Modern Times
(USA 1934-35, 1936, Tempi moderni, bianco e nero, 85m); regia: Charlie Chaplin; produzione: Charlie Chaplin per United Artists; sceneggiatura: Charlie Chaplin; montaggio: Charlie Chaplin; fotografia: Rollie Totheroth, Ira Morgan; scenografia: Charles D. Hall, Russell Spencer; musica: Charlie Chaplin.
Charlot lavora a un ritmo estenuante alla catena di montaggio. Ha pure la sfortuna di essere scelto per testare la 'macchina di nutrizione automatica', un prototipo destinato a migliorare il rendimento degli operai: un autentico strumento di tortura. Quando, per aumentare la produzione, il padrone della fabbrica ordina di accelerare il ritmo delle macchine, Charlot viene inghiottito dagli ingranaggi. L'automatismo dei gesti gli procura strani tic nervosi e viene ricoverato in clinica. Uscito dall'ospedale, raccoglie per strada una bandiera caduta da un camion e si ritrova a capo di una manifestazione per cui finisce in prigione dove, ingerendo accidentalmente droga al posto del sale, trova il coraggio di sventare una rivolta interna. L'azione viene premiata con la sospensione della pena, ma quando esce di galera si trova alle prese con un nuovo mostro: la disoccupazione. Per poter tornare in prigione si accusa invano di un furto commesso da un'orfana e tra i due nasce una forte amicizia. Trova lavoro come guardiano notturno di un grande magazzino, ma l'esperienza verrà interrotta dall'intrusione di tre ladri e Charlot, considerato loro complice, fa il secondo soggiorno in cella. Liberato, eccolo ripiombare nell'incubo della fabbrica: ma non a lungo, perché gli operai entrano in sciopero. Charlot finisce nuovamente in galera. Intanto l'orfana ha trovato lavoro come ballerina in un caffè e riesce a fare assumere anche l'amico tornato in libertà. Come cameriere è una frana, ma ha successo come cantante; non ricordando le parole della canzone, improvvisa pronunciando versi incomprensibili. Intanto i poliziotti vogliono arrestare la ragazza per vagabondaggio, ma i due scappano insieme e si allontanano dalla città tenendosi per mano.
Nel 1933, l'anno in cui Charlie Chaplin iniziò a scrivere Modern Times, gli Stati Uniti contavano oltre dieci milioni di disoccupati. Standardizzazione, specializzazione, miglioramento dei macchinari, costi di produzione decrescenti, aumento dei salari, aumento dei consumi: il sistema che avrebbe dovuto sostenere lo sviluppo economico si era inceppato. Chaplin, con straordinarie trovate visive, punta l'indice sull'instabilità dell'assetto economico stravolto dalla Crisi e allo stesso tempo propone, in forma parodica, gli esiti della nascente società dei consumi: il suo personaggio è inghiottito dalla macchina nello sforzo di avvitare bulloni che si muovono sulla catena di montaggio, e ben presto entra nel novero dei disoccupati. L'unica possibilità di un quieto vivere è la prigione, fuori dalla quale ci sono fabbriche chiuse, lavoratori in rivolta, orfani che rubano per mangiare. Chaplin affronta qui in maniera diretta i temi chiave di un discorso sulla modernità, riuscendo a denunciare quelli che gli paiono autentici crimini nei confronti della natura umana. Le condizioni di lavoro in fabbrica sono presentate come una violazione alle leggi naturali. La catena di montaggio ha sul vagabondo lo stesso effetto degli stupefacenti: perde il controllo di sé in entrambe le situazioni ma, paradossalmente, la follia provocata dallo stress lavorativo lo relega in prigione, mentre l'esuberanza conseguente all'involontaria assunzione di droga lo conduce a sventare una rivolta dei detenuti e ad essere premiato con la scarcerazione. Tuttavia, così Chaplin si espresse in un'intervista: "A molti è parso che nel film si facesse propaganda. Ma esso non fa che mettere in ridicolo il disordine generale di cui tutti soffriamo. Se io avessi cercato di raccontare al pubblico ciò che occorreva fare per ovviare a questo inconveniente, penso che non avrei potuto farlo in forma divertente, attraverso un film. Avrei dovuto farlo con tono serio, dall'alto di una tribuna".
