MOGADOR
Nella geografia del Marocco l'isola di M., posta di fronte alla penisola e alla città omonima, occupa un posto privilegiato, essendo unica lungo un litorale che si estende per più di mille chilometri.
Di proporzioni limitate (circa 20 ha), e situata non lontana dalla costa attuale, dovette attirare l'attenzione dei navigatori fin dalle epoche più remote, dato che vi sono stati rinvenuti oggetti del Neolitico: punte di frecce in silice, pietre con ritocchi, raschiatoi. La sua identificazione con l'isola di Cerne è problematica, ma nel XVII sec. l'ammiraglio de Razilly riferisce di avervi ammirato i resti d'una antica costruzione, che egli attribuiva al re Giuba II (v.). Nel 1902 il geografo Vidal de la Blache afferma che gli scogli di M. devono essere identificati con le Isole Purpurarie delle quali parla Plinio (Nat. hist., vi, 201). Solo nel 1950 Desjacques e Koeberle vi scoprono un vero e proprio "Monte Testaccio"; un sondaggio effettuato in una collinetta di 50 m di diametro rivela loro l'essenziale: sotto uno strato di ceramica romana, trovano cocci con iscrizioni semitiche antiche. Un successivo scavo (P. Cintas) confermò e precisò questi dati, ma fece avanzare l'ipotesi che le tracce d'arcaismo scoperte nella tipologia della ceramica testimonino solo un attardamento. Altri sondaggi (Koeberle) portarono alla scoperta di ulteriori avanzi, fra i quali una cisterna di età romana e altri cocci con iscrizioni. Per giungere a conclusioni definitive, il Servizio delle Antichità in Marocco, decise di riprendere gli scavi e ne affidò la direzione ad A. Jodin.
Tre campagne successive (1956-58) permisero di stabilire una netta stratigrafia del luogo e di portare alla luce uno stanziamento romano e soprattutto di confermare le antichissime relazioni tra la stazione commerciale di M. e le città del Mediterraneo orientale.
La stratigrafia del giacimento si presenta nel seguente modo: Strato I - spessore da m 0,10 a 0,20. Terra e sabbia, resti arabi. Strato II - spessore da m 0,05 a o,8o: a) resti paleocristiani a stampo, monete di Costantino; b) cocci campani e sigillati, monete di Giuba e di Augusto. Strato III - spessore da m 0,05 a 0,90: sabbia quasi sterile, con rarissimi resti d'anfore puniche del III-II sec. a. C. Strato IV - spessore da 0,50 a 1 m: a) acciottolato regolare; b) ceramica pre-romana, anfore, vasi greci del VII sec., vasi a smalto con graffiti fenici; c) secondo acciottolato; d) numerosi focolari con ceramica identica al IV strato b). Strato V - sabbia vergine della duna primitiva.
I resti romani sono sparsi su un'area di circa due ettari. Comprendono una villa e una necropoli. La villa, costruita sul pendio E, è composta di una quindicina di elementi. Si notano una sala da bagno con riscaldamento, una cisterna, una stanza con pavimento a mosaico rappresentante pavoni. Elementi di colonne stuccate e muri dipinti completano il tutto. Le suppellettili rinvenute confermano questa impressione: vasi aretini, vasi a "parete sottile", ceramica campana (tipi B e C di N. Lamboglia) e bronzi che comprendono fibule dell'alto Impero, manici mobili di situle e maschere ornamentali. Questo complesso è da attribuirsi all'età di Augusto, che coincide precisamente con quella del re Giuba. Le monete appartengono alla serie mauretana (argenti e bronzi di Giuba II e Cleopatra Selene, delle città neopuniche di Lixus, Sala, Tinga e Gades) o alle emissioni imperiali (città di Nimes, Claudio, ecc.).
Si ha naturalmente la tentazione di identificare questa villa privata, così precisamente datata, con una delle sedi di Giuba II nelle Isole Purpurarie.
La necropoli appartiene invece al basso Impero; essa fu scoperta nel 1958 (da R. Chevallier coadiuvato da Ponsich). Furono allora portate alla luce una ventina di tombe. Il rito dell'inumazione come la scarsezza delle suppellettili indicano un insediamento della fine del III sec. o del principio del IV. Le monete e la ceramica a stampo rinvenute nei dintorni vengono a confermare questa data.
I resti fenici e greci, d'altra parte, sono stati rinvenuti solo nel monticello di cui è stata descritta la stratigrafia (strato IV). Vi domina quasi esclusivamente la ceramica. In essa si possono riconoscere: 1) stoviglie da tavola lucidate in rosso definite dal Cintas: "ceramica rossa brillante del Mediterraneo occidentale e dell'Atlantico"; le sue forme sono particolarmente eleganti. Questa ceramica comprende lampade a due becchi, piatti a margine largo, patere, bruciaprofumi. F. Villard la ritiene influenzata non solo dalla ceramica ad intonaco rosso di Cipro e di Cartagine, ma anche dalla comune ceramica ionica; 2) vasi a decorazione geometrica, talvolta detta "decorazione di tradizione ionica"; 3) oinochòai cipriote identiche a quelle delle tombe di Larnaka-Turabi e datate del VII sec. a. C.; 4) anfore globulari tipo fenicio; 5) anfore greche di Smirne, della Focea o dell'Attica (con decorazione "a spazzola") e piatti di bucchero grigio eolico (Larissa, Lesbo). F. Villard attribuisce tali prodotti alla seconda metà del VII sec. a. C. La presenza di questa ceramica greca permette di datare in modo preciso i vasi a smalto rosso e si può affermare che questi sono stati importati dalle coste della Fenicia o di Cipro nel corso del VII sec. da coloni i cui nomi ci sono stati tramandati sui graffiti degli òstraka.
L'interesse degli scavi di M. sta dunque nell'averci rivelato da una parte l'estensione dei viaggi dei primi navigatori mediterranei, dall'altra la testimonianza, sino allora insospettata, di alcuni episodi della storia antica del Marocco, e cioè le prove tangibili delle colonizzazioni fenicie e forse greche sulle coste atlantiche, la romanizzazione del paese sotto il regno di Giuba II e infine il perdurare della presenza romana nel corso del basso Impero cristiano.
Bibl.: R. Thouvenot, Recherches archéologiques à Mogador, in Hespéris, XLI, 1954, p. 463-467; P. Cintas, Contribution à l'étude de l'expansion carthaginoise au Maroc, Parigi 1954; J.-P. Desjacques-P. Koeberle, Mogador et les Îles Porpuraires, in Hespéris, XLII, 1955, pp. 193-202; A. Jodin, Note préliminaire sur l'établissement préromain de Mogador (Campagnes 1956-1957), in Bulletin d'Archéologie Marocaine, II, 1957, pp. 9-40; R. Thouvenot, Monnaies du Bas-Empire trouvées sur le littoral Marocain, Publications du Service des Antiquitées du Maroc, X, 1954, pp. 231-237; P. Cintas, in Comptes Rendus Acad. d. Inscript. et Belles-Lettres, seduta del 27 febbraio 1953; F. Villard, Céramique grecque au Maroc, in Bulletin d'Archéologie Marocaine, IV, 1960; J.-G. Février, Inscriptions puniques du Maroc, in Bullet. d. Comité d. Travaux Historiques, 1955-56, pp. 33-35.