theory of employment, interest and money, si servì del m. per analizzare gli effetti di un incremento di investimenti sul reddito: con ciò si ampliò la portata analitica dello strumento, che fu introdotto come elemento essenziale nella teoria della determinazione del reddito. Nella letteratura che seguì la pubblicazione della Teoria generale, e soprattutto in quella critica, non sempre furono distinti con sufficiente chiarezza (anche a causa della scarsa chiarezza di alcuni passi dell'esposizione del Keynes) i due ambiti di rilevanza del m. - uno più ristretto, concernente la determinazione empirica degli effetti sull'occupazione e sul reddito di misure di politica economica, ed uno assai più vasto, in cui il m. appare un indispensabile strumento logico nell'analisi della formazione del reddito -: e non sempre si comprese che la validità generale del m. non era inficiata dalle critiche che ad esso si potevano rivolgere in merito alle possibilità di impiegarlo direttamente nella politica economica. Successivamente l'elaborazione dottrinale (soprattutto per merito di F. Machlup e di A. H. Hansen) ha superato i termini di molte dispute, chiarendo il generale significato analitico del m. e al contempo definendo i limiti di esso nell'applicazione alla politica economica: ciò si è fatto introducendo sfasamenti temporali nel processo di diffusione degli effetti moltiplicativi e distinguendo fra valori effettivi e valori d'equilibrio delle grandezze impiegate. Tale elaborazione ha anche consentito di impiegare il m. nella teoria del ciclo economico (v. ciclo economico, in questa App.): sul congiunto operare del m. e dell'acceleratore (v. accelerazione, Principio, in questa App.) sono fondati i modelli endogeni di fluttuazioni.
Occorre anzitutto precisare il significato formale del m., e poi esaminarne la rilevanza analitica, con particolare riguardo al processo di formazione del reddito.
2. - Se ad un certo livello di reddito, dato, viene iniettata nel sistema una spesa addizionale (p. es. un nuovo investimento in lavori pubblici), segue immediatamente un incremento primario di reddito (pari all'importo dell'investimento addizionale) e di occupazione (pari al numero di lavoratori impiegati nell'esecuzione dei lavori pubblici). Se una parte dell'incremento di reddito è spesa dai percettori di esso, come offerta elastica e prezzi costanti, il conseguente aumento di domanda induce un incremento di occupazione e di reddito nelle industrie che producono i beni domandati; se anche i percettori di questo secondo incremento di reddito ne spendono una parte, ulteriori incrementi di occupazione e di reddito saranno indotti in altre industrie; e così via. In definitiva, chiamando i l'investimento iniziale, n l'incremento primario di occupazione da esso indotto, y l'incremento complessivo di reddito e n′ l'incremento complessivo di occupazione che alla fine risultano, sarà:
dove k e k′ sono rispettivamente il moltiplicatore del reddito e il moltiplicatore dell'occupazione. Gli incrementi complessivi di reddito e gli incrementi complessivi di occupazione sono multipli rispettivamente della spesa iniziale e dell'occupazione primaria da questa indotta. Qui di seguito ci riferiremo esclusivamente al m. del reddito.
Il valore di k dipende evidentemente dalla parte di nuovo reddito che viene spesa, poiché questa dà luogo agli ulteriori incrementi: se il reddito percepito non venisse speso, la catena degli effetti secondarî si arresterebbe. Il reddito non speso, a qualunque impiego esso venga destinato (tesaurizzazione, ripagamento di debiti - purché i creditori non spendano quanto viene loro restituito -, acquisto di titoli - purché i venditori di titoli non spendano l'ammontare loro corrisposto), costituisce sempre una "perdita" (leakage) nel processo generativo di nuovo reddito: ciò naturalmente è vero sempre che si assuma come dato l'ammontare i di spesa addizionale, ché, se i risparmî dessero luogo ad ulteriori investimenti, si avrebbe un nuovo stimolo ad un altro processo moltiplicativo.
