modalità
Per modalità si intende l’insieme delle risorse linguistiche (parole, espressioni, ma anche elementi morfologici, ecc.) che manifestano il modo, ovvero l’atteggiamento del parlante rispetto all’enunciato prodotto, o rispetto all’atto dell’enunciazione.
I mezzi di espressione più tipici della modalità in italiano sono i ➔ modi del verbo, a cui vanno aggiunte forme dedicate come i verbi modali (potere, dovere, volere, sapere; ➔ modali, verbi). Accanto a questi, abbiamo mezzi più propriamente lessicali, ugualmente capaci di far emergere la soggettività del parlante; si tratta di una serie di ➔ avverbi che commentano l’atto di parola (Prandi 2006: 328 segg.).
Si annoverano in primo luogo gli avverbi modali, che esprimono l’impegno del parlante sul grado di verità dell’enunciato (come forse o certamente) o il grado di obbligatorietà delle azioni su cui verte l’enunciato (per forza, obbligatoriamente). Ci sono poi gli avverbi valutativi (o emozionali), che esprimono la reazione del parlante rispetto a un contenuto proposizionale dato per certo (per es., purtroppo, disgraziatamente, fortunatamente, stranamente, sorprendentemente e formule analoghe: per fortuna, fortuna che ..., ecc.).
Vanno citati infine gli avverbi di enunciazione (o frasali): questi esprimono un commento del parlante non sul contenuto dell’enunciato ma sulla qualità dell’atto linguistico (➔ illocutivi, tipi) di cui è responsabile (per es., francamente, sinceramente, onestamente, confidenzialmente, personalmente e formule analoghe come in tutta franchezza – o sincerità, onestà, ecc.). Si noti la differenza tra i due usi (il primo realmente avverbiale, il secondo frasale) di onestamente nei due casi seguenti:
(1) a. qui si lavora onestamente
b. onestamente qui si lavora
Questi avverbi possono essere parafrasati mediante un verbo appropriato come dire: lo dico per essere franco (o sincero, onesto, ecc.). Del resto, tra le formule sostitutive degli avverbi di questo terzo tipo troviamo anche finali del dire come per essere sincero, a dirla tutta, ecc.; ➔ finali, frasi.
Si noti che anche mezzi prosodici come l’intonazione di un enunciato possono contribuire a far emergere l’atteggiamento del parlante.
La modalità, prima ancora che dal punto vista linguistico, è stata studiata in ambito logico come categoria composita, che si applica principalmente alle nozioni di possibilità, realtà e necessità degli enunciati (la cosiddetta modalità aletica o ontica). L’attenzione dei linguisti non si è concentrata tanto su queste quanto su altre due nozioni della logica modale, atte a descrivere il dispiegarsi della soggettività del parlante nelle lingue naturali grazie a mezzi espressivi specifici: la modalità «epistemica» e quella «deontica» (cfr. Palmer 1986).
La modalità di un enunciato che si limita a esprimere un contenuto proposizionale sotto forma di credenza del parlante riguardo a un determinato stato di cose, senza valutazioni sul relativo grado di certezza o di obbligo, è detta anche assertiva. Essa si attua in frasi dichiarative del tipo di:
(2) Laura è uscita
La modalità epistemica qualifica come certo o incerto lo stato di cose su cui verte l’enunciato, impegnando il parlante in un giudizio su quanto asserisce (Pietrandrea 2004; 2005). Oltre che da modi verbali (come il ➔ condizionale e il ➔ congiuntivo) e dall’uso modale di tempi verbali (come il futuro epistemico; ➔ futuro), può essere espressa grazie ai verbi modali dovere o potere all’indicativo e al condizionale (eventualmente al congiuntivo nelle subordinate) e a una vasta gamma di mezzi lessicali, tra i quali:
(a) avverbi modali o epistemici (eventualmente distinti a seconda che l’impegno del parlante sulla verità dell’enunciato sia debole, come nel caso di probabilmente, forse, presumibilmente, possibilmente, verosimilmente, o forte, come nel caso di sicuramente, assolutamente, certamente, indubbiamente, innegabilmente, provatamente, certo, davvero e locuzioni avverbiali equivalenti come senza dubbio, di sicuro, senz’altro);
(b) verbi modalizzanti epistemici (dedurre, credere, ritenere, supporre, presumere, immaginare, pensare e verbi esprimenti un orientamento negativo sulla verità o falsità dell’enunciato come temere) e altre espressioni modalizzanti che connotano come soggettiva la certezza del parlante (come secondo me, a mio parere, per quanto ne so, mi sa, mi pare, può darsi, ecc.).
Citiamo inoltre le costruzioni a verbo supporto (➔ verbi supporto) con aggettivi predicativi (come essere certo o dubbio, indubbio, sicuro, probabile, possibile) o con nomi predicativi (avere la certezza o il dubbio, esserci la possibilità o probabilità, ecc.), e gli aggettivi che modificano nomi predicativi (come presunto, possibile, probabile).
Si vedano gli esempi che seguono, in cui lo stato di cose presentato in (3) è modalizzato come incerto grazie a una serie di mezzi diversi (per altre soluzioni espressive, ➔ dubitative, formule):
(3) a. che Laura sia uscita?
b. Laura sarà uscita
c. Laura deve / può / dovrebbe / potrebbe essere uscita
d. probabilmente Laura è uscita
e. credo [o penso, suppongo] che Laura sia uscita
f. secondo me Laura è uscita
g. è possibile che Laura sia uscita
h. c’è la possibilità che Laura sia uscita
i. l’uscita presunta di Laura ...
