MUSORGSKIJ, Modest Petrovič
Compositore, nato il 9 marzo 1839 a Karevo (Pskov), morto a Pietroburgo il 16 marzo 1881. La famiglia era di vecchia nobiltà, e possedeva vastissime terre intorno a Karevo. I primi anni del bambino si svolsero in paese tipicamente russo: villaggi, steppe, laghi, foreste, ecc. La prima musica che il M. conobbe, fu quella delle canzoni popolari che gli erano cantate dalla njanja (balia). Dimostrando vive attitudini musicali, ebbe a prima maestra la madre. A sette anni suonava già in riunioni familiari. Nel 1849 entrò, con il fratello Filarete, alla scuola "Pietro e Paolo" di Pietroburgo. Frequentò poi per quattro anni (1852-56) la scuola militare della Guardia, dove fu alunno brillantissimo, soprattutto nelle materie di storia e filosofia. Intanto studiava attivamente il pianoforte con A. Gerke e diventava rapidamente un pianista di singolare valore. Egli si dedicava anche con passione allo studio delle musiche liturgiche. Nel 1856 usciva dalla scuola promosso ufficiale di fanteria. Nei primi tempi fece vita mondana frequentando le più brillanti case della capitale. Poco dopo entrava nell'ambiente che circondava A. S. Dargomyžskij il quale aveva da poco terminato l'opera Rusalka. Attorno a Dargomyžskij si stringevano molte giovani, ambiziose forze artistiche, non solo musicali. Nel 1857 M. Balakirev, il vero fondatore e animatore del celebre gruppo storico che venne poi chiamato dei "Cinque", prendeva M. presso di sé e lo impratichiva nelle forme musicali. Il padre di M. moriva nel 1853 e da quel giorno la vasta fortuna avita cominciava a subire numerosi crolli, sino a giungere - nel volgere di pochi anni - a totale rovina. M. impoverito, dovette trarre dal proprio lavoro i mezzi d'esistenza. Intanto il gruppo Balakirev, Cui, Rimskij-Korsakov, Borodin, M., continuava la lotta iniziata da M. Glinka per la creazione d'una musica nazionale russa. Da parecchi anni M. aveva cominciato a comporre. I suoi primi lavori furono alcune sonate scolastiche e un Souvenir d'enfance (1856) per pianoforte, e più tardi due Scherzi per orchestra, oltre ad alcune liriche. Nel 1859, destinato a un reggimento che aveva sede lontano da Pietroburgo, abbandonò la carriera militare e si dedicò unicamente alla musica. In quel medesimo anno ebbe una grave malattia nervosa, con forti accessi di misticismo. Gli amici Rimskij-Korsakov, Balakrev, ecc., cominciavano a considerare M. un cervello geniale, ma debole, che non si sarebbe mai reso padrone dell'arte. Invece M. studiava ferventemente Bach, l'opera del quale era considerata, nell'ambiente di Balakirev, come inutile e fossilizzata. Iniziava quindi una Salammbô, che però non portò a termine. Nel 1864, costretto dalle vicende materiali, entrò nel Genio civile, e rimase a lungo al servizio dello stato. Dopo un periodo di varia produzione, scrisse nel 1868 il primo atto del Matrimonio di Gogol, opera che egli abbandonò però subito per la composizione del Boris Godunov, cominciata il 4 novembre 1868 e terminata (in partitura) il 13 dicembre 1869. Nel 1870 l'opera venne rifiutata dalla direzione del teatro imperiale di Pietroburgo. M. recò allora importanti modificazioni al lavoro, il quale, ripresentato al medesimo teatro nell'estate del 1873, venne nuovamente rifiutato dal comitato, e fu la celebre cantante Platonova che, usando di tutta la sua autorità, riuscì a fare rappresentare il 27 gennaio 1874 il Boris, il quale suscitò naturalmente l'entusiasmo della parte giovane del pubblico e la disapprovazione totale dell'altra parte. Dopo poche rappresentazioni e una breve ripresa (mutilatissima) nel 1878, l'opera scomparve dal repertorio. M. intanto aveva cominciato, sin dal 1872, una nuova opera: Kovàncina (Chovanščina) che non doveva giungere però a compimento. Dopo il 1874, la vita di M. si fa sempre più solitaria, più povera e più triste. In quel medesimo anno moriva il pittore V. Hartmann, suo carissimo amico, e M. scriveva in memoriam i Quadretti di una esposizione per pianoforte. Egli abitò quindi dal conte Goleniščev-Kutuzov, e ne musicò i cicli poetici Senza sole e Canti e danze della morte. Egli lavorava intensamente, ma la sua salute declinava senza posa. Nel 1879 fece un lungo viaggio con la cantante Leonova nella Russia meridionale in qualità di pianista e di accompagnatore. Di ritorno a Pietroburgo, ridotto in condizioni materiali che si possono dire miserabili, egli visse accompagnando lezioni di canto e insegnando il solfeggio a bambini. Il 5 agosto del 1880 terminava (salvo l'ultimo coro) la Kovàncina per piano e canto. Nell'inverno 1880-81, in stato di miseria, abbandonato da quasi tutti gli amici, deriso dalla critica quotidiana, si ammalava gravemente.
