molle
Prevale in D. l'originario significato di " morbido ", " tenero ". Si veda dapprima in If XXV 111 Togliea la coda fessa la figura / che si perdeva là, e la sua pelle / si facea molle, e quella di là dura: l'anima che aveva la forma di serpente si trasforma in uomo, e perciò la sua pelle diventa " liscia e morbida ".
Ancora in accordo con l'uso classico di mollis il luogo di Rime CI 32, in cui l'aggettivo è riferito a una pianta, il legno molle e verde della famosa canzone Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra; l'animo della donna, che non s'infiamma d'amore per il poeta, è paragonato a un pezzo di legno " fresco e tenero " che non brucia nel camino, per essere appena tagliato e ancora umido.
La stessa osservazione vale per i due luoghi del Purgatorio in cui l'aggettivo è usato ancora in senso proprio: I 102 l'isoletta del santo monte porta di giunchi sovra 'l molle limo, ossia produce dei giunchi " sul terreno morbido e bagnato dal mare "; cfr. LIMO. I commentatori, specialmente antichi, preferiscono dedicarsi alla spiegazione allegorica del passo: il limo dove crescono i giunchi (che sono piante " tenere " anche loro, e secondano il movimento delle onde) è molle perché m. dev'essere il terreno su cui cresce l'umiltà; cioè la virtù dell'umiltà può nascere soltanto in un animo ben disposto a questo sentimento, animo " mansueto ", " benigno ".
Nell'interpretazione simbolica del passo, dunque, affiora il traslato per cui l'aggettivo varrà " cedevole ", " accondiscendente ". A questo molle limo ci si riferisce in Pg XXI 36: D. chiede a Stazio perché il monte del Purgatorio parve gridare infimo a' suoi piè molli; cfr. Benvenuto: " usque ad radices montis ubi sunt iunci et limus mollis, ut patuit primo Cap.° huius libri ", e Buti: " li suoi ‛ piedi molli ' sono le piagge marine che ha intorno il monte "; infine Petrocchi, ad l.: " tutto il Purgatorio è in accordo perfetto fino alle proprie radici bagnate dal mare ".
Prevale decisamente il significato di " umido ", " bagnato ", in un altro gruppo di occorrenze, fra cui si cita prima di tutto If XXXII 46 li occhi l'or, ch'eran pria pur dentro molli, / gocciar su per le labbra. Il testo e l'interpretazione del passo sono assai controversi (cfr. Petrocchi, ad l.), ma i dubbi non investono il significato dell'aggettivo che, riferito a occhi, non può valere altro che " bagnati di lacrime "; " le lacrime onde gli occhi loro dentro erano pregni... molli... uscir non potevano. Sciolti da quell'accoppiamento gocciano giù per le labbra " (Cesari). È ovvio che pur dentro molli significa " che prima erano bagnati di lagrime solo nell'interno " (Momigliano). Anche in Rime CIV 56 l'aggettivo è riferito a occhi: Fenno i sospiri Amore un poco tardo; / e poi con gli occhi molli, / che prima furon folli, / salutò le germane sconsolate; gli occhi di Amore, che fino allora erano stati folli (" nell'accezione curiale di ‛ scortesi ' ", Contini) s'inumidiscono e piangono commossi dal pianto delle germane sconsolate; forse anche qui al valore di " umido " si associa quello traslato di " tenero ", " mite "; del resto in seguito gli occhi ‛ molli ' (umidi di pianto e insieme teneri e malinconici) diverranno un luogo comune.
Infine si veda If XXX 66 Li ruscelletti che d'i verdi colli / del Casentin discendon giuso in Arno, / faccendo i lor canali freddi e molli, / sempre mi stanno innanzi, in cui D. ha evidentemente nell'orecchio Virgilio Buc. X 42 " hic gelidi fontes, hic mollia prata "; ma osserva il Bosco che, mentre in Virgilio i due aggettivi si riferiscono l'uno ai " fontes " e l'altro ai " prata ", in D. sono riferiti ambedue ai canali, costringendoci a intendere questa parola come " alvei ", che non sarebbero secchi. Ma l'altra notazione, freschi, solo con sforzo ermeneutico può essere riferita agli alvei. D'altra parte, quel che stimola la sete di maestro Adamo è il ricordo delle acque scorrenti, non quello dei loro letti. Probabilmente, conclude il Bosco, il verso virgiliano agì nella fantasia di D. fonicamente, ed egli non si curò di adattarlo bene al suo contesto.
Da questi usi propri derivano diversi usi traslati, di cui il primo è quello di " cedevole ", riferito a persona, e quindi " arrendevole ". Questo significato è attestato in If XIX 86, dove si afferma che il papa Clemente V nuovo Iasón sarà, di cui si legge / ne' Maccabei; e come a quel fu molle / suo re, così fia lui chi Francia regge: " quomodo... Iasoni fuit mollis, idest propitius, ymo adiutor et promotor... Antiocus " (Serravalle), così Filippo il Bello sarà " aderente... a lui ne la elezione del Pontificato " (Vellutello).
Con un ulteriore trapasso semantico, dal senso di " accondiscendente " Si giunge a quello di " debole ", " fiacco ", addirittura " effeminato ", " vizioso "; si veda Pd XIX 124, in cui l'espressione la lussuria e 'l viver molle (di Ferdinando IV e di Venceslao IV) è forse una dittologia sinonimica: " la vita lussuriosa e lasciva " (Buti), " il delicato ed effemminato vivere " (Venturi). Si noti, per inciso, che un tempo quel di Spagna non era identificato con Ferdinando IV ma con il più antico Alfonso di Castiglia il quale non volle accettare l'impero che gli veniva offerto; di conseguenza alcuni antichi commentatori interpretano 'l viver molle come la " viltà " che aveva indotto il re di Castiglia a un ‛ gran rifiuto ' simile a quello di Celestino V (cfr. Venturi). Rimane infine l'occorrenza di Pg XXIV 124, in cui sono ricordati gli Ebrei ch'al ber si mostrar molli, / per che no i volle Gedeon compagni; si tratta dell'unico caso in cui l'aggettivo non è usato assolutamente, bensì regge il complemento al ber; ne deriva un disaccordo fra i commentatori se l'intera espressione debba essere interpretata come " troppo accondiscendenti alla voglia di bere " (per es. Lombardi), ovvero " lascivi nel modo in cui si misero a bere " (Pietro, Buti). Quest'ultima interpretazione sembra preferibile, perché meglio aderente all'episodio biblico cui si riferisce il passo (Iud. 7, 5-6); la colpa dei compagni di Gedeone infatti consistette non tanto nel " cedere alla voglia di bere ", bensì nel bere non " colla palma della mano, e però scarsamente, come quei valorosi trecento compagni, ma ponendosi giù a bere ingordamente colla bocca nella fonte " (Venturi).