Vedi MOHENJO-DARO dell'anno: 1963 - 1995
MOHENJO-DARO
Antica città del Sind sulla riva destra dell'Indo. Appartenente culturalmente alla Civiltà dell'Indo o di Harappā (v. indiana, arte), ebbe un lungo periodo di sviluppo urbano fra la metà del III e la metà del II millennio a. C. Il nome di Mohenjo-daro significa letteralmente "la collina dei morti" e deriva dalla moderna denominazione data dalla gente del luogo al grande tumulo che ricopriva i resti dell'antica cittadella e sul quale sorgevano uno stūpa ed un monastero buddista del II sec. d. C.
Le prime tracce dell'esistenza di quest'antica città si ebbero nel 1922 ad opera di R. D. Banerji, uno studioso indiano membro della missione archeologica di J. Marshall, che aveva svolto una serie di ricerche e di saggi di scavo sotto le fondazioni dello stūpa.
A merito delle ricerche successivamente svolte e protratte a tutt'oggi, è stato possibile rilevare l'aspetto complessivo della città ed accertare nel corso del suo sviluppo una sequenza di nove strati che corrispondono spesso a successive ricostruzioni.
Sin dalle fasi più antiche, che sembra riportino alla metà del III millennio a. C., la città rivela una planimetria piuttosto regolare con un tracciato stradale a scacchiera intersecato ad angoli retti e con un orientamento N-S ed E-O delle vie principali, che dividevano la superficie urbana in una serie di lotti o di insulae di dimensioni approssimativamente uguali e rettangolari. Gli edifici erano costruiti in mattoni e comprendevano botteghe, officine, opifici, magazzini, mercati e case di abitazione ad uno o due piani con scale di accesso dall'esterno, cortili, servizi igienici, ecc. Sotto il livello stradale, in una vasta rete di canali, di fognature e di collettori costruiti in mattoni convogliavano le acque e i rifiuti. In base ai dati fino ad oggi in nostro possesso, non sembra che la città fosse munita di un sistema generale di fortificazioni; sembra invece verosimile che un alto argine in mattoni fosse costruito sin dall'epoca antica per proteggere la città dalle inondazioni dell'Indo.
Nel settore occidentale del centro urbano sorgeva su posizione elevata l'acropoli, o cittadella, che era in parte cinta da mura e da torrioni ed era costruita su una piattaforma artificiale di mattoni di fango che aveva la forma di un parallelogramma. Su di essa erano distribuiti varî edifici pubblici e cerimoniali: il granaio, la sala d'assemblea, il chiostro destinato forse a collegio, la grande vasca con corte perimetrale, usata come stabilimento termale o per abluzioni rituali. Un complesso, insomma, di edifici che testimoniano di uno sviluppo imponente dell'architettura civile, mentre non sembrano indicare - almeno fino ad oggi - la presenza di alcuna struttura di carattere specificamente religioso.
L'assetto urbanistico molto organizzato ed evoluto depone sin dalle prime fasi di costruzione della città per una consuetudine civica assai radicata, cui non dovette essere estranea la contemporanea esperienza mesopotamica, alla quale ricollegano del resto numerosi altri elementi culturali ed artistici che sono tipici della Civiltà di M. e di Harappā e che si rivelano appunto di diretta derivazione tecnica e stilistica dalla Mesopotamia, o più genericamente dall'Asia occidentale (v. indiana, arte).
Verso la metà del II millennio a. C. la città di M. si avviò ad un graduale e rapido declino che coincise nel tempo approssimativamente con quello degli altri centri urbani della Civiltà dell'Indo. Le opere di costruzione furono sempre meno curate, la planimetria della città non fu più rispettata e gli edifici più antichi vennero suddivisi in un numero maggiore di ambienti mediante pareti divisorie. Il tenore di vita andava sempre più peggiorando e ciò forse parallelamente al crescere della popolazione. Taluni hanno supposto che la città venisse accogliendo una massa di profughi, rifugiatisi in cerca di sicurezza e di riparo dalle invasioni degli Arii. Ad opera di questi ultimi sarebbe dovuta infatti la fine di Mohenjo-daro. Un gruppo di scheletri di uomini, donne e bambini caduti vittime degli aggressori, testimonia oggi dello sterminio finale.
Bibl.: J. Marshall, Mohenjo-daro and the Indus Civilization, 3 voll., Londra 1931; E. J. H. Mackay, The Indus Civilization, Londra 1935; id., Further Excavations at Mohenjo-daro, 2 voll., Delhi 1938; K. N. Dikshit, Prehistoric Civilization of the Indus Valley, Madras 1939; E. J. H. Mackay, Early Indus Civilization, Londra 1948; S. Piggot, Prehistoric India, Harmondsworth 1950; R. Heine-Geldern, The Coming of the Aryans and the End of the Harappa Civilization, in Man, LVI, 1956; B. Subbarao, The Personality of India, Baroda 1956; M. Wheeler, Early India and Pakistan (to Ashoka), Londra 1959; id., The Indus Civilization (The Cambridge History of India), II ed., Cambridge 1960.