Il 13 febbraio 1881 veniva ricoverato all'ospedale militare di Pietroburgo, dove circa un mese dopo moriva.
"M. non appartiene a nessuno dei gruppi musicali attualmente esistenti, né per le sue idee in musica, né per il carattere della sua arte. La sua formula di fede è: l'arte è un mezzo di comunicazione con gli altri uomini e non uno scopo". Così scrive M. nelle sue Note autobiografiche, e invero è difficile - oggi ancora a più di mezzo secolo dalla sua morte - di definire meglio la figura e il pensiero artistico di questo singolarissimo creatore, che possiamo ormai considerare come il solo "lirico" musicale russo d'importanza universale. L'arte di M. non ha altre radici che quelle - saldissime - ch'essa affonda nell'immenso humus dell'anima popolare russa. Quest'arte ignora tutto ciò che fece la grandezza e la forza della musica occidentale: tradizione, forme, polifonia, sviluppi tematici, logica costruttiva, e trae unicamente origine dalla parola e dal gesto del popolo russo. La sua estetica è quindi opposta a quella comunemente detta "dell'arte pura". Possiamo leggere in una lettera di M.: "La rappresentazione artistica della sola bellezza è infantile e costituisce una tappa embrionale dell'arte. Cercare e scoprire i tesori inesplorati dell'anima umana, questa è la missione dell'artista". Egli scriveva d'altra parte (1876): "Studio attualmente la parola umana; vi ho afferrato la melodia che essa crea e sono giunto a notarla musicalmente". Queste ultime parole musorgskiane, meglio di qualsiasi studio critico. definiscono l'arte sua e aiutano a capirne l'originalità. Si potrebbe però supporre che - nel caso M. - una siffatta concezione, così fieramente avversa all'idea occidentale dell'"arte pura", potesse costituire per lui un gravissimo pericolo: un'inevitabile soggezione della musica a elementi non musicali (letterarî, descrittivi, ecc.). M. invece realizza - unico fra tutti i compositori - il miracolo d'una musica che, partita dalla parola e dal gesto, rimane nondimeno musica nel più alto significato del termine. L'invenzione musicale di M. è infatti una delle più potenti, delle più ricche, delle più audaci anche, che offra la storia. La totale libertà di questa musica, la sua forza melodica, la novità della sua armonia, la sua varietà ritmica, tutti questi elementi furono, al loro apparire, considerati (non solo dalla parte reazionaria del pubblico e della critica, ma persino dai compagni di gruppo di M.) indizî palesi d'incapacità tecnica. Oggi però è lecito affermare che M. ebbe - come tutti i grandi creatori - la tecnica necessaria al suo pensiero. M., d'altronde, aveva una cultura musicale saldissima e la sua vita trascorse laboriosamente e unicamente dedicata all'arte. Nel campo lirico, egli lasciò un capolavoro dei maggiori: il Boris Godunov infatti è non solo senza eguali nella storia operistica russa, ma anche è la sola creazione melodrammatica di quella scuola che possa essere posta accanto ai drammi di Verdi e di Wagner (come d'altra parte rimangono le liriche di M. tra le poche, in tutto l'Ottocento, che reggano il confronto con quelle di Schubert). È deplorevole però che il vero Boris, quale si presenta nella partitura autografa che si trova nella biblioteca dell'Accademia dei teatri di stato a Leningrado, sia stato per così lungo tempo sostituito dalla cosiddetta "revisione" di Rimskji-Korsakov, vera manomissione professorale di quella musica mirabile. A cura del governo sovietico è ora intrapresa la pubblicazione del Boris originale, del quale è già uscita la versione per pianoforte e canto, e presto seguirà la partitura originale.