Si ipotizzi dunque che il dato investimento addizionale non susciti altri investimenti; si ipotizzi anche che l'offerta dei beni sia elastica, tal che ad un aumento della domanda non si verifichino aumenti di prezzi; e ci si riferisca ad un'economia chiusa, prescindendo dal commercio internazionale. Postuliamo, con Keynes, l'esistenza di una relazione funzionale stabile, nel breve periodo, fra reddito e consumi (funzione del consumo): se il reddito aumenta, aumentano anche i consumi, ma di un ammontare assoluto minore dell'incremento di reddito. Il rapporto fra consumi (C) e reddito (Y) viene definito propensione media al consumo (C/Y); il rapporto fra incremento di consumi (c) e incremento di reddito (y) viene definito propensione marginale al consumo (c/y). Ai fini del m. interessa la propensione marginale al consumo, poiché l'entità degli effetti moltiplicativi dipende dalla quota consumata dell'incremento primario di reddito. Sia
la propensione marginale al consumo, e sia i l'investimento addizionale iniziale, pari all'incremento primario di reddito; gli incrementi successivi di reddito saranno p′. i, p′ (p′. i) = p′2. i, p′3. i, e cosí via. L'incremento complessivo di reddito sarà:
E si avrà quindi:
Il moltiplicatore è uguale al reciproco della quota di reddito non consumata, e quanto maggiore è la propensione marginale al consumo tanto maggiore è il moltiplicatore. Dalla [3] risulta che, se la propensione marginale al consumo fosse 1 (ossia se tutto l'incremento di reddito venisse consumato), il moltiplicatore sarebbe infinito e il processo moltiplicativo non dovrebbe mai arrestarsi; mentre, se la propensione marginale al consumo fosse 0 (ossia se nemmeno una lira dell'incremento primario di reddito venisse spesa), il moltiplicatore sarebbe 1, e l'incremento complessivo di reddito sarebbe solo pari all'incremento iniziale.
3. - Al fine di inquadrare il m. nel processo di determinazione del reddito, è necessario anzitutto considerare alcune fondamentali relazioni macroeconomiche. Siano Y e C reddito e consumi, siano I gli investimenti complessivi e R i risparmî complessivi della comunità. In ogni periodo il reddito prodotto viene utilizzato completamente in consumi e in investimenti. D'altra parte il reddito che non viene consumato viene risparmiato. Le identità [4] forniscono una fotografia della situazione, da cui risulta un'identità contabile fra risparmio e investimenti:
Chiamando p il rapporto fra consumo e reddito,
possiamo scrivere: C = p Y; e quindi R = (i − p) Y. Sostituendo nelle [4] si ha: Y (i − p) = I, e quindi:
Siamo così giunti, apparentemente, a un risultato analogo a quello della [3]: il risultato sarebbe apparso identico se, anziché le grandezze globali, avessimo considerato gli incrementi.
Questa conclusione, peraltro, è scarsamente significativa, in quanto segue da identità contabili, ossia da tautologie prive di valore causale: mentre nel paragrafo precedente avevamo postulato una relazione funzionale fra consumi e redditi, basata su una decisione exante dei consumatori circa l'impiego del proprio incremento di reddito, qui ci siamo limitati a definire p come un rapporto ex post fra consumi effettivi e reddito.
Le identità contabili da cui si è ricavata la [5] sono sempre valide, a qualsiasi livello di Y, così come sempre la domanda deve essere uguale all'offerta e la quantità di moneta moltiplicata per la velocità di circolazione deve essere uguale al valore dei beni offerti sul mercato. Ma quello che interessa, in questo caso come negli altri due casi citati, non è l'identità, sempre valida, ma l'uguaglianza d'equilibrio, per cui devono essere soddisfatte determinate condizioni. Tale uguaglianza si può stabilire solo sulla base di una relazione funzionale fra risparmî e consumi da un lato e reddito dall'altro: di una relazione, ossia, che non si limiti ad esprimere quanto è effettivamente avvenuto in un certo momento, ma che ponga un nesso univoco fra reddito e quanto la comunità desidera consumare e risparmiare.
