DAL POZZO, Modesta
Nacque a Venezia il 15 giugno 1555 da Gerolamo e Maria Dal Moro. Rimasta orfana di entrambi i genitori all'età di un anno, trascorse un'infanzia contesa fra parenti interessati al ricco patrimonio che ella aveva ereditato insieme con il fratello Leonardo. Dapprima i due fanciulli furono accolti nella casa dei nonni materni, ma in seguito a dissidi fra parenti, la D. venne prelevata di nascosto e condotta al monastero di S. Marta, dove rimase fino a nove anni; successivamente ritornò presso i nonni materni.
La D. aveva già dato prove del suo precoce ingegno, durante il soggiorno al monastero, imponendosi all'ammirazione dei visitatori per l'eccezionale memoria e la prontezza di spirito nel rispondere alle domande che le venivano rivolte. A queste doti si aggiunse anche una notevole vocazione alla poesia e allo studio da parte della D., la quale fu educata, nella casa dei nonni, con una sorellastra della madre (la nonna materna essendo vedova risposata) e imitò questa giovane zia nel gusto di comporre versi e approfondire le proprie conoscenze. Inoltre il nonno, che era avvocato, incoraggiava i progressi della nipote e le procurava volentieri dei libri; la D. poté formarsi quindi una buona cultura e coltivare la sua vocazione poetica.
Quando la zia sposò Giovanni Nicola Doglioni, la D. andò a vivere con la coppia, non volendo separarsi dalla compagna d'infanzia. Il cambiamento fu vantaggioso per lei; il nuovo zio, infatti, non solo la prese sotto la sua protezione "come sorella sempre amandola", ma conoscendo le sue attitudini letterarie, completò la sua formazione culturale fornendole utili consigli e suggerimenti sull'arte di scrivere in versi ed in prosa. Il Doglioni si preoccupò anche di trovare un discreto partito alla sua pupilla e, nel 1572, la maritò con l'avvocato Filippo Giorgi, dalla cui unione nacquero quattro figli.
La D. non trascurò, dopo il matrimonio, la sua passione letteraria e continuò a comporre opere di vario genere; ma dei suoi numerosi scritti di argomento religioso o mondano solamente alcuni furono editi per l'interessamento del Doglioni. Nel 1581 uscirono a Venezia, sotto lo pseudonimo di Moderata Fonte, i Tredici canti del Floridoro, poema dedicato ai granduchi di Toscana Francesco de' Medici e Bianca Capello.
Nel quarto canto del poema la D. anticipa già alcune riflessioni sulla condizione femminile dell'epoca, che più tardi saranno svolte compiutamente nell'opera postuma Il merito delle donne. L'autrice osserva infatti che la presunta inferiorità della donna rispetto all'uomo non è determinata da fattori biologici, ma dalla diversa educazione che ella riceve; rivendicando per la donna il diritto allo studio e a un ruolo non subalterno nella società, la D. si colloca tra le prime fautrici dell'emancipazione femminile, di cui precorre i temi fondamentali.
Oltre alle due opere principali è probabile opera della D. la Risurrezione di Cristo (Venezia 1592), che il Quadrio (p. 270) riferisce sotto lo pseudonimo di Moderata Fonte.
La D. morì di parto a Venezia il 2 nov. 1592; fu sepolta nel chiostro dei frari minori presso S. Rocco.
A otto anni di distanza dalla sua morte, i figli ed il Doglioni pubblicarono il volume Il merito delle donne (Venezia 1600), al quale fu premessa la Vita della sig. Modesta Pozzo di Zorzi, scritta dal Doglioni.
Il merito delle donne è un dialogo che si svolge in due giornate tra sette donne veneziane unite "da cara e discreta amicizia", le quali s'incontrano nella "casa bellissima" con un "giardino bellissimo" di una di loro, e discutono sulla condizione della donna e sui rapporti con l'uomo. Le componenti del gruppo rappresentano le situazioni femminili più tipiche: vi compaiono infatti la sposa novella, la sposa giovane, la maritata da tempo, la vedova, la madre attempata insieme con la figliola, l'intellettuale nubile. L'opportunità di poter conversare "senza haver rispetto di uomini che le notassero o le impedissero" consente alle amiche un esame dei rapporti fra i sessi condotto in assoluta libertà.
Dapprima il gruppo vagheggia una vita autonoma e di felicità nella solitudine, attraverso i personaggi di Leonora e Corinna, l'una vedova giovane senza problemi economici, l'altra letterata non sposata che riscuote la generale ammirazione delle compagne. Sollecitate dal loro esempio, le altre donne notano come sia deludente la loro condizione di maritate, e più genericamente tutto il gruppo deplora l'ingiusto trattamento riservato al loro sesso dagli uomini, i quali - nota Leonora - si considerano superiori per un abuso "che si è messo nel Mondo" e "poi a lungo andare si hanno fatto lecito, e ordinario".
In contrapposizione viene presentata un'immagine femminile in cui si riassumono le numerose qualità possedute dalle donne, le quali sono dolci, pazienti e benigne, in tutto superiori e pronte a donarsi. Successivamente le sette amiche affrontano il tema dell'attaccamento emotivo all'uomo, tentando di spiegarsi la ragione per cui le donne siano agli uomini "schiave volontarie fino alla morte"; su questo problema il gruppo si arresta e decide di rinviarne la soluzione al giorno seguente.
La seconda giornata scorre del tutto imprevedibile, le sette amiche non riescono a sviscerare fino in fondo la questione complessa dell'affettività e divagano con vari pretesti: si discute, infatti, di astrologia, erboristeria, medicina, e della cultura in generale, intercalando sonetti in lode di dame e cavalieri noti al gruppo. Infine esauriti tutti gli argomenti possibili, c'è un ripiegamento collettivo dall'animosità iniziale ad una più modesta richiesta di maggiore comprensione da parte degli uomini.
D'altra parte tutto il testo della D. alterna momenti di vitalità e consapevolezza a sbandamenti e capitolazioni, comprensibili nella difficile ricerca di un nuovo rapporto tra i sessi in un'epoca nella quale l'emancipazione femminile rimane l'isolata aspirazione di pochissime donne, che hanno potuto accedere al patrimonio culturale, di cui l'uomo è unico depositario.
Fonti e Bibl.: G. N. Doglioni, Vita della sig. M. P. di Zorzi ... descritta ... l'anno MDXCIII, in Il merito delle donne, Venezia 1600, pp. 1-7; G. F. Tomasini, Elogia virorum literis et sapientia illustrium, Patavii 1641, pp. 369-372; J.P. Niceron, Mémoires pour servir a l'histoire des hommes illustres, XVII, Paris 1732, pp. 123-129; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, II, 1,Milano 1741, p. 274; IV, 1, Bologna 1739, p. 270; IV, 2, ibid. 1739, p. 591; B. Gamba, Alcune operette, Milano 1827, pp. 323-324; P. L. Ferri, Biblioteca femminile ital., Padova 1842, p. 292; A. Borgognoni, Studi di letter. storica, Bologna 1891, pp. 189-190; B. Croce, Donne letterate nel Seicento, in La Critica, XXVII (1929), 6, p. 469; B. M. Frabotta, Donne in poesia, Roma 1976, p. 12; A. Jaquinta, Tentativi di autocoscienza in un gruppo del Cinquecento, in M. Lonzi-A. Jaquinta-C. Lonzi, La presenza dell'uomo nelfemminismo, Milano 1978, pp. 45-78.