molesto
In D. è sempre col valore latino di " pesante ", " gravoso ", " difficile da sopportare ", ed è usato in situazioni di particolare drammaticità, o almeno di estrema serietà: Farinata dice di essere stato forse... troppo molesto alla sua patria (If X 27); Bertram dal Bornio definisce la sua orribile pena molesta (XXVIII 130); Pier della Vigna chiama l'anima del suicida molesta (XIII 108), " cioè inimica " (Boccaccio), " infesta, nemica, crudele al suo corpo, in quanto lo fastidì e lo uccise " (D'Ovidio); la poesia di D., se sarà molesta / nel primo gusto (Pd XVII 130), cioè " pesante ", " molesta nel primo apprendere, come lo cibo medicinale si sente al primo gusto amaro " (Boccaccio), lascerà poi un nutrimento vitale, dopo che sarà digerita. La parola non ricorre mai nella prosa; in poesia sempre in rima, e soltanto nella Commedia.
Poiché m. non s'incontra mai nei Siciliani, in Bonagiunta, in Guittone, in Guinizzelli, in Cavalcanti, sorge il sospetto che, almeno nel volgare dell'alta poesia, sia stato introdotto proprio da D. (ma esisteva ‛ molesto ', col valore di " molestia ", deverbale di ‛ molestare '): la parola nel primo Cinquecento ha già assunto il valore più tenue che conserva oggi (Baldelli). Fra le possibili fonti dantesche, citeremo appena " Popule meus, quid feci tibi? aut quid molestus fui tibi? " (Mich. 6,3), con cui s'iniziava la perduta epistola dantesca al popolo fiorentino, di cui parla il Bruni.
Il Pellegrini ritiene che di If X 27 la fonte sia la Passione di Montecassino: " Licet tibi sit molestum / te loquela manifestum / facit atque cognitum ". M. si trova anche in testi apocrifi attribuiti a Dante.
Bibl. - I. Baldelli, in " Giorn. stor. " LXVII (1950) 115-116; S. Pellegrini, in " Belfagor " XVII (1962) 299-313, poi in Saggi di filologia italiana, Bari 1962, 94-112; A. Ronconi, in " Lingua Nostra " VII (1946) 53-54, poi in Interpretazioni grammaticali, Padova 1958, 93-95, ma vedi " Studi d. " XLI (1964) 28; Pagliaro, Ulisse 716-719 (che interpreta molesta come forma verbale e legge " ciascuna 'l prun de l'ombra sua molesta ").