Dato un certo ammontare di investimenti, indipendentemente determinato, non è detto che quanto la collettività desidera risparmiare al corrente livello di reddito coincida con quell'ammontare di investimenti e quindi con quanto essa effettivamente risparmia in base all'identità contabile fra risparmio e investimenti. Se gli investimenti, e l'ammontare effettivamente risparmiato quale risulta expost dall'identità con gli investimenti, sono maggiori dell'ammontare che la collettività desiderava risparmiare exante, la domanda effettiva, che è la somma di consumi e investimenti, sarà maggiore dell'offerta: il che causerà un'espansione dell'offerta stessa, supposta elastica, e quindi del reddito. Viceversa, se i risparmî desiderati sono maggiori dei risparmî effettivi e degli investimenti, la domanda effettiva sarà minore dell'offerta, e si verificherà una contrazione di quest'ultima, e quindi del reddito. Occorre quindi distinguere fra livello effettivo e livello normale, o d'equilibrio, di consumi, risparmî e reddito: il livello d'equilibrio viene determinato dalle relazioni funzionali, che solo a quel livello vengono verificate, mentre le identità contabili sono valide a qualsiasi livello effettivo, coincida questo o meno con il livello d'equilibrio; e il sistema tenderà a spostarsi fino a quando i livelli effettivi non coincidano con quelli d'equilibrio.
Il processo di aggiustamento ha luogo attraverso l'azione del m. Se il processo di aggiustamento fosse istantaneo e l'equilibrio fosse raggiunto immediatamente, allora potrebbe dirsi che la [5] coincide con la [3] e che quello ottenuto dalla [5] è il valore del m. che interessa ai fini della determinazione del reddito di equilibrio. Ma il m. opera nel tempo, poiché necessariamente esistono sfasamenti temporali fra percezione di reddito, spendita, percezione di reddito derivante dalla spendita, ecc.: e pertanto né la trasmissione degli effetti moltiplicativi, né, per conseguenza, il processo di aggiustamento del sistema verso l'equilibrio possono essere istantanei. Esaminando come tale processo si svolge nel tempo si chiarisce in che modo si manifesta la divergenza fra i livelli d'equilibrio delle grandezze rilevanti, quali risultano dalle relazioni funzionali, e i livelli effettivi, espressi nelle identità contabili, e in che modo questa divergenza scompare via via che ci si approssima all'equilibrio.
4. - Ipotizziamo che il livello di consumi si adegui con un certo ritardo al livello di reddito: in particolare che le decisioni circa l'ammontare di reddito che si desidera consumare e risparmiare in un certo periodo siano prese in base al livello di reddito del periodo precedente (p. es. io spendo oggi il reddito da me percepito ieri). Per esprimere il consumo e il risparmio di un certo periodo in funzione del reddito del periodo precedente, possiamo scrivere
in cui i flussi di consumi, risparmî e reddito sono "datati" con i suffissi a seconda del periodo in cui essi hanno luogo.
In questo caso, se si parte da una situazione d'equilibrio e si inietta nel sistema una spesa addizionale (al solito, si può pensare ad un programma straordinario di opere pubbliche), la nuova situazione d'equilibrio verrà raggiunta dopo un certo tempo (teoricamente si tratta di un processo di tendenza, che si completa all'infinito): in ogni periodo intermedio verranno verificate le identità contabili fra risparmio e investimenti, ma non le eguaglianze d'equilibrio. È possibile seguire l'iter di transizione dall'una all'altra situazione d'equilibrio con l'aiuto dell'esempio numerico riportato nella tabella.