Un caso particolare è rappresentato dall’avverbio magari, che presenta una componente semantica di non-fattualità spesso legata alla modalità epistemica:
(4) magari Laura è uscita
ma che può assumere anche altre sfumature: concessiva (5), di attenuazione della forza illocutiva dell’enunciato (6), ottattiva (7):
(5) magari da sola, ma esco comunque
(6) magari esci tu con lei!
(7) magari potessi uscire con lei!
La modalità deontica qualifica come obbligatorio o permesso lo stato di cose su cui verte l’enunciato come. Può essere espressa grazie al modo imperativo o al congiuntivo iussivo o esortativo, ma anche dai verbi modali dovere o potere, dall’impersonale bisogna, oppure da perifrasi modali (➔ fraseologici, verbi) del tipo: avere da + infinito, essere da + infinito o andare + participio passato. Altri mezzi lessicali, che possono essere usati anche a rinforzo, sono avverbi del tipo obbligatoriamente, necessariamente, per forza e costruzioni aggettivali come essere obbligatorio (o permesso, vietato, proibito, opportuno, necessario, ecc.).
Si vedano gli esempi seguenti:
(8) a. non fumare in ufficio
b. in ufficio non si può / deve fumare
c. in ufficio non bisogna fumare
d. in ufficio è vietato fumare
(9) a. la tassa deve essere (obbligatoriamente) pagata entro domani
b. la tassa va pagata entro domani
c. bisogna pagare la tassa entro domani
d. è obbligatorio pagare la tassa entro domani
Si noti che, a eccezione di (8 a.), che ha un’interpretazione unicamente prescrittiva (si limita cioè a dare un ordine), gli esempi sopra citati ammettono anche un’altra lettura: quella assertiva (descrivono cioè un obbligo che sussiste indipendentemente dall’enunciazione).
La lettura prescrittiva di un enunciato deontico è esclusa in presenza di un modalizzatore epistemico, come gli avverbi presumibilmente e probabilmente (o formule come secondo me, a quanto ne so, ecc.):
(10) la tassa deve essere pagata presumibilmente entro domani
La combinazione di un modalizzatore deontico con un avverbio come obbligatoriamente, come nell’es. (9 a.), porta invece al rafforzamento dell’enunciato deontico. Anche la combinazione di due verbi modali può dar luogo al rafforzamento di un enunciato deontico (es. 11, interpretabile come «È necessario che la minoranza abbia la possibilità di parlare»):
(11) la minoranza deve poter parlare
ma può avere anche un altro effetto pragmatico: la modalizzazione epistemica di un enunciato deontico (es. 12, interpretabile come «È probabile che il progetto riesca a partire a gennaio»):
(12) il progetto dovrebbe poter partire a gennaio
Quest’ultimo esempio illustra peraltro una proprietà pragmatica più generale degli enunciati modalizzati: il fatto che
possono fungere da strategie di copertura, possono cioè costituire un tipo particolare di limitazione dell’asserzione, o una sua enfatizzazione, tipo basato sul fatto che il parlante sottoscrive quanto dice con meno forza di quanto non faccia con l’asserzione categorica (Fava 20012: 58).
Alla modalità deontica è stata affiancata da ultimo la nozione di modalità «anankastica» (dal gr. anánke «necessità»: Conte 1995). A differenza della modalità deontica, che si riferisce al potere e dovere morale, l’anankastica riguarda la necessità fisica (come in 13) o, in ambito normativo, le condizioni necessarie per l’attuarsi di un determinato stato di cose (14-16); i mezzi di espressione privilegiati sono il verbo modale dovere (più raramente potere) o costruzioni aggettivali come essere richiesto:
(13) le piante verdi per crescere devono ricevere acqua e luce
(14) le matricole devono aver superato un esame di ammissione
(15) i candidati non possono aver superato i 50 anni d’età
(16) per l’ammissione al concorso è richiesta la laurea
Citiamo infine un altro valore associato ai verbi modali: la modalità dinamica o disposizionale, che esprime la capacità, l’abilità, e la cui espressione è affidata principalmente ai verbi potere, sapere o a costruzioni aggettivali come essere capace / in grado di:
(17) i pipistrelli sanno orientarsi al buio
(18) il cammello può resistere anche un mese senza bere.
Conte, Maria-Elisabeth (1995), Epistemico, deontico, anankastico, in From pragmatics to syntax. Modality in second language acquisition, edited by A. Giacalone Ramat & G. Crocco Galèas, Tübingen, Narr, pp. 3-9.
Fava, Elisabetta (20012), Tipi di frasi principali. Il tipo dichiarativo, in Grande grammatica italiana di consultazione, nuova ed. a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 3° (Tipi di frase, deissi, formazione delle parole), pp. 49-53, 55-69.
Palmer, Frank R. (1986), Mood and modality, Cambridge, Cambridge University Press.
Pietrandrea, Paola (2004), L’articolazione semantica del dominio epistemico in italiano, «Lingue e linguaggio» 2, pp. 171-206.
Pietrandrea, Paola (2005), Epistemic modality. Functional properties and the italian system, Amsterdam - Philadelphia, John Benjamins.
Prandi, Michele (2006), Le regole e le scelte. Introduzione alla grammatica italiana, Torino, UTET Università.