MOLOC
. Nome di un idolo a cui gli Ebrei del tempo dei re sacrificavano vittime umane nella Valle di Hinnom (Geenna) presso Gerusalemme (II [IV] Re, XXIII, 10; Geremia, XXXII, 35).
Nome. - In ebraico il sostantivo è scritto m l k, ed è vocalizzato dai masoreti in Molekh (i Settanta Μολόχ, la Volgata Moloch): ma tale vocalizzazione è desunta certamente da bosheth "vergogna" per esprimere la riprovazione dell'aborrito idolo, secondo il sistema seguito in casi analoghi dai masoreti, mentre da principio il sostantivo aveva certamente il significato di nome comune, usato come appellativo della divinità. Esso infatti significa "re", in ebraico melekh, in fenicio milk (da un primitivo malk); e che fosse un semplice appellativo della divinità, si comprova dall'uso che ne facevano sia gl'Israeliti iahvisti (Isaia, VI, 5; Geremia, XLVIII, 15; Salmo, XLIV, 5, ecc.), sia altri popoli semitici: fra costoro abbiamo i nomi teofori dei documenti di Tell el-‛Amārnah (Milkuru "Milk è luce"; ‛Abd milki "servo di Milk" ecc.), il dio Melqart (m l k q r t "re della città") di Tiro, e altri nomi più o meno chiari nelle iscrizioni puniche, cipriote e greche. Difatti anche nella Bibbia ebraica il sostantivo è sempre impiegato con l'articolo "il m l k", salvo in I [III] Re, XI, 7, ove il testo è guasto.
La Bibbia nomina anche, come propria degli Ammoniti (v.), la divinità Milkom (i Settanta Μελχόμ, la Volgata Melchom). La finale -m di questa forma si può interpretare come la mimazione, quale si ritrova nell'onomastica sud-arabica, incorporata poi alla radice nella trascrizione ebraica: e in tale caso avremmo ancora una volta il sostantivo impiegato come appellativo della divinità. Altri invece hanno spiegato la forma come composta da m l k ‛am[m], col senso "è re ‛Am[m]", che era il dio degli Ammoniti, oppure con minore probabilità "il re del popolo". Da II [IV] Re, XXIII, 10 confrontato con 13, appare che nei dintorni di Gerusalemme vi erano almeno due luoghi di culto consacrati uno a Moloc e uno a Milkom: il primo stava nella Valle di Hinnom (Geenna); l'altro, costruito da Salomone dopo la sua caduta nell'idolatria, era situato "a destra del Monte della Corruzione". Altri tuttavia suppone che, quantunque i luoghi di culto fossero più d'uno, la divinità che vi si adorava fosse la stessa.
Culto. - È certo che, in periodi di sincretismo religioso, gli Ebrei usarono nel culto di Moloc vittime umane (cfr. i passi biblici citati a principio; inoltre Levitico, XVIII, 21; XX, 2-5; Isaia, XXX, 33), offrendo bruciandoli in olocausto i proprî figli (II [IV] Re, XVII, 16; Geremia, VII, 31; Ezechiele, XXIII, 27). Questi sacrifici erano considerati dagl'Israeliti iahvisti come proprî dei culti degli antichi Cananei, nel cui territorio si era insediato il popolo ebraico; tuttavia testimonianze storiche, che il loro uso fosse ricopiato per sincretismo anche dagli Ebrei, non si trovano che al tempo dei re, specialmente tra i secoli VIII-VII a. C., probabilmente sotto l'influenza dei Fenici, presso cui quella divinità era molto venerata.
Il culto non dev'essere senza relazioni con quello del dio Crono, del quale antichi scrittori greci riferiscono che ricevesse dai Fenici vittime umane; ad es., Diodoro (XX, 14) dice che i Cartaginesi avevano una statua in bronzo di questo dio, la quale stendeva in alto le palme delle mani, di modo che, deponendo ivi il fanciullo offerto in sacrificio, esso rotolava giù nell'intemo della statua cadendo in una grande cavità piena di fuoco. Si è anche, con buona probabilità, riavvicinato il semitico Moloc al greco Zeus Meilichios, che sembra ricevesse egualmente vittime umane: il suo appellativo, Μειλίχιος, fu interpretato eufemisticamente "benigno, soave", ma in realtà non sarebbe stato che una derivazione del Moloc semitico, penetrato anche in Grecia col suo terribile culto. Il quale culto è spiegato da alcuni con l'idea che Moloc fosse originariamente un dio sotterraneo, come Crono: da altri invece, che fosse il dio della vampa e del fuoco. Per il resto, v. baal.
Bibl.: v. baal.