Ipotizziamo che il valore normale della propensione marginale al consumo sia di 0,5, e che fra reddito e consumi vi sia lo sfasamento di un periodo: ogni percettore di reddito dedica al consumo la metà del reddito percepito nel periodo precedente; e l'ammontare che la collettività desidera risparmiare è pari alla metà del reddito nel periodo precedente. Il valore del m., quale risulta dalla [3], è: 2 = 1 : (1-0,5). Nel periodo 0 il sistema è in equilibrio, con investimenti pari a 100. Nel periodo 1 gli investimenti aumentano a 200, e a questo livello rimangono in ognuno dei successivi periodi.
Se non vi fossero sfasamenti e il processo di aggiustamento fosse istantaneo, i consumi aumenterebbero immediatamente a 200 e il reddito raggiungerebbe immediatamente il livello 400, che è il suo livello d'equilibrio. Ma in effetti il flusso costante di investimenti addizionali di 100 comincia ad indurre un aumento di consumo solo nel periodo 2, quando i primi percettori di esso cominciano ad utilizzare questo loro reddito, allocandone una metà a consumi, e trasmettendone quindi un'uguale quota ai secondi percettori (i venditori dei beni acquistati): nel periodo 2 l'aumento di consumo è quindi di 50. Nel periodo 3 i secondi percettori della spesa del periodo 1 spenderanno metà del loro reddito addizionale, quindi 25, e nel frattempo 50 saranno spesi dai primi percettori della spesa aggiuntiva per investimenti pari a 100 anche nel periodo 2: il consumo aumenterà quindi di 25 rispetto al periodo 2 e di 75 rispetto al periodo base. Nel periodo 4 vi sarà il consumo dei terzi percettori della spesa del periodo 1 (pari a 12,5), quello dei secondi percettori della spesa del periodo 2 (pari a 25) e quello dei primi percettori della spesa del periodo 3 (pari a 50): l'aumento di consumo sarà quindi di 12,5 rispetto al periodo 3 e di 87,5 rispetto al periodo base. E così via. In ogni successivo periodo gli incrementi di consumo rispetto al periodo precedente si fanno sempre più piccoli, finché al limite l'incremento complessivo rispetto al periodo base raggiunge il livello di 100, e i consumi complessivi raggiungono il livello di 200, che è il livello di equilibrio.
Il reddito aumenta nel periodo 1 di tutta la somma dell'investimento addizionale, e quindi di 100. Rimanendo poi l'investimento ad un livello costante, il reddito aumenta in ogni successivo periodo, rispetto al periodo precedente, di quanto aumenta il consumo. Al limite, quando i consumi hanno raggiunto il loro livello d'equilibrio, anche il reddito ha raggiunto il suo livello d'equilibrio, pari a 400, con un incremento complessivo di 200 rispetto al periodo base.
Durante il periodo di transizione i risparmî effettivi sono sempre uguali agli investimenti, ossia a 200; ma i risparmî che la collettività desidera effettuare, essendo pari alla metà del reddito del periodo precedente, rimangono minori dei risparmî effettivi fintantoché il reddito non ha. raggiunto il suo livello d'equilibrio, pari a due volte gli investimenti. Al crescere del reddito la differenza fra risparmî effettivi e risparmî desiderati diminuisce sempre più, e si annulla quando l'equilibrio viene raggiunto. La differenza fra i risparmî che la collettività desidera consapevolmente compiere e i risparmî effettivi è facilmente spiegabile: per es. nel periodo 1 una somma addizionale di 100 passa nelle mani dei primi percettori; ma, poiché questi ultimi non aumentano immediatamente la loro spesa, la somma rimane nelle loro tasche o nelle loro casseforti, quindi è in realtà risparmiata, anche se la consapevole allocazione fra consumi e risparmî avviene nel periodo successivo; nel periodo 2 la spesa addizionale complessiva è di 150 (100 di investimenti e 50 di consumi), e della somma di 100 non consumata, una parte (pari a 50) viene impiegata consapevolmente in risparmî, e il resto giace nelle tasche o nelle casseforti dei percettori in attesa di essere allocata, ed è quindi in effetti risparmiata. Solo nel periodo n i risparmî desiderati avranno raggiunto i risparmî effettivi.
