MODULO
. Arichitettura. - La tendenza, assai frequente nei teorici delle questioni estetiche, di riportare le espressioni d'arte al formalismo di norme e rapporti fissi, ha trovato nell'architettura le sue massime applicazioni. Essa risponde infatti al carattere geometrico dell'opera architettonica e alla sua quasi costante regolarità; la quale, a sua volta, se sta a denotare un sentimento d'ordine e d'unità, è anche in relazione con le esigenze tecniche degli elementi costruttivi di cui l'opera si compone, cioè quelle della resistenza dei materiali e delle pratiche condizioni in cui questi venivano forniti.
A questo riguardo è interessante notare come quasi sempre nei varî periodi passati gli elementi della costruzione assumevano ben determinate dimensioni regolari in diretta relazione con le unità di misura adottate per le lunghezze, che avevano il corpo umano per riferimento (piedi, braccia, passi, ecc.); e di queste unità di misura anche le masse costruite risultavano multiple o sottomultiple. Così, ad esempio, nei muri a pietre squadrate degli Etruschi il modulo era il piede, dapprima l'osco, poi il solonico; nel Medioevo ritorna frequentemente adottata la statura umana quale misura elementare degli spazî; nel Rinascimento gli spessori dei muri sono quasi sempre espressi con piccoli numeri rispetto ai piedi o alle braccia, che erano le comuni unità lineari.
I rilievi dei monumenti greci e romani ci persuadono che, sia pure con adattamenti ed eccezioni, quasi costante era il metodo di riferire le principali proporzioni a rapporti semplici rispetto a una misura elementare, che è il modulo. Ce ne dà conferma il più grande e più noto dei trattatisti dell'architettura antica, Vitruvio, il quale, nel riassumere i precetti proprî dell'architettura ellenistica, fonda su questi rapporti modulari i suoi criterî artistici. Come sempre avviene ai teorici, Vitruvio ha esagerato in rigidezza meccanica e in sottigliezza minuta, sì che nel suo trattato la formula giunge quasi a uccidere l'arte; e difatti soltanto alcune tra le principali sue norme sono state effettivamente seguite nei monumenti a lui contemporanei o posteriori; ma ciò non toglie alla sua teoria importanza e significato.
Nel definire le sei categorie in cui suddivide l'architettura (ordinatio, dispositio, eurythmia, symmetria, decus, distributio), così egli si esprime nei riguardi della symmetria: "Symmetria est ex ipsius operis membris conveniens consensus, ex partibusque separatis ad universae figurae speciem ratae partis responsus".
Su tale concetto egli ritorna parlando della proporzione (ἀναλογία) e dell'ordinatio, che riferisce alla quantità, chiamata in greco ποσότης, e, seguendo i riferimenti antropomorfici così cari agli antichi, introduce raffronti col corpo umano, di cui dice: "singulorum membrorum ad universam figurae speciem habeant commensus exactionem".
Osserva infatti che per l'uomo normale l'altezza corrisponde a 6 volte la lunghezza del proprio piede, per la donna a 8 volte; e ne trae nei numeri 6 e 8 i rapporti modulari tra l'altezza della colonna e il suo diametro per l'ordine dorico e lo ionico, considerati il primo come simbolo della forza, il secondo della gentilezza. Minute norme, partendo dal diametro della colonna, applica per i singoli elementi degli ordini architettonici e per i rapporti tra vuoti e pieni nei portici dei templi: il picnostilo (1 ½), il sistilo (2), l'eustilo (2 ¼), il diastilo (3), l'areostilo (4).
Gli architetti del Rinascimento, in quella ricerca della perfetta proporzione che è quasi la definizione dell'arte di tale periodo, hanno seguito Vitruvio, considerando i suoi dieci libri come testo sacro. Quando, per l'oscurità della trattazione o per la mancanza delle figure, non lo intendevano, o quando lo trovavano in contrasto con i dati dei monumenti antichi, cercavano d'interpretarlo con ingegnosi accorgimenti, e anche di semplificarne le norme, recandole a portata di tutti; ma specialmente nei riguardi degli ordini architettonici hanno ancora più accentuata la concezione d'un sistema armonico di rapporti semplici alla cui base era il modulo. Essa ha trovato espressione, oltre che nelle tante edizioni vitruviane, di cui le più note sono quelle di fra Giocondo, di C. Cesariano, del Caporali, nella fondazione in Roma dell'Accademia vitruviana e nella pubblicazione di trattati nuovi, quali quelli di G. B. Alberti, di S. Serlio, di A. Palladio, di V. Scamozzi, e soprattutto di Giacomo Barozzi da Vignola.
Il Vignola ha il merito di aver reso facili e chiare le formule relative agli elementi dell'architettura, non vincolando la composizione e ammettendo, con grande buon senso, che si possa "crescere o scemare delle proportioni dei membri delli ornamenti per supplire con l'Arte dove la vista nostra per qualche accidente venghi ingannata".
Così è avvenuto che la Regola delli Cinque Ordini è rimasta libro di testo dell'architettura per tutto il Seicento e il Settecento, cioè in un periodo libero e sbrigliato nelle concezioni e negli ordinamenti, giunto all'estremo di una forma astratta e nuova e non legata alla struttura. Il modulo vignolesco, applicato all'elemento, vi ha rappresentato il mezzo provvidenziale per mantenere ordine e unità di proporzioni, simile alle norme metriche nella poesia o nella musica.
Bibl.: G. Barozzi da Vignola, Regola delli Cinque Ordini d'architettura, 1ª ed., Roma 1562 (numerosissime le edizioni successive); A. Palladio, I quattro libri dell'architettura, ecc., Venezia 1570; C. Chipiez, Histoire critique des origines et de la formation des ordres grecs, Parigi 1876; Penrose, Principles of Athenian Architecture, Londra 1888; J.M. von Mauch, Die architektonische Ordnungen der Griechen und Römer, Berlino 1875; R.P. Spiers, The Orders of Architecture, Londra 1901; A. Choisy, Vitruve, Parigi 1909; J. Burckhardt, Geschichte der Renaissance, 4ª ed., Stoccarda 1904; J. Durm, Die Baukunst der Renaissance in Italien, in Hand. der Architektur, II, ii, 2ª ed., Stoccarda 1914; G. Giovannoni, Saggi sull'architettura del Rinascimento, Milano 1931; M. Borissaulievitch, Les théories de l'architecture, Parigi 1926; J. Guadet, Éléments et théorie de l'architecture, Parigi 1910.