È sommamente interessante notare come - pur facendo parte del famoso gruppo dei Cinque e lottando come i suoi compagni per il raggiungimento d'una musica nazionale - M. si avviasse tuttavia per una strada così differente dalla loro. Mentre Balakirev, Borodin, Rimskji-Korsakov volgevano infatti lo sguardo verso l'Oriente, e realizzavano così una musica russa tipicamente orientale, M. traeva dalla voce diretta del popolo che egli aveva conosciuta e assimilata sino dalla prima infanzia, una musica immediatamente espressiva, antidecorativa e soprattutto antiorientale, cioè infinitamente più russa di quella dei suoi compagni di fede. D'altra parte, pur volendo, credendo di dare un suono musicale alla realtà che egli cercava nella voce del popolo, egli obbedì in realtà a quella legge che ogni artista è inevitabilmente chiamato a seguire e che Verdi così formulò: "creare e non copiare il vero".
Egli trascendeva così il nazionale nell'universale, sì da potere essere considerato non solo il maggiore musicista russo, ma uno dei maggiori di tutti i paesi e di tutti i tempi.
Opere: Teatro: Il matrimonio (da Gogol), commedia (solo primo atto finito; 1868), Boris Godunov (Puškin e Musorgskij), quattro atti e un prologo (prima versione, 1868-69; seconda versione, 1871-72); Kovàncina, 5 atti (1872 segg.; terminata da Rimskij-Korsakov); La fiera di Soročinski (frammenti, 1877 segg.).
Orchestra: Scherzo in si bemolle (1858); Intermezzo (1867); La notte sul Monte Calvo (1867-75; terminata e strumentata da Rimskij-Korsakov); Marcia alla turca (1880).
Pianoforte: una decina di composizioni, tra le quali, di particolare importanza, la raccolta: Quadretti di una esposizione (1874), pubblicata nel 1886 e strumentata da M. Ravel nel 1928.
Liriche: fra le numerose che M. ha lasciato, vanno ricordate principalmente: La notte (Puškin, 1864); Dormi, figlio di contadino (Ostrovskij, 1865); Savišna, o mia luce! (Musorgskij, 1866); Hópak (1866); Canto ebraico (1865); Senza sole, sei liriche (Goleniščev-Kutuzov, 1874); Canti e danze della morte, quattro liriche (id., 1875) e infine il ciclo di sette liriche La camera dei bambini (Musorgskij, cominciate nel 1868 e terminate nel 1872).
Musica corale: La disfatta di Sennacherib (Byron), coro e orchestra (1867-74); Salammbô (frammenti per coro femminile, 1866; utilizzati poi in parte nel Boris Godunov); oltre ad alcuni altri lavori di scarsa importanza.
Bibl.: V. Stasov, M. (in russo), Pietroburgo 1896; P. D'Alheim, M., Parigi 1896; M.-D. Calvocoressi, M., Parigi 1908; R. Newmarch, L'Opéra russe, Londra 1922, pp. 169-194; A. Rimski-Korsakof, Boris Godounof de M. M., Parigi 1922; R. Godet, Les deux Boris, in Revue musicale, Parigi, aprile 1922; O. von Riese, Monographien zur russischen Musik, II, Monaco 1922; K. Wolfurt, M., 1926; R. Godet, En marge de Boris Godounof, voll. 2, Londra 1926; B. de Schloezer, La foire de Sorotchinski de M., in Revue musicale, luglio 1923; G. M. Gatti, Le composizioni per pianoforte di M., in Il pianoforte, giugno 1920.