Durante il periodo di transizione i valori della propensione marginale al consumo e del m. divergono dai valori normali (0,5 e 2, rispettivamente). Nel periodo 1, quando nemmeno una lira dell'investimento addizionale viene consumata, e l'incremento di reddito è solo pari all'investimento addizionale, la propensione marginale al consumo è 0 e il m. è 1. Nel periodo 2, quando una parte del reddito addizionale comincia ad essere consumata, la propensione marginale al consumo (calcolando gli incrementi sulla base del periodo 0) è di 1/3, e il m. di 1,5. Questi non essendo ancora i valori d'equilibrio, il processo continua, fin quando la propensione al consumo raggiunge nel periodo n il suo valore normale di 0,5 e il m. diviene 2.
In termini generali, chiamando R° l'ammontare di risparmî che la collettività desidera effettuare, e ricordando che le decisioni di consumo e investimento sono prese in base al reddito del periodo precedente, tal che Ct = p Yt-1 e R°t = (i − p) Yt-1, possiamo scrivere:
Noi sappiamo anche che:
Quindi se It > R°t, ossia se gli investimenti sono maggiori dei risparmî desiderati, anche Yt > Yt-1 l'aumento di reddito fra i due periodi essendo uguale alla differenza fra It e R°t: il reddito continuerà ad aumentare fin quando si manifesterà una divergenza fra queste due ultime grandezze. Nel contempo saranno verificate sia le identità [4], sia la [5], poiché propensione al consumo e m. assumono i valori adeguati, diversi da quelli di equilibrio.
La lunghezza del periodo necessario per ottenere una data approssimazione all'equilibrio finale è tanto maggiore quanto maggiore è il valore normale del m. Nell'esempio numerico qui sopra riportato, in cui il valore del m. è basso, al periodo 4 il processo si è già compiuto per nove decimi; se il valore del m. fosse 5 (la propensione marginale al consumo essendo di 0,8), nel periodo 4 il livello di reddito, pur essendo maggiore che se il m. fosse 2, avrebbe raggiunto solo i 6/10 del livello finale d'equilibrio.
Seguendo la stessa via qui percorsa si possono ottenere i risultati proprî di casi diversi da quello sopra considerato di un flusso costante di spesa. Se la spesa aumenta in un solo periodo e quindi torna al livello precedente (200 nel periodo 1 e poi di nuovo 100), il reddito aumenta immediatamente ad un valore pari al livello di spesa, e quindi diminuisce gradualmente al livello precedente: la somma di tutti gli incrementi di reddito nei varî periodi rispetto al periodo iniziale sarà pari al prodotto del m. per la spesa iniziale, e il risparmio complessivamente generato sarà pari alla spesa effettuata una tantum. Se invece la spesa aumenta nel tempo di un ammontare costante, in progressione aritmetica, l'equilibrio non viene mai raggiunto: i risparmî desiderati saranno sempre minori della spesa, e il reddito sarà in ogni momento minore del suo valore d'equilibrio.
Il meccanismo del m. con sfasamenti temporali è suscettibile di eleganti trattamenti matematici.
5. - Dall'esposizione precedente risulta che il m. è un fondamentale strumento analitico nell'analisi del processo di determinazione del reddito. Peraltro le ipotesi semplificatrici, che sono lecite nella teoria e indispensabili ai fini di una comprensione generale dei fenomeni, impediscono sovente l'immediato impiego degli strumenti concettuali nella ricerca empirica e nella pratica elaborazione di misure di politica economica.
Basti qui menzionare alcuni limiti che il m. incontra quando in base ad esso si vogliano stimare gli effetti, p. es., di un programma di investimenti pubblici.
