molteplicita
Caratteristica propria di ciò che è costituito da un insieme di componenti varie e distinguibili; contrapposta a «unità». Il problema filosofico della m. è avvertito già dai filosofi presocratici, e in partic. nella scuola eleatica, che, nell’obiettivo di dimostrare l’unità dell’essere, elabora una serie di argomentazioni volte a mostrare le contraddizioni insite nel concetto stesso di molteplicità. Considerato l’ente parmenideo soprattutto nel suo predicato di unità, esso viene infatti a contrapporsi al mondo delle cose apparenti, costituendo con quest’ultimo l’antitetico binomio dell’unità e della m.: Zenone (framm. 29 B 3 Diels-Kranz) dimostra quindi i paradossi derivanti dal presupposto della realtà molteplice, per ratificare così la verità parmenidea dell’esistenza dell’unico ente. Tuttavia, già nella critica di Platone all’eleatismo zenoniano esposta nel Parmenide (➔), si chiarisce come il carattere intrinsecamente contraddittorio della m. si estenda sotto certi aspetti anche all’unità, che, se da un lato si contrappone assolutamente alla m., dall’altro è anche suo elemento costitutivo, sia come unità base di ogni molteplice, sia come unità risultante dal complesso e facente sì che ogni m. sia allo stesso tempo ‘una’ molteplicità. Questo problema dell’implicazione dialettica dell’unità e della m., che nel mondo antico si presenta come «problema dell’uno e dei molti», è così già chiaramente posto dal pensiero classico, il quale non riesce a risolverlo compiutamente in quanto considera unità e m. come egualmente oggettive e contrapposte al pensiero. La filosofia moderna, da Kant in poi, sposta invece il problema attribuendo l’unità al pensiero conoscente e la m. (il «molteplice dell’esperienza») al materiale oggettivo che la conoscenza ordina nelle sue forme trascendentali. Così la m. viene respinta al limite dell’irrazionale e la razionalità fatta consistere nella sua stessa traduzione in unità; questa impostazione del problema viene sostanzialmente confermata nell’idealismo dialettico dei postkantiani, per i quali il rapporto di m. e unità diviene relazione di momenti o forme universali dello spirito.