In Modern Times Chaplin mostra un approccio sempre più consapevole e meditato, non solo nella selezione dei temi, ma anche nelle scelte tecniche e stilistiche. Di fronte alle potenzialità del sonoro, si trovò ad affrontare nuovamente un dilemma che si era già posto per il film precedente, City Lights. Quale sorte sarebbe spettata al vagabondo nella nuova epoca del suono? Come costruire un destino per un personaggio le cui gag erano essenzialmente costruite sulle capacità mimiche? Lo stesso Chaplin aveva ammesso che le gag di Charlot (nome che il personaggio assume nelle edizioni francesi e italiane) erano "vestigia dei giorni del muto".
Chaplin dunque si convinse a sperimentare il sonoro e scrisse persino dei dialoghi per ogni scena, destinati poi a scomparire in fase di realizzazione. Infatti, in Modern Times ‒ come risultato del braccio di ferro con il sonoro ‒ gli uomini non parlano, emettono suoni. Il vagabondo non dice una parola, ma in una celebre scena si mette a cantare. La voce del più noto attore del cinema muto giunge per la prima volta al pubblico in forma di canzone, e qualsiasi altra voce umana entra in scena solo filtrata da elementi meccanici: la radio, l'altoparlante, il disco promozionale di presentazione della 'macchina di nutrizione automatica'.
Seppure minacciato dalle forbici dei censori dell'Hays Office, Chaplin concluse il film senza cambiamenti rilevanti e lo presentò a New York il 5 febbraio 1936. La stampa si divise. C'era chi approvava, perché Chaplin "aveva tentato di fare satira socio-politica" e chi disapprovava perché "non aveva sviluppato fino in fondo l'intento sociale". Prima ancora della presentazione in sala, i giornali scandalistici tentarono di etichettare politicamente il film: citando le critiche positive comparse sulla "Pravda", fu facile per i giornalisti americani affermare che Chaplin simpatizzasse per il comunismo. Nel febbraio del 1936 Modern Times fu presentato a Londra e a Parigi. In Italia e in Germania il film incontrò diversi ostacoli e, nel nostro paese, l'ufficio di censura rilasciò il nullaosta solo un anno più tardi. Pare infatti che il film fosse stato segnalato tra quelli "inclini al bolscevismo". Alla sua uscita il film fu criticato dalla stampa filofascista. Vittorio Mussolini sul "Popolo d'Italia" del 20 aprile 1937 affermò che il genio chapliniano presentava indubbi segni di agonia: "Chaplin, complice forse la giovane Paulette Goddard, si è sepolto con le sue stesse pesanti pietre di filosofo moderno".
Modern Times venne realizzato in un gioco di tensioni tra tradizione e innovazione, tra volontà di astrazione e realismo, unendo al registro comico il pamphlet sociale. Tali opposizioni costituiscono l'essenza del film e contribuiscono a spiegare perché il pubblico e la critica lo abbiano accolto in modo contraddittorio. La scelta di riproporre il personaggio Charlot, adattandolo allo stile e alle preoccupazioni culturali dell'epoca della Grande Depressione, è ciò che in passato divise l'audience, ma anche ciò che oggi conferisce al film un successo riconosciuto unanimemente.
Interpreti e personaggi: Charlie Chaplin (Charlot il vagabondo), Paulette Goddard (l'orfana), Henry Bergman (padrone del ristorante), Chester Conklin (capo-meccanico), Lloyd Ingraham (direttore della prigione), Hank Mann, Louis Natheaux (scassinatori), Allan Garcia (direttore della Electro Steel Co.).
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