Si è detto all'inizio che, affinché l'incremento di reddito reale generato da una spesa addizionale stia con la spesa addizionale nella proporzione indicata dal m. (il cui valore si ricava dal valore della propensione marginale al consumo), l'offerta dei beni nel sistema deve essere elastica. In realtà l'offerta è raramente elastica: perché non lo sia basta che, anche senza piena occupazione, vi siano strozzature in alcuni settori produttivi; nel caso dei paesi sottosviluppati con eccesso di mano d'opera, l'offerta è anelastica nel settore agricolo, ed un aumento di occupazione, risolvendosi in un aumento della domanda dei beni di sussistenza, rischia di generare aumenti di prezzi. Si potrebbe tuttavia ritenere che, pur quando il processo di attivazione della domanda effettiva indotto da un aumento di investimenti provochi un aumento di prezzi, il m. sia lo stesso impiegabile per determinare l'aumento complessivo di reddito in termini monetarî che segue l'incremento di investimenti. Gli investimenti addizionali genererebbero un adeguato ammontare di risparmî "forzati" attraverso l'aumento di prezzi e il corrispondente aumento di redditi monetarî. Ma in questo caso il m. perde ogni rilevanza analitica, poiché il processo inflazionistico si complica con l'intervento di fattori estranei al suo operare. L'aumento di prezzi occorrente a generare il risparmio necessario importa, in condizioni di piena occupazione e con un reddito globale dato, una diminuzione in termini reali dei consumi a beneficio degli investimenti. Tuttavia può essere che i consumatori reagiscano, chiedendo aumenti di remunerazioni: nel qual caso l'inflazione assume un andamento a spirale e si trasforma in una lotta fra le varie classi di percettori di reddito per mantenere invariata la propria quota distributiva. Si verifica allora un continuo aumento di spesa con una corrispondente continua generazione di effetti moltiplicativi: e il m. non può più servire per determinare il punto di arrivo del processo, ossia il livello d'equilibrio del reddito.
In secondo luogo, nella nostra precedente esposizione si è sempre supposto che la spesa addizionale da cui traggono origine gli effetti moltiplicativi lasci inalterate le aspettative imprenditoriali, e non susciti disinvestimenti o ulteriori investimenti. In realtà è probabile che all'incremento di domanda di beni di consumo si faccia fronte inizialmente ricorrendo agli stocks: la diminuzione degli stocks rappresenta un disinvestimento, che deve essere sottratto dall'investimento addizionale, e che pertanto frena gli effetti moltiplicativi di esso. È anche probabile che in un secondo tempo, se migliorano le condizioni generali dell'economia, gli imprenditori siano indotti ad effettuare investimenti per proprio conto: in questo caso, come si è detto, si hanno ulteriori effetti moltiplicativi al di sopra di quelli generati dalla spesa iniziale. Se si verificano queste eventualità, il m. conserva la sua generale rilevanza analitica, ma difficilmente può essere impiegato come strumento di previsione quantitativa.
Si deve ancora tener conto della possibilità che, nel processo di trasmissione degli effetti moltiplicativi, vari il valore della propensione marginale al consumo e quindi il valore del m. Infatti è probabile che tale propensione non sia la stessa per tutti i percettori di reddito, anche se essi appartengono ad uguali classi di reddito, e che pertanto il valore del m. subisca aumenti o diminuzioni a seconda di quali soggetti beneficiano della spesa iniziale e dei suoi effetti indotti.
Occorre infine aggiungere che è necessario introdurre alcune qualificazioni alla teoria del m. quando, anziché un sistema economico chiuso, se ne consideri uno aperto al commercio internazionale. Gli effetti moltiplicativi di reddito vengono parzialmente trasferiti all'estero se una parte dei beni consumati viene importata; se, tuttavia, queste importazioni addizionali suscitano una corrispondente corrente di esportazioni addizionali, gli effetti moltiplicativi vengono restituiti, per così dire, all'economia da cui erano emanati - nel qual caso, però, il meccanismo moltiplicativo opererà con più lunghi sfasamenti temporali.
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